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La fuga di Ingroia dall’Italia verso un incarico in Guatemala

Il Procuratore Aggiunto di Palermo lascia, dunque, la sua indagine sulla trattativa tra Stato e Mafia. Ingroia, lo ha spiegato a La Stampa, in un’intervista nella quale non ha nascosto che la sua situazione in Italia stava diventando molto difficile da sostenere.
A cura di Biagio Chiariello
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La fuga di Ingroia dall'Italia verso un incarico in Guatemala

Antonio Ingroia ha accettato l'offerta delle Nazioni Unite per un incarico annuale di capo dell`unità di investigazione e analisi criminale contro l'impunità in Guatemala. A settembre, dunque, lascerà la sua funzione di Procuratore Aggiunto a Palermo, forse per un anno, come lui stesso ha detto in un'intervista a La Stampa. Lascerà sopratutto l'indagine sulla trattativa Stato-mafia e, a tal proposito, non ha nascosto che la sua situazione in Italia stava diventando molto difficile da sostenere. «Io non mi sento in guerra con nessuno, però che sia diventato un bersaglio questo lo avverto anch'io», ammette nell'intervista. Negli ultimi tempi, quell'indagine è finita al centro di polemiche, prima per le intercettazioni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, poi per il coinvolgimento di Silvio Berlusconi «vittima» della presunta estorsione realizzata da Marcello Dell'Utri. Lo stesso Dell'Utri che ha definito pubblicamente Ingroia, prima un «pazzo» e poi «un fanatico, un ayatollah».

‎E così Ingroia se ne va in Guatemala. L'amarezza, però, c'è tutta: «Lo considero una sorta di prosecuzione della mia attività in Italia. In quelle latitudini, per fortuna, i giudici antimafia italiani sono apprezzati anziché denigrati e ostacolati». Eppure, sembrava che il progetto per il suo incarico nel Paese centroamericano avesse subito una battuta d'arresto. Secondo alcune voci infatti, il magistrato aveva chiesto informalmente al Csm di mantenere il proprio posto a Palermo, trovando una fredda accoglienza a Palazzo dei Marescialli. Peraltro, la notizia dei contatti con l'Onu era stata smentita dallo stesso Ingroia. Oggi, però, il diretto interessato ha ammesso tutto: «Da tempo le Nazioni Unite mi hanno proposto l'incarico». E, secondo quanto si apprende,  il ministro della Giustizia Paola Severino ha dato l'assenso al collocamento fuori ruolo del procuratore aggiunto di Palermo.

Sulla trattativa stato mafia, Ingroia afferma che negli anni la Procura di Palermo ha fatto un ottimo lavoro e «di aver individuato i principali protagonisti, ma non ancora tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella trattativa, nella consapevolezza che rimangono ancora dei buchi neri». Per i risolvere i punti oscuri «dobbiamo superare l’omertà in Cosa nostra di quel tempo, e reticenze nel mondo istituzionale di quel tempo». Per farlo, aggiunge, «credo sia necessario che la politica, le istituzioni, comprendano di dover procedere quanto prima alla revisione della legge sui pentiti, allungando il periodo dei sei mesi entro i quali il collaboratore di giustizia deve dichiarare tutti i temi sui quali vuole parlare».

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