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Il Telescopio James Webb ha scoperto 6 galassie “impossibili”: gli scienziati non sanno spiegarle

Nelle immagini di campo profondo del James Webb sono comparse sei galassie enormi e antichissime che sfidano le teorie cosmologiche: non potrebbero esistere. Forse cambieranno totalmente il modo in cui conosciamo l’Universo e la sua evoluzione.
A cura di Andrea Centini
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Credit: NASA, ESA, CSA, I.Labbe/Swinburne University of Technology
Credit: NASA, ESA, CSA, I.Labbe/Swinburne University of Technology

Grazie al Telescopio Spaziale James Webb sono state scoperte sei antichissime galassie che gli scienziati non hanno esitato a definire “impossibili”. La ragione risiede nel fatto che sono troppo grandi per essere spiegate dalle teorie cosmologiche attuali. In parole molto semplici, le sei galassie hanno un'età stimata di oltre 12 miliardi di anni; ciò significa che si sono formate soltanto tra i 500 e i 700 milioni di anni dopo il Big Bang, l'evento che ha dato vita all'espansione dell'Universo. Come hanno fatto ad accumulare così tanta massa se hanno avuto così poco tempo per crescere? Gli astrofisici non sanno spiegarlo, per questo le ritengono impossibili. Sono state persino soprannominate “rompi Universo”, poiché la loro scoperta – molto probabilmente – stravolgerà le più accreditate teorie cosmologiche relative all'evoluzione delle galassie e dell'Universo stesso. Si tratta quindi di una scoperta straordinaria, un bivio per la ricerca scientifica. Proprio ciò per cui è stato progettato l'erede spirituale del Telescopio Spaziale Hubble, un gioiello tecnologico da 10 miliardi di dollari lanciato nello spazio nel 2021 e divenuto operativo dalla scorsa estate.

A scoprire e descrivere le sei galassie impossibili grazie ai dati raccolti dal James Webb è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati della Swinburne University of Technology di Melbourne (Australia), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Astronomia dell'Università di Yale, del Dipartimento di Astrofisica e Scienze Planetarie dell'Università del Colorado, del Cosmic Dawn Center (DAWN) dell'Università di Copenaghen e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Ivo Labbé, le hanno individuate nelle immagini di campo profondo catturate dal Webb durante i suoi primi mesi di attività operativa. Grazie ai suoi sensibilissimi "occhi" a infrarossi, lo spettrografo NIRSSpec (Near-Infrared Spectrograph) e la NIRCam (Near Infrared Camera), l'innovativo telescopio riesce infatti a guardare molto più lontano e indietro nel tempo rispetto a qualunque altro strumento. Ciò ha permesso al telescopio di individuare la galassia più antica e lontana di sempre, nata appena 350 milioni di anni dal Big Bang. Ma questa galassia è piccola, pienamente compatibile con le teorie cosmologiche, mentre i sei colossi appena scoperti hanno fino a 100 miliardi di volte la massa del Sole, ciò significa più massa di quella che si calcolava all'epoca per l'intero Universo.

“Non abbiamo mai osservato galassie di queste dimensioni colossali, così presto dopo il Big Bang”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Labbé, che ha sottolineato come questa scoperta “potrebbe trasformare la nostra comprensione di come si sono formate le prime galassie nel nostro Universo”. “Abbiamo esaminato per la prima volta l'Universo primordiale e non avevamo idea di cosa avremmo trovato. Si scopre che abbiamo trovato qualcosa di così inaspettato che in realtà crea problemi per la scienza. Mette in discussione l'intero quadro della prima formazione delle galassie”, gli ha fatto eco il coautore dello studio Joel Leja, astronomo presso l'Università Statale della Pennsylvania. Il lancio del Telescopio Spaziale James Webb della NASA (al quale ha collaborato anche l'Agenzia Spaziale Europea – ESA) è considerato così rivoluzionario da poter trasformare il modo in cui “diamo un senso al mondo che ci circonda”, come spiegato dal professor Labbè. E la scoperta di queste galassie sta lì a confermarlo.

È tuttavia doveroso sottolineare che siamo innanzi a dati preliminari. Non è ancora certo che si tratti di vere e proprie galassie. Con le osservazioni spettroscopiche di follow-up gli astrofisici cercheranno di determinare distanze e dimensioni con maggiore accuratezza. Secondo gli esperti potrebbe trattarsi anche di buchi neri supermassicci di un tipo mai osservato prima. Ma anche se fossero mostruosi cuori di tenebra, resta l'incertezza sulla concentrazione di una massa tanto grande nell'Universo “bambino”, che aveva solo il 3 percento della sua età attuale. Di qualunque cosa si tratti, sarebbe sempre difficile da spiegare, per questo è fondamentale per gli scienziati continuare a indagare, fino ad arrivare a un possibile stravolgimento di accreditate teorie cosmologiche.

“La scoperta di galassie così massicce così presto dopo il Big Bang suggerisce che i secoli bui potrebbero non essere stati così oscuri, dopotutto, e che l'Universo potrebbe essere stato inondato dalla formazione stellare molto prima di quanto pensassimo”, ha affermato al Guardian la dottoressa Emma Chapman, astrofisica dell'Università di Nottingham. Recentemente il James Webb ha scoperto anche tre galassie in formazione attorno a un gigantesco buco nero e le più antiche simili alla Via Lattea. I dettagli della nuova ricerca “A population of red candidate massive galaxies ~600 Myr after the Big Bang” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.

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