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Rischio tumori secondari con la terapia genica anticancro CAR-T: EMA avvia revisione dei dati

Il PRAC dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha avviato una procedura di revisione sui dati della rivoluzionaria CAR-T, una terapia genica anticancro molto efficace contro i tumori del sangue. Il trattamento è legato a un rischio di tumori secondari maligni ed è necessario analizzare tutte le informazioni raccolte negli ultimi anni di sorveglianza.
A cura di Andrea Centini
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Il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha avviato una procedura di revisione sulla sicurezza della CAR-T, una delle più recenti e rivoluzionarie terapie geniche anticancro. Secondo gli esperti, infatti, è necessario rivedere i dati sul rischio di tumori secondari maligni legato a questo importante trattamento, impiegato nel contrasto delle neoplasie del sangue come leucemie, varie tipologie di linfomi e mieloma multiplo. Tale rischio era noto sin dall'approvazione della terapia, ma adesso vanno analizzati tutti i dati di sorveglianza raccolti nei database dopo anni di procedure. L'obiettivo è introdurre eventuali azioni normative, qualora ne emergesse la necessità dopo la revisione delle informazioni.

Nel 2018 l'EMA aveva autorizzato l'impiego della CAR-T per combattere due neoplasie del sangue – il linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) e la leucemia linfoblastica acuta (Lla) a cellule B refrattaria – e successivamente l'ha approvata per ulteriori forme di cancro. La revisione dei dati riguarderà sei terapie distinte, che stanno aiutando migliaia di pazienti ad affrontare la propria malattia oncologica. La CAR-T, acronimo di Chimeric antigen receptor T cell (cellule T del recettore chimerico dell'antigene), tecnicamente è un'immunoterapia considerata particolarmente efficace grazie al suo principio di azione. In parole semplici, i linfociti T (globuli bianchi che si sviluppano nel timo) vengono estratti dal paziente, “potenziati” in laboratorio attraverso l'ingegneria genetica, moltiplicati e reinfusi dopo aver raggiunto un numero adeguato. Queste cellule vengono trasformate in vere e proprie armi contro i tumori, poiché attraverso un vettore virale sono “equipaggiate” con una specifica proteina – la CAR – progettata per colpire e uccidere le cellule cancerose. In pratica, il sistema immunitario del paziente viene rinforzato per combattere le neoplasie, un processo che dopo l'infusione dura per tutta la vita e non solo in un arco temporale limitato.

Purtroppo, nonostante i risultati estremamente promettenti emersi dai trial clinici e dai trattamenti eseguiti fino ad oggi, la CAR-T non è una terapia genica scevra da rischi per la salute. Tra le più note reazioni avverse vi sono la sindrome da rilascio di citochine – la famigerata “tempesta di citochine” balzata più volte agli onori della cronaca durante la pandemia di COVID-19 – e la tossicità neurologica, ma sussiste anche un rischio di oncogenesi, ovvero la possibilità che la terapia inneschi tumori secondari maligni. La ragione risiede proprio nell'utilizzo del vettore virale predisposto per caricare con il gene CAR nel genoma delle cellule T ingegnerizzate. Questa procedura di inserimento virale, come spiegato a Repubblica Salute dal professor Alessandro Rambaldi, docente di Ematologia presso l’Università di Milano e tra i principali esperti di CAR-T in Italia, è controllata solo in modo parziale e quindi sussiste il rischio “che possa danneggiare geni cruciali per la proliferazione e la differenziazione delle cellule”, dando così vita alla possibilità che emergano tumori secondari. Il rischio che le cellule CAR-T ingegnerizzate si trasformino anch'esse in cellule tumorali è legato alla mutagenesi inserzionale, ovvero la creazione di mutazioni nel DNA attraverso l'inserimento di nuove basi.

L'EMA specifica che, per tutte e sei le terapie CAR-T approvate nella UE, i tumori secondari erano considerati “un importante rischio potenziale al momento della loro autorizzazione e inclusi nei piani di gestione del rischio (RMP)”, pertanto è già in corso un monitoraggio approfondito, legato alla presentazione regolare dei dati emersi dagli studi (che continuano a valutare sicurezza ed efficacia anche dopo l'immissione in commercio). “Il PRAC sta ora esaminando tutte le prove disponibili, comprese le informazioni su 23 casi di vari tipi di linfoma o leucemia a cellule T in EudraVigilance , il database UE delle reazioni avverse ai medicinali, e deciderà sulla necessità di eventuali azioni normative”, ha chiosato l'EMA in un comunicato stampa. Attualmente si ripone molta speranza anche nella terapia CAR-CIK analoga alla CAR-T, nella quale i linfociti T derivano da donatori sani (non dal paziente stesso) e non vengono modificati con vettori virali, bensì attraverso sequenze di DNA chiamate trasposoni.

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