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Covid 19

Perché la quarantena ridotta è sbagliata e pericolosa

Approcci come quello adottato negli Usa rischiano di prolungare la pandemia, aumentando la circolazione virale e la pressione sul sistema ospedaliero.
A cura di Valeria Aiello
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Con il moltiplicarsi dei contagi, spinti dalla variante Omicron che si replica molto più velocemente di Delta, il numero degli italiani in quarantena è destinato a crescere in maniera esponenziale. Il rischio è che nel giro di un paio di settimane si arrivi ad avere decine di milioni di cittadini in isolamento, bloccando il Paese e facendo saltare i servizi essenziali. Un’ipotesi da scongiurare, per cui si sa pensando di ridurre il periodo di quarantena per i contatti dei positivi, in particolare per coloro che hanno ricevuto la terza dose. Sul nodo è stato convocato il Comitato tecnico scientifico, chiamato domani ad esprimere un parere, in vista di una decisione che dovrebbe arrivare prima della riapertura della scuola, per garantire le lezioni in presenza.

Il rischio di ridurre la quarantena

Rivedere le norme su quarantena e isolamenti fiduciari pensate in un’altra fase della pandemia potrebbe però rivelarsi un’arma a doppio taglio se l’approccio non sarà basato su dati scientifici. Il timore è che regole basate sulla necessità di evitare la paralisi delle attività produttive possano alimentare ulteriormente la pandemia, aumentando la circolazione virale e la pressione sul sistema ospedaliero. Del resto, con quasi l’80% della popolazione italiana vaccinata con due dosi e il 30% con la terza di richiamo, il virus resta una minaccia non solo per circa milioni di non vaccinati ma anche per i bambini sotto i 5 anni che non hanno ancora accesso al vaccino, anche se verrà confermato che ai contagi da Omicron è associata una riduzione di due terzi del rischio di ricovero per Covid rispetto alla variante Delta.

Questo perché, anche se una minore gravità dell’infezione è chiaramente molto importante, il grado di potenzialità patogena di Sars-Cov-2 è solo un fattore in termini di onere per la salute pubblica, come spiegato dal professor Mark Woolhouse dell’Università di Edimburgo. A incidere è la dimensione dell’ondata di infezioni che rischia comunque di mettere in crisi il sistema sanitario, anche se il ricovero ospedaliero dovesse riguardare una percentuale più piccola di persone.

In questo contesto, la valutazione dell’eventuale rideterminazione del periodo di quarantena attualmente obbligatorio per chi ha avuto un contatto con un positivo (7 giorni per chi ha completato il ciclo vaccinale con almeno due dosi e 10 giorni per chi non lo ha terminato e i non vaccinati) dovrà prendere in considerazione non solo l’impatto che la variante Omicron (destinata a diventare predominante) ha sulle ospedalizzazioni nei soggetti non vaccinati, ma anche quanto la riduzione andrà a incidere sulla circolazione virale, a seconda della strategia che verrà adottata.

Fa discutere la decisione Usa

Negli Stati Uniti, ad esempio, i Centri di controllo e prevenzione delle malattie (CDC) hanno ridotto da 10 a 5 i giorni di isolamento per coloro che sono positivi al coronavirus, motivando il cambiamento con i dati che mostrano come la trasmissione virale avvenga nei due giorni precedenti ai sintomi e nei due-tre giorni successivi, pur raccomandando di far seguire ai cinque giorni di quarantena altri cinque in cui si indossa la mascherina. Allo stesso modo, i CDC hanno azzerato il tempo necessario per l’isolamento dei contatti stretti, in entrambi i casi senza obbligo di tampone per coloro che non riportano sintomi auto-riferiti.

Chi pensa che le persone riferiranno davvero i propri sintomi di Covid per uscire dall’isolamento dopo soli cinque giorni?” chiede su Twitter l’epidemiologo americano Eric Feigl-Ding, membro della Federation of American Scientists (FAS) e Chief Health Economist della Microclinic International. “Questo approccio sconsiderato di gestione della pandemia non farà altro che prolungare la pandemia e peggiorerà più a lungo la trasmissione e la crisi del sistema ospedaliero”.

Dello stesso avviso anche l’epidemiologo e immunologo Michael Mina del Centro per la Dinamica delle malattie trasmissibili della Scuola di Salute pubblica dell’Università di Harvard TH Chan. “Le nuove linee guida per ridurre a 5 giorni l’isolamento dei positivi senza un test negativo è avventata – ha affermato l’esperto – . Alcune persone rimangono infette per 3 giorni, altre per 12. Non vorrei mai sedermi accanto a qualcuno che è risultato positivo 5 giorni fa e non viene testato prima di uscire dall’isolamento”.

In Italia, ad ogni modo, la possibilità di una riduzione della quarantena dovrebbe riguardare solo chi ha ricevuto anche la terza dose, come spiegato dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa. “Per chi ha il booster si può prevedere una quarantena inferiore ai sette giorni. Per chi non è vaccinato la quarantena è di 10 giorni. Per chi ha fatto due dosi di 7 – ha anticipato al Corriere – . Non saremmo credibili nell’invitare a fare il richiamo se non fossimo convinti che il booster dà una maggiore protezione”.

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