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Perché tiriamo la lingua di fuori quando siamo concentrati

Molti bambini e adulti quando si concentrano tirano fuori la lingua, come se potesse aiutarli a compiere l’azione in qualche modo. Ecco perché succede.
A cura di Andrea Centini
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Lo fanno soprattutto i bambini quando sono impegnati con giochi e marchingegni che richiedono attività manuale e concentrazione, ma anche gli adulti non sono “immuni” dal tirar fuori la lingua quando sono focalizzati su qualcosa. Gli ultimi tocchi per completare e perfezionare un'opera come un disegno, la riparazione di un oggetto rotto, la costruzione di un modellino, la decorazione di un dolce sofisticato; sono tutte situazioni in cui siamo perfettamente concentrati su ciò che stiamo facendo, ed è proprio in questi momenti che dalle nostre labbra può spuntare la lingua, spesso tenuta di lato e un po' stretta tra i denti, come se potesse aiutarci e guidarci in qualche modo nell'attività che stiamo facendo. Anche tanti sportivi come l'ex campione dell'NBA Michael Jordan e il calciatore Pjanic sono famosi per le loro "linguacce". Si tratta di un gesto nella maggior parte dei casi involontario, legato molto probabilmente all'evoluzione del nostro linguaggio, in cui l'emersione della parola è stata preceduta da una fase gestuale.

A dare una possibile spiegazione neurologica sul perché tiriamo fuori la lingua quando siamo concentrati nelle attività manuali sono state le due scienziate Gillian S. Forrester e Alina Rodriguez, rispettivamente del Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Scienze e Tecnologie dell'Università di Westminster e del Dipartimento di Epidemiologia e Biostatistica dell'Imperial College di Londra. Nell'articolo “Slip of the tongue: Implications for evolution and language development” pubblicato sulla rivista scientifica specializzata Cognition le due ricercatrici hanno sottoposto bambini di quattro anni (con sviluppo tipico) a una serie di compiti cognitivi per osservare la frequenza della protrusione della lingua. I piccoli sono stati impegnati in attività che richiedevano manualità di precisione, movimenti motori grossolani e nessuna azione motoria. La frequenza della protrusione della lingua era positivamente associata al compito motorio, inoltre più richiedeva precisione e maggiori erano le probabilità che la lingua venisse tenuta sul lato destro. Per quale motivo?

La spiegazione più affascinante è legata al fatto che l'articolazione della mano e della lingua sono governate da processi cerebrali condivisi. “Ciò avrebbe fornito un ponte naturale per lo sviluppo di un primo sistema di comunicazione, passando dai gesti delle mani alla parola nell'uomo primitivo”, ha specificato la professoressa Forrester in un comunicato stampa dell'Università di Westminster. Non a caso lo studio “Language as a Tool: Motor Proficiency Using a Tool Predicts Individual Linguistic Abilities” pubblicato su Frontiers in Psychology ha dimostrato che esistono processi cognitivi condivisi tra l'uso degli strumenti (manualità complessa) e il linguaggio: l'area del cervello che si attiva mentre dipingiamo, scriviamo o ripariamo qualcosa con le mani è infatti prossima a quella del linguaggio, ed entrambe sono localizzate nell'emisfero sinistro.

La comunicazione tra le scimmie avviene principalmente attraverso la gestualità manuale, dunque ed è molto probabile che anche i nostri antenati del genere Homo utilizzassero gesti simili. Con l'invenzione dei primi strumenti complessi e le mani impegnate, tuttavia, il metodo dominante per comunicare è passato alla bocca, una transizione agevolata proprio dalla vicinanza tra le aree del cervello deputate al controllo delle mani e della lingua. “Questo è probabilmente il motivo per cui vedi fare così tanti gesti quando parliamo, perché la vista è il nostro strumento sensoriale principale”, ha dichiarato a LiveScience la professoressa Forrester. Sebbene tuttavia la connessione neurologica e funzionale tra mani e lingua è ben documentata, l'esatta ragione per cui viene tirata fuori quando ci concentriamo su qualcosa è tutta da dimostrare. Potrebbe essere una sorta di "residuo" del nostro metodo di comunicazione ancestrale, oppure un riflesso legato alla vicinanza tra le aree del cervello che controllano lingua e articolazioni delle mani.

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