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Scoperto un oggetto 10 milioni di volte più luminoso del Sole che sfida le leggi della fisica

A 12 milioni di anni luce dalla Terra è stato scoperto un oggetto 10 milioni di volte più luminoso del Sole, che infrange il limite di luminosità previsto dalle teorie astrofisiche. Ecco di cosa si tratta.
A cura di Andrea Centini
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Credit: NASA/JPL-Caltech
Credit: NASA/JPL-Caltech

Nel cuore dello spazio profondo, a 12 milioni di anni luce dalla Terra, si trova un oggetto talmente luminoso che sfida le leggi della fisica. Si tratta di una sorgente ultraluminosa di raggi X o ULX – acronimo inglese di Ultraluminous X-ray source – chiamata M82 X-2, che origina dalla Galassia Sigaro (Messier 82). La sua luminosità è oltre 10 milioni di volte quella del Sole e, come specificato, a causa della sua intensità supera la soglia prevista da una teoria astrofisica, il limite di Eddington (dal nome del fisico britannico Arthur Eddington). In parole semplici, si tratta del limite naturale della luminosità che un corpo sferico dovrebbe avere, sulla base della sua massa. Le ULX sono così peculiari che superano questo limite anche da 100 a 500 volte, come spiegato dalla NASA. Ciò le rende degli oggetti assolutamente unici e misteriosi.

La ragione di questo limite deriva dal fatto che, come specificato dall'Istituto Nazionale di Fisica e Astronomia (INAF), le particelle di luce, ovvero i fotoni, “esercitano una piccola spinta sugli oggetti che incontrano”. “Se un oggetto cosmico come una ULX emette abbastanza luce per metro quadrato, la spinta verso l’esterno dei fotoni può sopraffare l’attrazione verso l’interno della gravità dell’oggetto”, evidenzia l'istituto. Si tratta di un dettaglio fondamentale per i corpi celesti come le ULX o i buchi neri che emettono luce, poiché la fonte della loro luminosità è legata proprio al materiale che vortica attorno ad essi e finisce “inghiottito” a causa della forza di attrazione gravitazionale. In parole semplici, l'attrito di queste particelle – polveri e gas – le scalda e le accende, innescando la reazione luminosa. Il punto è che raggiunto il limite Eddington, la luce dell'oggetto spazzerebbe via ulteriori gas e polveri, impedendo di fatto l'aumento di luminosità. Eppure M82 X-2, che è una stella di neutroni, lo supera ed emette molta più luce di quella che dovrebbe.

A confermarlo è stato un team di ricerca internazionale guidato dallo scienziato italiano Matteo Bachetti dell'INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari, che ha collaborato con un nutrito gruppo di colleghi di vari atenei e istituti sparsi per il mondo. Fra essi l'Osservatorio Europeo Australe (ESO), il Quasar Science Resources S.L dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), l'Accademia delle Scienze della Russia, l'Università dell'Hertfordshire, l'Università di Tolosa e molti altri, compreso l'Osservatorio Astronomico di Roma. I ricercatori, avvalendosi delle osservazioni attraverso il telescopio a raggi X NuSTAR (Nuclear Spectroscopic Telescope Array) della NASA, hanno calcolato che M82 X-2 divora ogni anno circa novemila miliardi di miliardi di tonnellate di materiale da una stella vicina, pari a una 1,5 volte la massa della Terra. Da questo dato gli scienziati hanno potuto stimare la luminosità dell'ULX (che è alimentata proprio dal materiale strappato all'altra stella). I dati raccolti da Bachetti e colleghi confermano che l'oggetto supera ampiamente il limite di Eddington.

Le ipotesi di questa luminosità estrema sono due: la formazione di un cono di luce diretto verso la Terra a causa di venti fortissimi, che amplificherebbe in modo anomalo la luminosità risultando falsamente superiore al limite di Eddington (in pratica, sarebbe concentrata e non espansa); e l'interazione con intensissimi campi magnetici, in grado di allungare gli atomi e impedire ai fotoni di respingerli con efficacia, amplificando di fatto la luminosità. Ma si tratta di teorie che non possono nemmeno essere dimostrate in laboratorio, dato che i campi magnetici in ballo sono immensamente più forti di qualunque campo magnetico mai creato sulla Terra.

“Queste osservazioni ci hanno permesso di vedere gli effetti di questi campi magnetici incredibilmente forti che non potremmo mai riprodurre sulla Terra con la tecnologia attuale", ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Bachetti. “Questa è la bellezza dell'astronomia. Osservando il cielo, espandiamo la nostra capacità di indagare su come funziona l'universo. D'altra parte, non possiamo davvero organizzare esperimenti per ottenere risposte rapide; dobbiamo aspettare che l'universo ci mostri i suoi segreti”, ha chiosato lo scienziato. I dettagli della ricerca “Orbital Decay in M82 X-2” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal.

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