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Perché questa mano bionica collegata a ossa, muscoli e nervi è rivoluzionaria: è costruita in Italia

Karin, una donna svedese di 50 anni, può raccogliere oggetti, muovere le singole dita e compiere l’80 percento delle sue attività quotidiane grazie a una rivoluzionaria mano bionica. È collegata direttamente alle ossa, ai muscoli e ai nervi.
A cura di Andrea Centini
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La signora Karin con la mano bionica il professor Max Ortiz-Catalan. Credit: Bionic Institute
La signora Karin con la mano bionica il professor Max Ortiz-Catalan. Credit: Bionic Institute

Grazie a una rivoluzionaria mano bionica una donna svedese di 50 anni ha potuto recuperare circa l'80 percento delle sue normali attività quotidiane, perdute drammaticamente oltre venti anni fa a causa di un incidente agricolo che le aveva amputato l'arto destro. La protesi si basa su una tecnologia innovativa che mette in comunicazione il silicio direttamente con le ossa, i muscoli e i nervi della signora Karin, dando vita a un'interfaccia uomo-macchina dal sapore fantascientifico. Grazie ad essa, infatti, la donna è in grado di muovere tutte e cinque le dita bioniche, raccogliere oggetti, cucinare, girare pomelli e fare molte altre azioni comuni, impossibili con le protesi tradizionali. Ha persino un (limitato) senso del tatto. La precisione e l'efficienza del suo nuovo arto robotico, impiantato per la prima volta tre anni fa, sono catalizzate dall'ausilio di una sofistica intelligenza artificiale, che converte i segnali cerebrali nei movimenti da effettuare. È la prima volta che si ottiene un risultato così significativo in un paziente con un'amputazione appena al di sotto del gomito.

Credit: Ortiz Catalán et al., Science Robotics, 2023
Credit: Ortiz Catalán et al., Science Robotics, 2023

A mettere a punto la rivoluzionaria mano bionica è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Bionics Institute di Melbourne (Australia), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Center for Bionics and Pain Research di Mölndal (Svezia), dell'Istituto di Biorobotica e del Dipartimento di Eccellenza in Robotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, della società italiana Prensilia SRL di Pontedera (responsabile della costruzione vera e propria della mano), dell'Università della Tecnologia Chalmers e di altri centri di ricerca. Gli studiosi, coordinati dal professor Max Ortiz-Catalan, hanno ripristinato la funzione sensomotoria della donna sviluppando una protesi neuromuscoloscheletrica di tipo transradiale, direttamente collegata al sistema nervoso e scheletrico della paziente.

Per raggiungere questo pionieristico risultato hanno installato impianti di titanio nel midollo del radio e dell'ulna – una cosiddetta osteointegrazione – attorno ai quali sono cresciute naturalmente le cellule ossee. I nervi recisi sono stati inclusi in innesti muscolari e assieme al nervo ulnare e ad altri muscoli sono stati tutti collegati a degli elettrodi. A questo sistema, che risponde ai segnali cerebrali della donna, è stata agganciata la mano bionica che risponde efficacemente agli stimoli grazie all'ausilio dell'intelligenza artificiale. L'intero apparato traduce le segnalazioni del cervello in movimenti semplici ma precisi, in grado di migliorare sensibilmente la qualità della vita. Basti pensare che le precisione della presa è migliorata del 400 percento, mentre le dita bioniche interpretano correttamente la stimolazione al movimento nel 95 percento delle volte.

Se ciò non bastasse, la nuova protesi ha anche ridotto il dolore dell'arto fantasma, una complicazione nota per gli amputati. “Mi sentivo come se avessi costantemente la mano in un tritacarne, il che creava un elevato livello di stress e dovevo assumere alte dosi di vari antidolorifici”, ha dichiarato la signora Karin in un comunicato stampa. “Ho un controllo migliore sulla mia protesi, ma soprattutto il dolore è diminuito. Oggi ho bisogno di molti meno farmaci”, ha chiosato la paziente. La riduzione del dolore è dovuta alla complessa integrazione tra elettronica e componenti biologiche, come evidenziato dagli esperti. “Il nostro approccio chirurgico e ingegneristico integrato spiega anche la riduzione del dolore, poiché Karin ora utilizza per controllare la protesi più o meno le stesse risorse neurali che utilizzava per la sua mano biologica mancante”, ha sottolineato il professor Ortiz-Catalan.

I preziosi risultati ottenuti dal team multidisciplinare che ha messo a punto la mano bionica possono cambiare la vita a moltissime persone che hanno perduto arti per varie ragioni; non a caso lo il professor Ortiz Catalán è stato invitato in Ucraina come consulente per supportare i numerosi mutilati di guerra. “Questo è un incredibile passo avanti. Questa pubblicazione è la prova che la combinazione di sofisticati elettrodi impiantati, nuove tecniche microchirurgiche e apprendimento automatico può fornire a un paziente una mano bionica altamente funzionante che può controllare a piacimento. Noi del Bionics Institute siamo entusiasti di ciò che il professor Ortiz Catalán e il suo team di collaboratori hanno raggiunto fino ad oggi, e del continuo sviluppo della tecnologia degli arti bionici di prossima generazione, in particolare alla luce del suo potenziale di aiuto nel sollievo dal dolore dell’arto fantasma”, ha chiosato il CEO del Bionics Institute Robert Klupacs. I dettagli della ricerca “A highly integrated bionic hand with neural control and feedback for use in daily life” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Science Robotics.

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