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La telefonata di Draghi che ha convinto Mattarella: “Con Savona al MEF non posso garantire per l’Italia”

L’indiscrezione che filtra da ambienti vicini al Presidente della Banca Centrale Europea getta una luce diversa sugli eventi degli ultimi giorni: a convincere Mattarella della necessità di porre un veto su Paolo Savona sarebbe stato Draghi, spalleggiato da Ignazio Visco. Un “problema” destinato a ripresentarsi nei prossimi mesi.
A cura di Redazione
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“Il problema non è mai stato Mattarella e la questione non è capire se abbia agito bene o male, il punto è che quella su Savona era la madre di tutte le battaglie: la sovranità di un paese, che passa per il rifiuto del primato della finanza sulla politica. Lui era solo un simbolo di quella battaglia, di certo non il problema”. È probabilmente questa considerazione di Luigi Di Maio la sintesi di cosa è accaduto nei giorni scorsi al Quirinale, quando Sergio Mattarella ha fatto saltare il governo Lega – M5s spiegando di non poter subire imposizioni dai partiti politici sul nome del futuro titolare del ministero dell’Economia.

Sono in tanti a interrogarsi su cosa ci sia dietro una scelta che ha ben pochi precedenti nella storia repubblicana recente: un veto politico che è anche “un indirizzo” per chi occuperà successivamente la poltrona di via XX settembre. E, nelle ultime ore, si è parlato con grande insistenza di pressioni sul Capo dello Stato da parte di autorevoli esponenti delle istituzioni internazionali e degli ambienti che fanno riferimento ai cosiddetti “mercati”. Una voce, in particolare, filtra da ambienti solitamente beninformati: che alla decisione finale abbia contribuito in modo determinante la valutazione prima di Ignazio Visco e poi di Mario Draghi. A quanto risulta a Fanpage.it ci sarebbe stata una telefonata decisiva tra il Capo dello Stato e il Presidente della BCE, durante la quale Draghi avrebbe fatto il punto della situazione relativamente all’esposizione del sistema economico – finanziario italiano, lasciando intendere come i margini di manovra fossero sempre più ristretti. A quel punto, ci spiega una fonte che lavora all'Eurotower, Draghi avrebbe lasciato intendere come “il gruppo di Savona” (il giudizio negativo si sarebbe esteso anche ai sodali dell’ottantaduenne ex ministro) non godesse della stima e della fiducia di “quelli che contano”.

Draghi avrebbe anche ricordato a Mattarella che alla BCE si sta giocando una partita fondamentale, sottolineata in queste ore anche da Sabine Lautenschlaeger, membro del consiglio direttivo dell'Eurotower: “Giugno potrebbe essere il mese in cui decidere una volta per tutte di mettere fine gradualmente al programma di acquisto di attività entro la fine dell'anno”. Certo, resta l’attività “normale” e resterebbe lo stock già comprato, ma è chiaro che si tratta di segnali da cogliere. L’imminente fine del quantitative easing, unita al possibile innalzamento dei tassi nel 2019, insomma, richiedono, questa la visione sposata da Mattarella, che l’Italia non si avventuri in pericolosi salti nel buio, seguendo teorie e “ideologi” che non hanno la stima di Francoforte, oltre che di Berlino e Parigi.

C’è poi un particolare, che avrebbe convinto Mattarella della bontà della sua decisione di escludere Savona dal governo. Il “chiarimento” del professore è stato pubblicato prima sul blog ScenariEconomici, campo-base di sovranisti e no-Euro, poi da lì preso dalle agenzie. “Un errore tecnico, doveva essere pubblicato sul Corriere della Sera”, spiegano fonti dei Cinque stelle a Fanpage.it. Che però è stato interpretato come un segnale chiarissimo.

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