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Cambiamenti climatici

Il caldo record minaccia la disponibilità di cibo: crollo di raccolti per siccità ed eventi estremi

Tra le conseguenze più drammatiche del riscaldamento globale vi è la drastica riduzione della sicurezza alimentare globale, legata al crollo dei raccolti catalizzato da siccità ed eventi climatici estremi.
A cura di Andrea Centini
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Il cambiamenti climatico è considerato la principale minaccia esistenziale per l'essere umano a causa dei molteplici e trasversali effetti nefasti che può comportare. Non solo sul nostro benessere, catalizzando ad esempio ondate di calore mortali sempre più frequenti, ma anche su quello degli ambienti naturali da cui dipendono l'acqua che beviamo, il cibo che mangiamo e l'aria che respiriamo. Non a caso alcuni scienziati ipotizzano addirittura la fine della civiltà – per come la conosciamo oggi – entro il 2050, mentre altri prevedono “sofferenze indicibili” per l'intera umanità, qualora si dovessero superare 1,5° C di riscaldamento rispetto all'epoca preindustriale. Purtroppo il virtuoso obiettivo fissato nell'Accordo di Parigi sul Clima nel 2015 oggi sembra ormai quasi completamente svanito, lasciandoci a un passo dal baratro dell'apocalisse climatica.

Uno dei pericoli principali che stiamo correndo è rappresentato dalla perdita dei raccolti e dal crollo della produttività degli ambienti naturali, che non riguardano solo frutta, verdura e cereali, ma anche – ad esempio – il calo degli stock ittici nei mari e negli oceani. Le ondate di calore innescano siccità estrema in grado di far seccare intere piantagioni, ma anche gli incendi, le alluvioni, le grandinate, le trombe d'aria, le tempeste e altri fenomeni estremi – più intensi e frequenti a causa del cambiamento climatico – possono determinare una riduzione significativa della disponibilità di cibo, erodendo la sicurezza alimentare mondiale. Senza dimenticare la diffusione di parassiti e sciami di insetti voraci. Si ricordino le invasioni di locuste che hanno determinato la distruzione di migliaia di ettari di raccolti nel 2019 e nel 2020 in Africa.

Secondo il recente rapporto “The Lancet Countdown on health and climate change: health at the mercy of fossil fuels” pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet il cambiamento climatico nel 2021 ha ridotto la stagione di crescita del mais di 9,3 giorni, del riso di 1,7 giorni e del frumento primaverile / invernale di 6 giorni rispetto al periodo di riferimento storico compreso tra il 1981 e il 2010. Pochi giorni possono fare una differenza enorme sulla disponibilità di cibo per milioni di persone, col rischio di gravissime carestie nel giro di pochi anni. Nel 2020 sono state quasi 100 milioni le persone in più che hanno segnalato insicurezza alimentare da grave a moderata. Nel 2022 la stima è stata di 800 milioni di persone con difficoltà a nutrirsi, un decimo della popolazione mondiale. E il continuo incremento delle temperature non fa che peggiorare le statistiche riportate dalla FAO. Proprio in questo periodo in Europa stiamo vivendo una grande ondata di calore a causa dell'anticiclone africano, ma la situazione è drammatica anche in Cina, in Nord America e in altre parti del mondo. Basti sapere che all'inizio di luglio, tra il 3 e il 6, sono stati battuti per più giorni consecutivi i record di “giorno più caldo della Terra”. L'aumento incontrollato delle temperature è un problema grave che riguarda tutti noi.

“Il nostro sistema alimentare è globale. Ci sono rischi crescenti di perdite simultanee di grandi raccolti in diverse regioni del mondo, che influiranno davvero sulla disponibilità e sui prezzi del cibo. Questo non è quello che stiamo vedendo in questo momento, ma nei prossimi decenni questa è una delle cose di cui ho davvero paura”, ha dichiarato al Guardian il professor John Marsham, docente di Scienze dell'atmosfera presso l'Università di Leeds. “Come essere umano, se sei abbastanza ricco, puoi entrare e accendere l'aria condizionata. Ma gli ecosistemi naturali e gli ecosistemi coltivati non possono farlo”, ha aggiunto l'esperto. Basti ricordare che nel 2018 l'ondata di calore ha determinato un crollo nella resa dei raccolti fino al 50 percento nell'Europa Centrale e Settentrionale. L'anno precedente il caldo e la siccità hanno invece provocato in Italia un calo del 26 percento nella produzione di grano duro e del 15 percento di quella di mais rispetto al 2016. I catastrofici incendi che hanno colpito l'Australia nel 2020 hanno devastato milioni di ettari di terreno, coinvolgendo aziende agricole e allevamenti. Tutto questo peggiorerà nel prossimo futuro, considerando che le ondate di calore anomalo come nel 2022 diventeranno la norma entro il 2100, secondo uno studio dell'Università di Harvard.

A preoccupare gli esperti vi è anche l'anomalo aumento delle temperature marine, che ha un impatto significativo su cicli biologici, correnti, distribuzione del plancton, disponibilità degli stock ittici, migrazioni (ad esempio delle balene), sopravvivenza delle barriere coralline e molto altro. Basti sapere che la maggior parte dell'ossigeno che respiriamo è legato proprio al fitoplancton che si trova nell'acqua marina, sempre più colpita Da marzo gli oceani e i mari di tutto il mondo stanno registrando costantemente temperature record, in particolar modo l'Atlantico del Nord, con curve in costante ascesa che non accennano a invertire la rotta.

“Spesso pensiamo agli impatti sugli ecosistemi terrestri perché sono facili da vedere: le piante appassiscono e gli animali si surriscaldano. Ma le persone generalmente non pensano alle ondate di caldo marine. Questo è ciò che mi preoccupa davvero: quella morte invisibile e silenziosa”, ha dichiarato al quotidiano britannico la professoressa Daniela Schmidt dell'Università di Bristol. L'impatto delle temperature estreme può infatti scatenare dei disastri naturali senza precedenti in ambiente marino; nel 2021 innanzi alla costa del Nord America a causa di una “cupola di calore” persero la vita oltre 1 miliardo di animali marini in pochi giorni. Tra gli ecosistemi più minacciati dall'aumento delle temperature vi sono le barriere coralline, culle di biodiversità i cui coralli vanno incontro a un fenomeno chiamato sbiancamento a causa della fuga delle alghe simbionti, dalle quali questi animali dipendono per il nutrimento. Sono solo alcuni degli effetti catastrofici che stiamo arrecando all'ambiente naturale e a noi stessi con la sconsiderata immissione di CO2 e altri gas climalteranti in atmosfera.

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