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La storia di Teodora, condannata a 30 anni dopo la morte del figlio: “Ha abortito”

Teodora del Carmen Vásquez de Zaldaña è stata condannata da un tribunale di El Salvador a 30 anni di reclusione per omicidio aggravato perché accusata di aver abortito. Secondo la difesa, però, il suo bambino sarebbe nato morto. Polemiche nel Paese.
A cura di Susanna Picone
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Un tribunale di El Salvador ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Teodora del Carmen Vásquez de Zaldaña, una donna di 34 anni già condannata nel 2008 dallo stesso tribunale perché accusata del reato di omicidio aggravato. Secondo l'accusa, Teodora avrebbe abortito. Il secondo processo nei confronti della donna (la difesa aveva richiesto di rivedere e annullare la pena alla quale è stata condannata), è iniziato l’8 dicembre ed è andato avanti solo per due giorni, fino a quando i giudici hanno deciso di confermare la sentenza di condanna. Teodora si trova in carcere già da dieci anni. Secondo quanto riportato da ElSalvadorTimes, la trentaquattrenne è stata arrestata e condannata in seguito alla morte del suo bambino avvenuta il 13 luglio 2007. Secondo la difesa il bimbo di Teodora, che era incinta di 9 mesi, sarebbe nato già morto. La donna era al lavoro in una scuola privata di San Salvador, dove faceva le pulizie, quando si è sentita male e ha chiamato diverse volte i servizi di emergenza per andare in ospedale ma poi, prima dell’arrivo dei soccorsi, avrebbe perso i sensi in seguito a una grave emorragia. Al suo risveglio si sarebbe accorta che aveva partorito e che il figlio era morto.

L’accusa però dà la colpa alla donna della morte del bambino, che sarebbe stato trovato nello scarico del bagno. Dall’autopsia è emerso che il bimbo è morto per asfissia perinatale e secondo la difesa è questa una prova di una morte naturale. L'avvocato di Vazquez, Hugo Mata, si è rammaricato per il risultato e ha detto che analizzerà la sentenza, la cui versione completa sarà resa nota il 20 dicembre, per valutare l'opzione di presentare icorso per cassazione. La vicenda di Teodora, che da quanto emerso durante la gravidanza non aveva mai fatto controlli perché non poteva permetterseli, ha sollevato molte polemiche nel Paese e non solo. Amnesty International ha definito la sentenza di condanna “un passo indietro scandaloso per la giustizia”. “La tragica storia di Teodora è una triste immagine di tutto ciò che è sbagliato nel sistema giudiziario di El Salvador, dove i diritti umani sembrano essere uno strano concetto”, è quanto ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttore di Amnesty International Americhe, che ha chiesto al Paese di rivedere la controversa legge anti-aborto. “È una tragedia e un’ingiustizia”, il commento di Ina Strom, rappresentante di Amnesty per El Salvador, che ha sottolineato come la donna abbia chiamato più volte il numero di emergenza quando si è accorta che stava per partorire: “È stato un aborto spontaneo”.

In El Salvador le donne che soffrono di aborti spontanei o che danno alla luce un bambino morto vengono automaticamente sospettate di aver abortito e l’aborto è considerato un crimine in qualsiasi circostanza, anche in caso di stupro, incesto e rischio per la vita della mamma. Questa estate un altro caso di condanna per aborto aveva sconvolto l'opinione pubblica internazionale. Evelyn Beatriz Hernandez Cruz, diciannovenne vittima di ripetuti stupri da parte del membro di una gang, è stata condannata a 30 anni di carcere per il crimine di aborto, dopo aver dato alla luce il suo bambino nel bagno della scuola che frequentava. Secondo le accuse, la giovane non avrebbe cercato assistenza prenatale al momento del parto, cosa che, secondo la procura, avrebbe significato l'intenzione di uccidere il figlio.

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