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Nuovo gene responsabile dell’autismo, biotecnologa Pavinato spiega la preziosa scoperta a Fanpage.it

Un gruppo di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Torino ha scoperto un nuovo gene responsabile di una forma di disturbo dello spettro autistico. Abbiamo chiesto alla biotecnologa Lisa Pavinato, prima autrice dello studio, di spiegarci come hanno fatto e cosa comporta.
Intervista a Dott.ssa Lisa Pavinato
Biotecnologa del Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università di Torino
A cura di Andrea Centini
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A sinistra il render di un neurone, a destra la dottoressa Lisa Pavinato dell'Università di Torino
A sinistra il render di un neurone, a destra la dottoressa Lisa Pavinato dell'Università di Torino

I meccanismi biologici alla base dell'autismo, o meglio, dei disturbi dello spettro autistico, non sono ancora pienamente compresi, pertanto molti gruppi di scienziati sono alacremente a lavoro per indagarli. Tra le branche della ricerca più coinvolte vi è sicuramente la Genetica, soprattutto grazie alle tecniche di sequenziamento di ultima generazione, che stanno permettendo di rilevare molte associazioni significative di geni con i disordini del neurosviluppo. Recentemente un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani ha scoperto lo stretto legame tra un gene – chiamato CAPRIN1 – e una specifica forma di disturbo dello spettro autistico, che si manifesta anche attraverso altre condizioni cliniche. Gli studiosi, coordinati dal professor Alfredo Brusco dell'Università di Torino, hanno osservato che la perdita di una copia del suddetto gene determina alterazioni nel funzionamento di specifici neuroni, ottenuti in laboratorio da cellule pluripotenti umane attraverso l'editing genetico. Ciò ha fatto emergere la correlazione biologica col disordine del neurosviluppo. Per saperne di più su questa scoperta – e sui potenziali risvolti terapeutici – abbiamo contattato la dottoressa Lisa Pavinato, biotecnologa dell'ateneo piemontese e prima autrice dello studio dedicato alla scoperta del gene, pubblicato sull'autorevole rivista scientifica specializzata Brain. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dottoressa Pavinato, quando e come vi siete resi conto che il gene CAPRIN1 era associato al disturbo dello spettro autistico?

La storia dietro questo gene è iniziata circa 7 anni fa, in quanto qui, presso la Città della Salute e della Scienza di Torino, è stato visitato un paziente che aveva una piccola delezione che andava a comprendere il gene. Questo paziente presentava un disturbo dello spettro autistico più altre caratteristiche cliniche. La delezione che è stata individuata all'epoca non aveva un significato clinico perché i geni contenuti in questa delezione non erano associati ad alcun disordine. Nella delezione c'era però questo gene, CAPRIN1, che in letteratura era già stato ampiamente studiato nel modello murino, quindi nel topo. Nel topo era stato visto come questo gene fosse fondamentale per la funzionalità del cervello. Erano stati fatti una serie di studi funzionali che hanno portato molte prove a favore del fatto che CAPRIN1 fosse appunto coinvolto sia nello sviluppo del cervello che nel suo funzionamento. Quando io ho iniziato il mio dottorato, nel 2018, ho cominciato ad appassionarmi a questo gene e ho iniziato a cercare altri pazienti in tutto il mondo. Sostanzialmente utilizzando dei programmi online per noi ricercatori che ci mettono in contatto con altre persone, con altri clinici o ricercatori che siano, che hanno identificato pazienti con mutazioni in geni che ad oggi non sono associati a malattia, ma che magari hanno fatto accendere la “lampadina”, facendo pensare anche a loro che forse questi geni sono associati a qualcosa. Quindi siamo entrati in contatto con una serie di gruppi di lavoro internazionali e in questi quattro anni, in cui ci siamo molto focalizzati sullo studio di CAPRIN1, abbiamo trovato 12 pazienti in totale. È una coorte di pazienti che ad oggi si sta ancora espandendo, ma comunque rimaniamo sotto i venti pazienti.

Nel comunicato stampa dell'ateneo ha affermato che la parte più complessa di questo studio è stata ottenere i neuroni dalle cellule pluripotenti alla base della ricerca. Ci spieghi perché

Questa parte è un po' complessa perché fondamentalmente, ad oggi, non ci sono ancora dei protocolli standardizzati per ottenere neuroni da cellule staminali pluripotenti. Si sta lavorando anche in questo senso. Ad esempio ci sono dei gruppi di lavoro europei di cui faccio parte che hanno l'obiettivo di andare proprio a standardizzare queste procedure. Ad oggi ci sono diversi protocolli per differenziare queste cellule in neuroni e ognuno di essi ha diversi vantaggi e svantaggi. I neuroni sono di per sé delle linee cellulari con cui è molto delicato lavorare, quindi sono delle linee che richiedono innanzitutto dei terreni di coltura molto costosi, richiedono la conoscenza di queste cellule (ovviamente) e dei tempi abbastanza lunghi. Per fare magari un singolo esperimento dobbiamo aspettare almeno un mese per ottenere queste cellule. In totale, per ottenere le cellule che noi abbiamo utilizzato ci vogliono sempre due mesi per ogni esperimento. Quindi ovviamente questo dilata molto anche i tempi di studio di queste cellule.

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Osservando questi neuroni, ottenuti da cellule modificate geneticamente con la tecnica di editing CRISP/Cas9, avete visto che presentavano delle anomalie, e queste anomalie le avete associate al disturbo dello spettro autistico?

Le abbiamo associate a un disordine del neurosviluppo. Perché sostanzialmente i pazienti con mutazioni in CAPRIN1 non hanno solo autismo, ma anche altre condizioni. Nel 100 percento dei pazienti abbiamo un disturbo o un ritardo del linguaggio; nell'83 percento abbiamo una disabilità intellettiva; nell'82 percento abbiamo ADHD, quindi disturbo di attenzione e iperattività; e nel 67 percento abbiamo disturbo dello spettro autistico. Abbiamo addirittura un 30 percento di pazienti con epilessia. Diciamo che dalla letteratura scientifica quello che sappiamo è che nei disordini del neurosviluppo la corteccia cerebrale è quella più largamente coinvolta, quindi una disfunzione della corteccia cerebrale è quella più coinvolta nei meccanismi patogenici. Quello che noi abbiamo fatto è stato utilizzare proprio dei neuroni glutammatergici – tendenzialmente neuroni eccitatori – corticali. Quindi neuroni derivati dalla corteccia. Abbiamo cercato di trasformare le nostre cellule verso questa specifica popolazione neuronale.

Tornando all'editing genetico, si è parlato molto della CRISP/Cas9, il famoso “tagli e cuci” del DNA. Adesso si usa in laboratorio, ma la speranza è che in futuro si possa arrivare anche nella clinica. Però ci sono dei problemi, come le mutazioni off-target. Quando pensa si possa arrivare a una tecnica di editing genetico sicura, grazie alla quale potrebbe essere possibile prevenire malattie e disturbi come quello dello spettro autistico?

Domanda complicata. Sicuramente si sta lavorando sempre di più sul cercare di rendere questa tecnologia il più specifica possibile, proprio per ridurre gli off-target. Da questo a poter utilizzare questa tecnologia direttamente sui pazienti secondo me siamo ancora un pochino distanti. Perché bisogna essere estremamente sicuri quando si va ad utilizzare una tecnologia di questo tipo sui pazienti. Sinceramente non so dirle ad oggi quale sia la tempistica. Sicuramente ci sono tantissimi gruppi a livello mondiale che stanno lavorando sull'ottimizzazione della CRISP/Cas9, ma credo che siamo ancora abbastanza lontani.

Qualcuno però l'ha già usata avventatamente in Cina, su delle bambine per prevenire l'AIDS. Pensa che avranno problemi?

Sì, diciamo che il problema principale è che potrebbero esserci proprio degli off-target, quindi degli effetti su geni che non si voleva andare a targettare con questa tecnica. Non sappiamo cosa succederà dopo. Possiamo però pensare che la tecnica CRISP/Cas9 è stata una rivoluzione in ambito scientifico, perché comunque ci permette di studiare su delle cellule ciò che noi magari osserviamo nei pazienti. E quindi possiamo semplicemente pensare che noi utilizziamo questa tecnica in laboratorio e poi, ad oggi, non la usiamo per andare a correggere la mutazione genetica del paziente o cose di questo tipo. Bensì la utilizziamo in laboratorio per studiare nella maniera più appropriata un determinato paziente o una determinata sindrome, malattia o quello che sia, e poi andiamo magari a cercare delle altre strategie terapeutiche, che sono diverse dall'editing direttamente in vivo. È un qualcosa che dal mio punto di vista ad oggi è distante e probabilmente non ancora sicuro.

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Ma in futuro si potrebbe pensare di poter intervenire con la tecnica per prevenire condizioni mediche, magari direttamente sul feto dopo averne studiato il quadro genetico

Diciamo però che non possiamo prevedere tutte le patologie che potrebbero essere legate a una genetica alterata del bambino. Andrei molto, molto cauta. Magari ne preveniamo una ma poi ce ne sono altre.

Tornando al disturbo dello spettro autistico, avete indicato che sono stati scoperti circa mille geni legati alla condizione del neurosviluppo. Pensate che la maggior parte sia stata trovata o che ce ne siano ancora molti altri da scoprire?

No, assolutamente. I geni che ad oggi sono formalmente associati al disordine del neurosviluppo sono circa un centinaio, ma si presuppone che ce ne sia qualche centinaio, addirittura fino a mille. Quindi ce ne mancano ancora tantissimi da associare. Quello che sta succedendo in questi ultimi anni è che moltissimi gruppi di ricerca stanno lavorando su questo e quindi diciamo che questa associazione sta diventando sempre più rapida. Già solo all'interno del nostro laboratorio, dove abbiamo una casistica di circa 500 famiglie, quello che sta succedendo è che stiamo collaborando con tantissimi gruppi per collegare nuovi geni ai disordini del neurosviluppo. È un qualcosa che sta andando molto rapidamente, favorito anche dall'avvento delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione e dalla collaborazione di diversi gruppi. Quindi in realtà ne abbiamo diverse centinaia, in attesa. Poi ci saranno sicuramente condizioni più semplici, dove avremo un gene singolo correlato al disordine del neurosviluppo, e avremo poi una buona percentuale di pazienti che in realtà avranno una combinazione di geni che danno poi il disordine.

Un'ultima domanda. Siete vicini ad aver individuato un altro gene della stessa rilevanza di CAPRIN1?

Speriamo di sì, diciamo così. Stiamo aspettando di pubblicare un altro lavoro, ma ovviamente finché non è pubblicato…

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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