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La storia di Siena 22, il taxi della morte

Il 9 agosto 1997 il taxi Siena 22 viene trovato parcheggiato davanti al cimitero di Castellina in Chianti, sulle colline senesi. Sul sedile anteriore, la tassista, Alessandra Vanni, 30 anni, è stata strangolata. Mentre i carabinieri indagano, in Caserma arriva una strana lettera in latino con un messaggio criptico.
A cura di Angela Marino
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“Sono le 21, inserisco il centralino automatico, buonanotte a tutti!”. Una giovane voce femminile saluta i colleghi tassisti con il suo caldo accento toscano. È Alessandra, l’unica donna del Consorzio Taxi di Siena a lavorare contemporaneamente come centralinista e come autista delle auto bianche. La licenza appartiene a suo zio Onorio, ma Alessandra, 30 anni tra pochi giorni, è un’ottima guidatrice e lo sostituisce ogni volta che lo zio non può lavorare. La notte del 9 agosto 1997 è una di queste. Fa caldo alle 23, quando Alessandra inizia il turno operativo dopo aver terminato quello al centralino, alle 21, e a Siena sono rimaste poche sparute case con le luci accese. Nonostante sia la settimana del Palio della Assunta, tuttavia, la città è deserta. Alessandra trasporta una famiglia di turisti inglesi, una coppia di militari diretti alla caserma dei parà e un paio di studenti. Dopo aver effettuato queste tre corse su chiamata, parcheggia al posteggio taxi in piazza Matteotti e scambia due chiacchiere con i colleghi, che, chiamata dopo chiamata, se ne vanno, lasciandola sola.

Tariffa 2

Alle 23 passate Alessandra risale in auto, imposta il tassametro sulla tariffa 2, quella per le corse extraurbane, e si allontana nella notte. Non ha il cellulare, lo ha lasciato a casa, ma si sente sicura perché quella sera, Stefano, il suo fidanzato e suo collega, è al volante nelle contrade senesi per il turno serale. Guida fino a Quercegrossa, paesottolo a pochi chilometri dalla città, dove fa più volte il giro di un isolato. Dal bar principale la vedono fare manovra in cerca di qualcuno, probabilmente un secondo passeggero. O forse, no. Forse Alessandra deve fermarsi da Steve, somalo di 48 anni, cliente abituale del Taxi Siena 22. Dopo quella sosta Alessandra ingrana la marcia e prosegue per la Chiantigiana, fino a Castellina, dove parcheggia l’auto in una strada sterrata tra la discarica e il cimitero. Uno strano punto in cui far scendere un passeggero, un posto poco frequentato e immerso nell’oscurità delle campagne toscane.

Ultima corsa

Il tassametro si ferma qualche minuto dopo la mezzanotte. Dalla radio si sente la voce di Stefano chiamare ‘Siena 22, Siena 22’, ma Alessandra non risponde. Alle 7 e 30 dell’indomani, quando le luci del sole hanno reso quella strada un luogo meno pauroso, qualcuno bussa con le nocche al finestrino dell’auto. Dentro c’è una ragazza con la testa reclinata sulla spalla, sembra che dorma, ma forse sta male. Ai colpi non risponde, così l’uomo, un pensionato che era andato a scaricare un materasso nella vecchia discarica, chiama le forze dell’ordine. Dopo poco arriva anche l’ambulanza. Alessandra è morta strangolata sul sedile di guida di Siena 22.

La lettera in latino

La strana morte di Alessandra Vanni, una ragazza semplice e solare, una lavoratrice, trova subito spazio sulle cronache locali come uno dei fatti più misteriosi dell’estate. Il suo corpo era stato trovato con i vestiti intatti, senza una piega, e i polsi legati con un complicato nodo dietro il sedile mediante uno spago da pacchi. Il filo era stata assicurato alla sbarra di ferro del seggiolino, come se l’assassino avesse voluto tenere il busto della donna eretto sullo schienale. Mentre i carabinieri indagano, in Caserma arriva una strana lettera in latino. La missiva, proveniente dal Friuli, riporta un messaggio criptico “Quis est dignus aperire librum et solvere signacula eius?". I militari vanno dal parroco per farsi tradurre il testo, ma il sacerdote fa di più, gli svela la fonte: quella è una citazione del libro dell’Apocalisse di San Giovanni, il sacrificio dell'Agnello sgozzato. “Chi è degno di aprire il libro e di scioglierne i sigilli?" si traduce. I carabinieri pensano a un riferimento al complicato nodo che tratteneva le braccia della vittima.

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La pista satanica

Dopo l'arrivo delle lettera la stampa scrive di ‘pista satanica’ mettendo insieme due elementi: la lettera, il luogo del delitto, la strada antistante il cimitero. Ma non ci sono segnali che inducano a pensare a un rituale, anzi. Gli inquirenti ricostruiscono le modalità dello strangolamento, messo in atto da almeno due persone, con una rapidità e una perizia da professionisti. Qui il giallo diventa ancora più fitto: se non si è trattato di un delitto passionale (Stefano esce subito dalla rosa dei sospettati), allora chi aveva interesse a volere Alessandra morta? Si è trattato di una rapina finita male? Alessandra è morta per il modesto incasso della serata?

Il sequestro Soffiantini

Quella di Alessandra Vanni è una storia nebbiosa, inspiegabile. C’è anche chi ipotizza un collegamento con il mostro di Firenze, se non per le modalità del delitto, almeno per il cognome della vittima, Vanni, come quello di uno dei compagni di merende di Pacciani. Questa, però, non diventerà mai una pista concreta, mentre alcuni accertamenti riguarderanno la cosiddetta ‘pista sarda’, quella legata al sequestro dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini, tenuto prigioniero in quel periodo proprio nelle campagne senesi. Anche questa si rivela infruttuosa.

Si torna al punto di partenza: Alessandra era una ragazza senza nemici, non si può escludere che sia stata vittima di un'aggressione occasionale. La mancata premeditazione si intuisce da quell'arma del delitto improvvisata, il nastro da pacchi utilizzato per strangolarla e legarle le mani. Gli assassini erano almeno due, uno dei quali salito a bordo in località Quercegrossa. I sospetti vanno nella direzione di Steve, il cliente somalo che quel giorno aveva chiamato Alessandra. La ragazza lo accompagnava spesso al lavoro, la mattina, dunque lo conosceva bene. È possibile che fosse andata a casa sua a prelevare qualcosa? Sul sedile posteriore di Siena 22, infatti, c’erano l’impronta di un pacco, che a giudicare dai segni lasciati sul sedile doveva essere piuttosto pesante. Che fine ha fatto il contenuto del pacco il cui nastro è stato usato per uccidere la tassista? Era di Steve?

La pista dei traffici

I controlli sulla sua posizione non portano a nessun riscontro. Non ci sono prove che il somalo si trovasse in quell’auto, né che Alessandra si sia fermata a casa sua. Sulla corda, però, viene trovato del DNA maschile. Nel 2014 la traccia del killer viene confrontata con DNA di Steve, che intanto è morto. Il suo corpo viene riesumato, ma il DNA non corrisponde. Come in un gioco a punti, dopo un serie di errori le penalità ci riportano indietro, all'inizio del percorso. Eccoci qui: abbiamo una ragazza strangolata nel suo taxi, un misterioso pacco e due assassini senza volto. Impossibile scacciare il dubbio che Alessandra si sia prestata incosapevolmente come corriere nel trasporto di materiale illegale, probabilmente in arrivo dalla Somalia o da altri paesi, e che per questo sia stata eliminata. Il caso oggi è chiuso ma i familiari di Alessandra non hanno perso la speranza che, dopo vent’anni, qualcuna delle persone coinvolte possa finalmente dire la verità.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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