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Perché gli Stati Uniti vogliono cancellare WhatsApp dopo l’attacco in Iran

Iran e Stati Uniti, nemici storici, mettono entrambi in discussione la sicurezza dell’app di messaggistica di Meta, sollevando nuovi dubbi sull’affidabilità della crittografia end to end e sul futuro della privacy digitale.
A cura di Elisabetta Rosso
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Negli ultimi giorni, la televisione di Stato iraniana ha lanciato un appello ai cittadini invitandoli a disinstallare WhatsApp. Secondo il governo, l'app di messaggistica raccoglierebbe informazioni sugli utenti per inviarle a Israele. Non è un tema nuovo, il governo iraniano più volte ha bloccato piattaforme social e app di messaggistica (nel 2022 per esempio ha aggiunto WhatsApp e Instagram alla lista delle app proibite in seguito alle proteste per la morte di Mahsa Amini). Il problema è che dall'altra parte del mondo sta succedendo qualcosa di simile. 

Secondo quanto riportato da Axios, il Chief Administrative Officer della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha vietato formalmente l’uso di WhatsApp sui dispositivi governativi. In una comunicazione interna, lo staff è stato informato che l'app va disinstallata sia nella versione mobile sia in quella desktop:

"WhatsApp rappresenta un rischio per gli utenti a causa della mancanza di trasparenza sulla protezione dei dati, dell’assenza di crittografia dei dati archiviati e potenziali vulnerabilità di sicurezza", si legge nella nota. "Raccomandiamo di utilizzare altre app di messagistica", tra queste: Teams di Microsoft Corp, Wickr di Amazon.com, Signal, iMessage di Apple e Facetime.

WhatsApp e il paradosso della privacy: cosa spaventa

WhatsApp è attualmente utilizzata da oltre 3 miliardi di persone in tutto il mondo e, dal suo acquisto da parte di Meta nel 2014, è stata promossa come uno dei servizi di messaggistica più sicuri, grazie alla crittografia end-to-end (E2E), "che protegge i messaggi personali e le chiamate tra te e la persona con cui stai comunicando", ha spiegato WhatsApp . "Nessuno al di fuori della chat, nemmeno WhatsApp, può leggerli, ascoltarli o condividerli."

La crittografia end-to-end impedisce a chiunque al di fuori della conversazione — incluse le aziende che gestiscono la piattaforma — di accedere al contenuto dei messaggi durante il loro invio. Tuttavia, Meta e altre società tech continuano a raccogliere metadati, per esempio i contatti  o le informazioni sul dispositivo, che possono essere condivisi con le autorità su richiesta.

Meta respinge le accuse, ma crescono i dubbi sulla privacy

Meta ha smentito le accuse iraniane: "Siamo preoccupati che queste fake news possano diventare un pretesto per bloccare i nostri servizi in un momento in cui le persone ne hanno più bisogno", ha spiegato il portavoce di Meta a Gizmodo. "Non tracciamo la vostra posizione esatta, non teniamo registri dei messaggi ricevuti e non tracciamo le conversazioni in app. Non forniamo informazioni in blocco ad alcun governo".

Tuttavia, il dibattito sulla privacy resta acceso. Meta, infatti, è stata accusata da organizzazioni per i diritti umani, come Human Rights Watch, di aver limitato i contenuti filo-palestinesi su Instagram e Facebook. Non solo, sui social sono stati sponsorizzati dal governo israeliano video di propaganda contro Hamas e l'Iran.

Al momento non ci sono prove pubbliche che governi abbiano avuto accesso ai dati crittografati degli utenti, ma la crescente diffidenza — che ora accomuna due nemici storici come Washington e Teheran — solleva nuovi interrogativi sul futuro della privacy digitale. 

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