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Opinioni

Italia, datti una scossa!

L’Eurozona è uscita dalla recessione e la ripresa potrebbe accelerare nel 2014 grazie a maggiori investimenti aziendali. Ma il Pil resta a livelli inferiori rispetto a 6 anni fa, specialmente in Italia, paese che traccheggia e non sa decidersi se diventare una nuova Germania o lasciare l’euro. Serve una scossa.
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A cura di Luca Spoldi
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La “tempesta politica” italiana si è risolta in una commedia buffa, che non ha fatto tremare più di tanto i mercati, anzi. Meglio così, perché gli operatori sembrano pensare (ed io pure spero possa essere così) che il rinnovo della fiducia al governo Letta e la sostanziale spaccatura del Pdl possano rafforzare l’azione dell’esecutivo rendendolo finalmente in grado di varare quelle riforme strutturali, economiche e politiche, di cui da tempo il paese ha bisogno per recuperare competitività. Riforme che non riguardano tanto il taglio delle pensioni (visto che dopo le ultime riforme l’Italia ha già un quadro normativo tra i più “prudenti” d’Europa) né, nonostante la vulgata corrente, del numero di dipendenti della pubblica amministrazione, anche se in alcuni settori e/o aziende nel corso degli anni vari esponenti politici hanno inserito intere coorti di “clientes” come sanno anche le mosche sulla carta moschicida, quanto l’abbattimento della burocrazia, la rimozione dei manager incapaci, la motivazione dei dipendenti pubblici, la ridefinizione delle norme sul mercato del lavoro per favorire una maggiore flessibilità non solo in uscita ma anche in entrata, l’abbattimento del cuneo fiscale sul lavoro e la ridefinizione e snellimento del codice fiscale (in modo da consentire davvero il pur necessario ribilanciamento tra imposte sul reddito e sulla persona e imposte indirette e sui patrimoni che ad oggi non esiste per il semplice fatto che l’inasprimento delle imposte indirette e sul patrimonio non ha ancora portato ad alcun calo delle imposte sui redditi e sulle persone).

Ciò detto, e constatato come mi hanno fatto notare ieri gli analisti di Websim, che “l’effetto Berlusconi” è stato (se vi è stato) quasi impercettibile, sia sui titoli della galassia Fininvest sia in generale sul listino, mentre l’effetto “governo in sella” (pur con tutti i limiti dell’azione di governo mostrata in questi mesi da Enrico Letta, più volte sottolineati) è alla base della continua performance positiva del mercato azionario italiano, tornato sui massimi degli ultimi due anni, e della tenuta dello spread tra Btp e Bund decennali (stamane i titoli italiani rendono il 4,35%, quelli tedeschi l’1,82%, lo spread è pari al 2,53%, quando Silvio Berlusconi dovette farsi da parte nel novembre 2011 i Btp rendevano il 7,48%, con uno spread contro Bund attorno o sopra il 5% come ho già ricordato), passiamo oltre e in attesa che Enrico Letta e i suoi ministri, si spera non più sotto il ricatto dell’anziano 77enne milanese “padre nobile” del Pdl, riescano nell’impresa di far ripartire l’Italia auguriamoci che Mario Draghi, numero uno della Bce che ancora ieri ha ribadito essere pronto a valutare ogni “misura straordinaria” necessaria a irrobustire una ripresa europea ancora troppo debole e incapace di riassorbire l’elevata disoccupazione riesca a guadagnare ulteriore tempo (e magari a mettere in moto la necessaria trasformazione dell’unione europea da meramente bancaria-economica a fiscale-politica, anche se la resistenza della Germania e non solo su questo punto è evidente).

La buona notizia di stamane è che le prove chel’area dell’euro sia emersa dalla recessione nella prima parte di quest’anno sono ormai convincenti” secondo gli esperti del Credit Suisse, che oggi titolano una loro ricerca dedicata allo scenario macroeconomico europeo “una ripresa lenta ma certa”. Anche se la ripresa “non appare forte, appare sostenibile” secondo gli esperti secondo cui “vi è spazio per un’accelerazione nel 2014” ad esempio grazie a possibili sorprese positive sul fronte degli investimenti delle imprese. Certo, avvertono gli analisti, i “venti contrari continuano a soffiare” con la “repressione fiscale e la riduzione della leva finanziaria” che proseguiranno “ma non col passo registrato nella recessione 2011-2012”, mentre anche “l’incertezza politica è destinata a rimanere, come il caso dell’Italia rende evidente”. La ripresa dovrebbe comunque “venire supportata da ulteriori stimoli” anche se secondo gli esperti è difficile che la Bce allenti ulteriormente la propria politica monetaria salvo un nuovo peggioramento degli indicatori macroeconomici, mentre è probabile che venga lanciata una nuova Ltro (operazione di finanziamento a tasso fisso a lungo termine, ndr) per estendere la concessione di liquidità alle banche europee sino agli inizi del 2015.

Intendiamoci, non è che ci sia al momento di che stappare bottiglie di spumante ed anzi anche ieri sul Financial Times Wolfgang Munchau avvertiva: “non illudetevi che l’Eurozona sia in ripresa” solo perché il Pil della zona dell’euro ha segnato un incremento medio dello 0,3% nel secondo trimestre dell’anno e probabilmente segnerà una variazione positiva anche nel terzo trimestre uscendo così ufficialmente dalla recessione, aggiungendo: “il principale ostacolo alla ripresa della crescita è il fallimento della pulizia del settore bancario”. Se poi si guarda al primo semestre 2007 (quando ancora non era esplosa la crisi finanziaria indotta dal collasso di Lehman Brothers) rispetto al primo semestre di quest’anno, si scopre che “il Pil in termini reali è calato in termini cumulati dell’1,3% nell’Eurozona, del 5,3% in Spagna e dell’8,4% in Italia” (che ancor più evidentemente appare il vero “malato” d’Europa e meriterebbe una classe dirigente in grado di prendere le necessarie misure senza ulteriori, criminali, perdite di tempo).

L’Italia, nota Munchau, è “bloccata da una combinazione di un livello insostenibilmente elevato del debito pubblico e dalla “non crescita” della produttività” ed ha “essenzialmente due opzioni” per risolvere la crisi: “diventare come la Germania o lasciare la zona euro” ma “il paese non è in grado di fare la prima scelta e non vuole fare la seconda”: come gli economisti Francesco Giavazzi e Alberto Alesina hanno calcolato la settimana scorsa, “ridurre il cuneo fiscale – la differenza tra costo del lavoro e reddito netto – a livelli tedeschi costerebbe 50 miliardi di euro” ma “semplicemente non c’è maggioranza politica in vista” per tale radicale manovra. Il centro destra ha chiesto finora tagli fiscali sui consumi e le abitazioni (ossia il rinvio o la cancellazione dell’Imu e dell’incremento dell’Iva), mentre Partito Democratico “vieta al signor Letta tagli alla spesa”. L'Italia, conclude Munchau, “non deve affrontare una minaccia immediata finchè i tassi di interesse a lungo termine rimangono bassi. Il paese sarà in grado di cavarsela per un po’ fino a quando qualche scossa politica o economica costringerà a prendere una decisione, in un modo o nell’altro”. L’auspicio è che dopo quanto successo ieri in Senato la scossa sia arrivata e anche l’Italia possa rimettere in moto la macchina, ridando una prospettiva futura a noi e ai nostri figli.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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