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Covid 19

Covid, qual è la variante del coronavirus che deve preoccuparci di più per l’autunno

In questa fase della pandemia di Covid ci sono due sottovarianti della famiglia Omicron attenzionate dagli scienziati: Eris (EG.5.1) e Pirola (BA.2.86). Qual è quella che preoccupa di più gli esperti per il prossimo autunno e per quali ragioni.
A cura di Andrea Centini
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Particelle del coronavirus su cellule umane. Credit: NIAID
Particelle del coronavirus su cellule umane. Credit: NIAID
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Sebbene le misure anti Covid sono state eliminate da tempo, come sottolineato più volte anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la pandemia non è affatto conclusa. Lo dimostrano anche i contagi, in significativo aumento a settembre rispetto a quanto osservato all'inizio del mese scorso: nel Regno Unito, ad esempio, sono praticamente raddoppiati (da 50.000 a quasi 100.000), mentre in Italia, secondo l'ultimo bollettino del Ministero della Salute c'è stato un incremento del 30 percento su base settimanale, con le infezioni da coronavirus SARS-CoV-2 passate da circa 5.000 a 14.000. A provocare questa impennata nel nostro Paese è principalmente XBB.1.9, la cui sottovariante figlia soprannominata Eris (EG.5.1), è stata classificata come “variante di interesse” da parte dell'OMS. Questo ceppo del patogeno pandemico si sta infatti diffondendo rapidamente in diversi Paesi – nel nostro non è ancora dominante – e potrebbe essere il principale motore di un'ondata di infezioni nell'imminente stagione fredda. Il virologo Fabrizio Pregliasco ha affermato a Fanpage.it che Eris potrebbe essere responsabile di una "fiammata" in autunno.

La sottovariante, identificata per la prima volta a febbraio di quest'anno in Cina, fa parte della grande famiglia di Omicron e discende direttamente dalla variante ricombinante XBB.1.9.2. Tra i sintomi più comuni che provoca si segnalano mal di gola, naso che cola, naso chiuso, tosse secca, mal di testa e olfatto alterato. Negli Stati Uniti è stata rilevata la prima volta in aprile ed è diventata dominante ad agosto. Anche nel Regno Unito ha soppiantato rapidamente le altre varianti circolanti ed è per questo che è stata inserita nella lista delle “VOI” dall'OMS, ovvero le varianti di interesse. Questo vantaggio nella trasmissibilità risiede nelle mutazioni presenti sulla proteina S o Spike (come la S:F456L), il grimaldello biologico che il virus sfrutta per legarsi alle cellule umane, rompere la parete cellulare e riversare all'interno l'RNA virale, innescando l'infezione e la malattia chiamata COVID-19. Queste mutazioni sono infatti elusive e riescono a "dribblare" efficacemente gli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti da una precedente infezione naturale che quelli derivati dalla vaccinazione.

Nonostante la sua cavalcata, gli scienziati non sono particolarmente allarmati dalla diffusione di Eris, dato che risulta piuttosto simile alle altre sottovarianti di Omicron circolate negli ultimi mesi (come la Kraken). “È preoccupante che stia aumentando, ma non sembra qualcosa di molto diverso da ciò che già circolava negli Stati Uniti negli ultimi tre o quattro mesi, quindi penso che questo sia ciò che attenua la mia preoccupazione riguardo a questa variante, in questo momento”, ha dichiarato al New York Times il professor Andrew Pekosz, docente di microbiologia molecolare e immunologia presso l'Università Johns Hopkins. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha specificato che il rischio per la salute pubblica dovuto a EG.5 "è valutato basso a livello globale".

Al momento non c'è alcuna indicazione che Eris possa provocare una malattia più grave o essere più contagiosa rispetto alle sottovarianti di Omicron che l'hanno preceduta, tuttavia i casi in aumento sono da tenere sotto controllo perché le persone fragili sono sempre potenzialmente esposte al rischio di sviluppare la forma severa della COVID-19, a maggior ragione se non sono protette con tutte le dosi raccomandate per la propria fascia d'età. Inoltre va considerato che il vaccino più aggiornato simile ad Eris sarà disponibile solo in autunno, pertanto restano significative le probabilità di infezioni rivoluzionarie e reinfezioni. “La mia principale preoccupazione è per le persone ad alto rischio. I vaccini che hanno ricevuto sono troppo lontani da dove si trova il virus in questo momento e da dove sta andando”, ha chiosato il professor Eric Topol dello Scripps Research al NYT.

Sebbene Eris stia dominando questa fase della pandemia – perlomeno in alcuni Paesi come gli Stati Uniti – c'è un'altra sottovariante che gli scienziati stanno monitorando molto attentamente. Si tratta di BA.2.86, soprannominata “Pirola”. Attualmente sono state depositate nelle banche dati genetiche internazionali soltanto una trentina di sequenze, pertanto sono noti pochissimi casi; ciò che preoccupa gli esperti è il mix di mutazioni sulla proteina Spike, 30 in più rispetto alla sottovariante Omicron da cui deriva (Omicron 2 o BA.2, la cosiddetta “Omicron invisibile”) e 35 in più rispetto a Kraken, la sottovariante ricombinante che ha guidato le ondate di contagi nell'ultimo anno. Il 17 agosto Pirola è stata classificata come “variante sotto monitoraggio” da parte dell'OMS proprio alla luce delle sue caratteristiche evolutive, che rappresentano un balzo netto affine a quello compiuto da Omicron rispetto al ceppo originale del coronavirus SARS-CoV-2, emerso a Wuhan in Cina alla fine del 2019. I primi test di neutralizzazione in provetta indicano che Pirola ha una capacità significativa di eludere gli anticorpi, ma anche che è meno trasmissibile della Kraken del 60 percento circa.

Come affermato al New York Times dal professor Jesse Bloom, docente presso il Fred Hutchinson Cancer Center, Pirola potrebbe essere effettivamente meno trasmissibile delle varianti attuali – il mondo reale è diverso dai test di laboratorio – e dunque non diffondersi mai in modo capillare, ma non esclude questa possibilità, vista la carenza di dati attuali. La famiglia Omicron è così “vincente” (dal punto di vista del virus) proprio perché è composta da uno “sciame, una zuppa di varianti”, come spiegato dal professor Yunlong Richard Cao su Nature, molte delle quali si ricombinano e riescono a soppiantare e fagocitare rapidamente quelle che le hanno precedute. Non sappiamo cosa succederà con BA.2.86, ma è sicuramente da tenere d'occhio, così come le potenziali fiammate di Eris. La pandemia di COVID-19, lo ribadiamo, non è finita e tutti dovrebbero sottoporsi alla vaccinazione raccomandata per la propria fascia di rischio.

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