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Veleno per topi nel corpo di 115 lupi trovati morti in Italia

Esami tossicologici condotti su 186 lupi trovati morti in Italia hanno rilevato veleno per topi nel 61,8% dei casi (115 esemplari). Nel fegato di 16 vi era addirittura una combinazione di 4 o più sostanze tossiche.
A cura di Andrea Centini
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Nel corpo di 115 lupi grigi appenninici (Canis lupus italicus) trovati morti in Italia i ricercatori hanno rilevato avvelenamento da rodenticida (veleno per topi). Numerosi esemplari sono risultati positivi a una combinazione di più sostanze tossiche, segnale che i lupi sono stati esposti più volte a topicidi di diverse marche. In 16 animali sono stati identificati ben quattro o più composti differenti. Ciò evidenzia per l'ennesima volta l'impatto drammatico sulla fauna selvatica di questi controversi sistemi, impiegati principalmente per far fuori ratti e topi, ma anche altri roditori. Non a caso sono stati rilevati più volte nei corpi di molteplici specie, fra le quali rapaci diurni (come poiane e gheppi); rapaci notturni (civette e gufi reali); mammiferi carnivori di piccole e medie dimensioni (volpi rosse, tassi, martore, faine, donnole) e persino alcuni erbivori. Ora sappiamo che anche grandi carnivori come i lupi italiani – una sottospecie del lupo grigio europeo che vive nello “Stivale” – sono esposti al pericolo.

A dimostrarlo è stato un team di ricerca guidato da scienziati dell'Università di Bologna, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti: Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università di Sassari, Direzione Ambiente – Regione Lazio, Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia-Romagna “B. Ubertini” di Brescia e Centro per lo Studio e la Documentazione sul Lupo di Firenze. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Carmela Musto, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato le carcasse di 186 lupi trovati morti nel nostro Paese tra il 2018 e il 2022. Nel 61,8 percento dei casi, cioè in 115 esemplari, le indagini di laboratorio sul tessuto epatico (fegato) hanno fatto emergere la positività a uno o più rodenticidi anticoagulanti (AR). I composti trovati con maggiore frequenza sono stati bromadiolone, brodifacoum e difenacoum, in particolar modo i primi due, identificati in più della metà degli esemplari analizzati (61). In 36 lupi è stata riscontrata l'esposizione a un unico composto, mentre per quanto concerne quella multipla, sono stati rilevati 2 topici nei corpi di 47 esemplari; 3 in 16; e 4 o più in altri 16.

Credit: Science of The Total Environment
Credit: Science of The Total Environment

A preoccupare gli esperti sono soprattutto i rodenticidi anticoagulanti di seconda generazione impiegati nelle aree dove sono presenti i lupi. In Italia, secondo gli ultimi dati dell'ISPRA, ce ne sono circa 3.300, principalmente distribuiti nelle aree appenniniche, ma ormai hanno “riconquistato” quasi tutti gli ambienti dove un tempo erano naturalmente presenti. Come spiegato recentemente a Fanpage.it dallo zoologo Francesco Bisi, responsabile del monitoraggio del Lupo per la Regione Lombardia, nel Nord Italia i lupi stanno colonizzando anche il territorio lombardo e sempre più spesso vengono avvistati a ridosso delle aeree antropizzate. È proprio in queste zone che i lupi sono particolarmente esposti al rischio di avvelenamento.

Potrebbe sembrare assurdo che un lupo vada a caccia di piccoli roditori, ma i maschi solitari in dispersione possono profittare anche di animali di dimensioni contenute, al posto dei classici cervi, caprioli e cinghiali cacciati dai branchi. Anche la carcassa di un ratto morto a causa del veleno può rappresentare uno spuntino invitante per un lupo (così come per uccelli rapaci, piccoli carnivori e mesocarnivori). Sebbene l'uso dei topicidi sia rigidamente regolamentato, queste sostanze vengono spesso utilizzate in modo improprio e finanche illegale, anche per sterminare le nutrie che vanno ghiotte di frutta e verdura nei campi. Queste azioni criminali non solo si riflettono sugli sfortunati bersagli, che muoiono in modo atroce a causa di devastanti emorragie interne, ma anche sui predatori che se ne nutrono, uomo compreso. I rodenticidi vengono infatti trovati anche nei cinghiali.

Non c'è da stupirsi che la dottoressa Musto e colleghi hanno trovato la maggior parte dei lupi contaminati da topicidi a ridosso delle aree urbane (in particolar modo a partire dal 2020). Dai risultati dello studio non è emerso che i lupi fossero le vittime predestinate delle esche avvelenate, dato che solo circa venti esemplari presentavano segni di emorragie interne tali da ucciderli, tuttavia è chiaro che questi sistemi uccidono in modo orribile e indiscriminato, rappresentando un rischio significativo anche per questi animali.

“I nostri risultati sottolineano che il controllo dei roditori, basato sugli AR, aumenta i rischi di avvelenamento involontario della fauna selvatica non bersaglio. Questo rischio però non coinvolge solo i piccoli e i mesocarnivori, ma anche i grandi carnivori al vertice della catena alimentare, come i lupi. Pertanto, il controllo dei roditori sta aggiungendo un’ulteriore minaccia alla conservazione dei grandi carnivori in via di estinzione nei paesaggi antropizzati dell’Europa, la cui gravità potrebbe aumentare nel tempo ed essere molto più elevata di quanto si pensasse in precedenza. Schemi di monitoraggio su larga scala per gli AR nei grandi carnivori europei dovrebbero essere ideati il prima possibile”, hanno concluso gli scienziati italiani nello studio. I dettagli della ricerca “First evidence of widespread positivity to anticoagulant rodenticides in grey wolves (Canis lupus)” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science of The Total Environment.

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