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Perché le costruzioni degli Antichi Romani resistono da migliaia di anni: il segreto svelato dagli studi

L’iconica resistenza dei monumenti e delle mura romane è sotto gli occhi di tutti, dato l’elevato numero di opere millenarie giunte in buone condizioni sino ai giorni nostri. Solo di recente gli scienziati hanno svelato il segreto del calcestruzzo degli Antichi Romani, in grado di rendere così durevoli e robuste le loro costruzioni. Ecco di cosa si tratta.
A cura di Andrea Centini
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Acquedotto romano. Credit: iStock
Acquedotto romano. Credit: iStock

Il 29 ottobre 2024 il devastante fenomeno atmosferico della DANA – acronimo di Depresión Aislada en Niveles Altos – ha seminato morte e distruzione nella Spagna sudorientale, colpendo duramente soprattutto la comunità di Valencia. Le vittime dell'alluvione sono state circa 230 e i danni ingentissimi. Ma c'è stato un posto, il comune di Almonacid de la Cuba nella provincia di Saragozza, completamente risparmiato dalla furia dell'acqua, nonostante si trovasse sul percorso di uno dei flussi più irruenti e distruttivi. Il merito è stato della diga romana di 2.000 anni conosciuta come “presa romana de Almonacid de la Cuba” o semplicemente Cuba, che grazie alla sua millenaria solidità ha evitato lo straripamento del fiume Aguasvivas e di conseguenza l'inondazione del piccolo centro abitato nei suoi pressi. Questo evento, divenuto virale grazie ai video pubblicati sui social network, si è trasformato in una sorta di emblema della resistenza delle costruzioni romane, molte delle quali sono arrivate tranquillamente ai giorni nostri.

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Perché le mura romane sono così durevoli e resistenti

Gli scienziati cercano di capire da moltissimi anni quali sono caratteristiche che hanno permesso a edifici e monumenti romani di superare brillantemente la sfida del tempo, mentre altre costruzioni molto più recenti o recentissime sono state buttate giù da terremoti o altri fenomeni. Dunque, qual è il segreto delle costruzioni dell'Antica Roma? Lo studio “Hot mixing: Mechanistic insights into the durability of ancient Roman concrete” pubblicato nel 2023 da scienziati svizzeri, italiani e statunitensi sull'autorevole rivista scientifica ScienceAdvances ha indagato a fondo sulle miscele utilizzate dagli Antichi Romani per realizzare il calcestruzzo, scoprendo quello che a tutti gli effetti può essere considerato l'ingrediente segreto alla base della resistenza meccanicistica e della notevole durabilità delle mura romane. Dall'analisi di campioni di materiale estratti dal sito archeologico di Privernum nei pressi di Roma, i ricercatori coordinati dal dottor Admir Masic del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno determinato che la resistenza delle costruzioni è dovuta alla presenza di cenere vulcanica prelevata dalla zona di Pozzuoli.

Il Pantheon. Credit: Pixabay / Stefeson
Il Pantheon. Credit: Pixabay / Stefeson

Questo materiale veniva trasportato ai quattro angoli dell'impero e utilizzato per la preparazione della malta a caldo, il cosiddetto “hot mixing”; la miscela dava vita a veri e propri aggregati di calce incorporati nella matrice della malta che presentavano delle capacità “autoriparanti”. In parole semplici, questi cluster rilasciavano idrossido di calcio che, reagendo con l'anidride carbonica, dava vita a un composto in grado di richiudere piccole crepe e fessure, preservando di fatto la compattezza e la solidità delle strutture deteriorate. “Proponiamo che queste inclusioni macroscopiche possano fungere da fonti critiche di calcio reattivo per il riempimento a lungo termine di pori e fessure o per la reattività post-pozzolanica all'interno delle strutture cementizie”, spiegavano Masic e colleghi nell'abstract dello studio, aggiungendo che i test condotti miscele cementizie moderne contenenti questi cluster di calce “hanno dimostrato il loro potenziale auto-riparante”. I risultati, hanno chiosato gli esperti, hanno anche aperto la strada “allo sviluppo di formulazioni di calcestruzzo più durevoli, resilienti e sostenibili”. Questa è naturalmente solo una parte della storia, perché questi cluster sono in grado di richiudere piccole lesioni e non hanno molto a che vedere con la resistenza un intero edificio innanzi a un evento naturale catastrofico come un forte terremoto, potenzialmente in grado di sbriciolare un edificio moderno.

Mura romane portuali e cristalli in grado di irrobustirne il calcestruzzo. Credit: American Mineralogist
Mura romane portuali e cristalli in grado di irrobustirne il calcestruzzo. Credit: American Mineralogist

La resistenza dei porti romani

Lo studio del 2017 “Phillipsite and Al-tobermorite mineral cements produced through low-temperature water-rock reactions in Roman marine concrete” pubblicato sulla rivista American Mineralogist e condotto da scienziati statunitensi dell'Università dello Utah e del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) si è concentrato su un particolare tipo di costruzioni romane, quelle portuali, molte delle quali sono arrivate in buonissimo stato ai giorni nostri. In questo caso a renderle particolarmente durature e resistenti sarebbe stata proprio l'acqua marina del moto ondoso, che impattando sul calcestruzzo e con la sopracitata cenere pozzolanica è in grado di dar vita a un minerale raro chiamato tobermorite. Questo minerale, insieme ad altri cristalli conosciuti come zeolite e phillipsite, indurisce in modo significativo il calcestruzzo rendendolo particolarmente robusto e durevole. Il segreto dell'iconica resistenza dei monumenti e delle mura romane ruota dunque tutto attorno alla cenere vulcanica raccolta nel suolo partenopeo.

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