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Perché preoccuparsi del crollo della Silicon Valley Bank (ora che Elon Musk vuole comprarla)

La Silicon Valley Bank era una banca essenziale per il settore delle startup negli Stati Uniti. Il suo crollo si è già fatto sentire su parecchi mercati ma le conseguenze potrebbero essere appena cominciate.
A cura di Valerio Berra
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“Questo è un extinction-level event per il mondo delle startup. Porterà questo settore e tutto il mondo dell’innovazione indietro di dieci anni. Forse anche di più”. Garry Tan è il chief executive di Y Combinator, un incubatore di startup. Nella sua intervista al Washington Post lascia tutta la preoccupazione che si sta creando attorno al crollo della Silicon Valley Bank, la banca di investimento al centro del sistema finanziario delle startup tecnologiche negli Stati Uniti. Il crollo è stato improvviso. A fine dicembre gli asset della banca avevano raggiunto un valore complessivo di 209 miliardi di dollari, mentre i depositi erano arrivati a 175,4 miliardi di dollari.

Non era una banca per piccoli investitori. Qui avevano i loro fondi e startup e gli imprenditori dell’industria tech. Non tutti parlano, anche per non spaventare i clienti. Ma qualche dato comincia a spuntare. Roblox Corporation, società che produce l'omonimo videogioco, aveva qui 150 milioni di dollari. La piattaforma di streaming Roku aveva depositato invece 487 milioni di dollari.

Perché è caduta la Silicon Valley Bank

Ci sono due fattori che hanno innescato il crollo della Silicon Valley Bank. Il primo è il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve a inizio febbraio, l’ottavo consecutivo e il livello più alto mai raggiunto dal 2007. Quando il costo del denaro aumenta, soprattutto a questi livelli, diventa più difficile investire e raccogliere fondi per fare acquisizioni.

Il secondo fattore che ha portato al crollo riguarda il mercato delle Big Tech che nell’ultimo anno ha affrontato una crisi finanziaria senza precedenti. Queste aziende sono cresciute tantissimo nel 2020, soprattutto dal punto di vista finanziario. La grande scommessa degli investitori era che con i lockdown dovuti al Covid il mondo si sarebbe completamente digitalizzato. Non è andata esattamente così.

I titoli delle Big Tech sono scesi, le prospettive di crescita si sono ridotte, sono cominciati i licenziamenti di massa e così la propensione al rischio degli investitori è diminuita. In tutto questo la Silicon Valley Bank, specializzata proprio in investimenti tech, ha pagato più delle altre banche. Dopo l’aumento dei tassi di interesse molti clienti hanno iniziato a prelevare per recuperare i loro fondi.

La banca è andata in sofferenza, ha venduto pacchetti di obbligazioni da miliardi di dollari per avere denaro da distribuire a chi aveva un conto e alla fine ha dovuto annunciare un aumento di capitale. Il 9 marzo è iniziato l’ultimo atto della tragedia. Chi aveva un conto sulla banca è corso a prelevare, il titolo della Silicon Valley Bank è crollato del 60% e alla fine la banca è crollata ed è stata commissariata dalla Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic).

Perché il crollo della Silicon Valley Bank può diventare un problema

I paragoni non sono facili. Nelle cronache economiche spesso si cercano rimandi con il passato per rendere più chiari certi eventi e soprattutto per anticiparne le conseguenze. C’è la crisi dei mutui subprime del 2008, c’è la bolla delle dot-com nel 2000 e poi l’eterna bolla del tulipani del 1637. La verità è che ogni evento presenta delle caratteristiche molto diverse e al momento è difficile capire esattamente quale sarà l’impatto del crollo della Silicon Valley Bank.

Qualche elemento però si può già estrarre. Il primo riguarda il sistema delle tech startup. Dopo un crollo del genere tutto il settore rischia di congelarsi. Già il costo del denaro è aumentato, anche in Europa, e ora fare dei round di finanziamento per costruire nuove imprese nel settore tech potrebbe diventare ancora più difficile. Il tempo dell’entusiasmo è finito. E anche se tutto questo dovesse rimanere circoscritto al settore della tecnologia, non è comunque un buon segnale.

Le startup non servono solo a permettere a giovani imprenditori di fare foto su Instagram con la loro Lamborghini a noleggio. Una delle caratteristiche tipiche delle startup, soprattuto nel mondo tech, è quello dell’essere dei motori dell’innovazione. Una startup porta un’idea nuova sul mercato, un’azienda più grande la compra e la sviluppa. Fra i tanti esempi c’è quello di PayPal, società per i pagamenti online che è stata sviluppata da un gruppo di investitori e poi acquistata da eBay nel 2002. E questo porta all’ultimo motivo per cui preoccuparsi.

Il ruolo di Elon Musk

Fra gli investitori diventati ricchi grazie alla vendita di PayPal e agli affari fatti reinvestendo quei soldi (noti come PayPal Mafia) c’era anche Elon Musk. Nel 1999 il futuro uomo più ricco del mondo aveva cominciato a interessarsi al settore delle banche online e aveva fondato la mai decollata X.com. E ora Musk potrebbe tornare ad occuparsi di questo suo vecchio interesse.

Appena dopo l’annuncio del crollo della Silicon Valley Bank, Min-Liang Tian, fondatore e Ceo di Razer, ha twittato: “Penso che Twitter dovrebbe comprare la Silicon Valley Bank e diventare una banca digitale”. Pronta la risposta di Elon Musk: “Sono aperto a questo progetto”. La notizia ha fatto tremare gli investitori Tesla che già hanno visto milioni dei loro dollari bruciare in tutta la fase in cui Elon Musk ha acquistato Twitter.

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