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Cambiamenti climatici

Perché il cielo di New York è diventato arancione e cosa c’entra il cambiamento climatico

Il cielo di New York e di altre città affacciate sulla costa orientale degli USA si è tinto di arancio, mentre i livelli di inquinamento atmosferico hanno raggiunto soglie di pericolo per la salute umana. Ecco cosa sta succedendo e perché è coinvolto il riscaldamento globale.
A cura di Andrea Centini
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Dall'inizio della settimana New York sta vivendo un vero e proprio incubo, tanto da essere diventata la città col peggior inquinamento atmosferico della Terra. Il meteorologo Collin Gross in un post su Twitter ha spiegato che la sera del 7 giugno l'indice di qualità dell'aria ha raggiunto un punteggio di 342, una soglia considerata pericolosa per la salute. Ciò significa che ora sono a serio rischio tutte le persone, sebbene i cardiopatici, chi soffre di asma, gli anziani, i bambini e in generale i soggetti fragili restino i più esposti alle conseguenze peggiori. Non a caso numerosi eventi pubblici (soprattutto sportivi) sono stati annullati dalle autorità locali. Si tratta di una vera e propria calamità accompagnata da uno scenario apocalittico, con il cielo fosco, denso di fumo e tinto di arancio – rossastro, che ha letteralmente cancellato il celeberrimo skyline della Grande Mela. In diversi distretti è iniziata la distribuzione gratuita delle mascherine N95, le nostre FFP3 conosciute durante la pandemia di Covid. A scatenare il disastro un evento relativamente lontano, una serie di incendi boschivi che stanno devastando vaste regioni del Canada. E a catalizzarne gli effetti è proprio il cambiamento climatico, sebbene il legame con i roghi possa apparire non immediatamente evidente.

Al momento le stime ufficiali contano oltre 400 incendi attivi, dei quali circa 250 fuori controllo, nonostante il massiccio dispiegamento di vigili del fuoco e mezzi per contenere le fiamme, in arrivo anche dall'estero. Il Canada è di fatto entrato nella peggiore stagione degli incendi della sua storia, iniziata molto prima del consueto. Oltre 150 di questi roghi sta interessando la provincia francofona del Quebec, la più grande. Proprio da qui arriverebbe la maggior parte del fumo e della cenere che sta investendo New York City e altre città lungo la costa orientale degli Stati Uniti, come Boston e Philadelphia, dove la qualità dell'aria è crollata. Le sfumature arancio del cielo, ben evidenti proprio sulla Grande Mela, sono dovute al fatto che le particelle del fumo bloccano i colori alle lunghezze d'onda più corte come l'azzurro e il verde, permettendo invece il passaggio di quelle più lunghe come l'arancione e il rosso.

Soffrono naturalmente anche moltissime città canadesi, come Toronto, esposte all'immensa cappa di fumo e fuliggine che la circolazione atmosferica sta trascinando verso Sud Est, investendo diverse metropoli statunitensi. Ma i venti potrebbero potrebbero spostare la mostruosa nube anche più internamente e verso Ovest, in base alle previsioni meteorologiche dei prossimi giorni. È un disastro eccezionale che mette a repentaglio la salute di decine di milioni di persone e animali, con potenziali effetti gravi su scala globale, a causa delle enormi emissioni di carbonio dovute al materiale organico bruciato. E anche se potrebbe apparire assurdo, questa catastrofe è intimamente connessa ai cambiamenti climatici. Vediamo perché.

Dall'inizio dell'anno, come spiegato alla CBA dal dottor Mike Norton, direttore generale del Northern Forestry Center presso il Dipartimento delle risorse naturali del Canada, dall'inizio dell'anno nel Paese nordamericano sono stati registrati oltre 2.100 incendi, con più di 3 milioni di ettari di terreno andati in fumo. Per questo periodo dell'anno è una cifra assolutamente anomala e spaventosa, considerando che la media annuale negli ultimi dieci anni è stata di circa 1.600 incendi.

I cambiamenti climatici non innescano direttamente gli incendi, ma possono contribuire in vari modi a renderli più frequenti, vasti e dunque devastanti. Le ragioni sono molteplici. La più evidente è l'aumento delle temperature: più fa caldo e più la vegetazione si secca, dunque diventa facilmente infiammabile. Se piove poco, inoltre, l'umidità trattenuta dalle piante – e in particolar modo dalle foglie – viene eliminata più rapidamente dal calore e di conseguenza si favorisce il propagarsi dei roghi. Queste condizioni si sono palesate nelle ultime settimane lungo la fascia orientale del Nord America, normalmente più piovosa e umida grazie alla circolazione atlantica. Le temperature anomale registrate in diverse province canadesi (Quebec, Nuova Scozia e Alberta soprattutto) e la siccità hanno innescato la miccia del disastro. Basti pensare che tra marzo e maggio ad Halifax, la capitale della Nuova Scozia, le precipitazioni sono state un terzo della media. Ciò ha seccato una vegetazione normalmente umida, rendendola più suscettibile alle fiamme.

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A scatenare effettivamente gli incendi sono state alcune tempeste di fulmini e si sospetta anche barbecue e altri fuochi illegali / spenti male dai campeggiatori. Sono infatti due cause tipiche e frequenti alla base dei roghi. Ma come specificato, il cambiamento climatico fa sì che essi trovino terreno fertile sulla propria strada per alimentarsi, raggiungendo proporzioni molto più ampie e distruttive. A specificarlo è proprio il governo canadese in un documento ad hoc, nel quale ipotizza un raddoppio degli incendi nel Paese entro la fine del secolo, proprio a causa dei cambiamenti climatici. Questi ultimi, si spiega, possono favorire i roghi anche attraverso l'alterazione nella distribuzione di insetti e specie arboree che aiutano le piante a essere più resistenti contro le fiamme.

Queste problematiche non riguardano solo il Nord America, ma hanno un impatto significativo anche per i Paesi affacciati sul Mediterraneo. Un studio internazionale guidato da scienziati italiani e spagnoli ha determinato infatti che entro il 2099 le aree boschive nell'area mediterranea divorate dagli incendi aumenteranno dal 40 al 100 percento, a causa degli effetti del riscaldamento globale. Nel luglio del 2021 il famigerato Bootleg Fire che devastò gli Stati Uniti fu catalizzato dai pirocumulinembi o “nuvole sputafuoco”, come specificato dalla NASA, ovvero nubi legate all'accumulo di umidità, aria calda, fumo e cenere in atmosfera, in grado di scatenare le cosiddette tempeste secche di fulmini che appiccano incendi con facilità su una vegetazione già secca per le temperature anomale.

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In Canada il caldo estremo ha diffuso siccità e vegetazione secca, esponendo le foreste all'attacco delle fiamme. “La particolarità di quest'anno è che le foreste sono così secche che gli incendi sono molte volte più grandi di quanto non siano normalmente”, ha dichiarato a Vox il professor Matthew Hurteau, docente di Biologia presso l'Università del New Mexico. Non è chiaro quando la situazione migliorerà a New York e nelle altre città, ma è possibile che vi sia anche un peggioramento dell'inquinamento atmosferico, anche perché siamo appena all'inizio della stagione dei roghi. Questa è solo una delle drammatiche conseguenze con cui avremo a che fare sempre più spesso a causa dei cambiamenti climatici.

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