Composto della cannabis trovato in una pianta completamente diversa
Il cannabidiolo, o CBD, uno dei principali composti attivi della cannabis, si trova anche in una pianta completamente diversa. Lo ha scoperto un team di ricerca brasiliano che giovedì ha annunciato di aver individuato il CBD nei fiori e nei frutti della Trema micrantha blume, una specie tropicale a foglia larga particolarmente diffusa in tutto il Brasile. Secondo gli studiosi sarebbe una fonte di CBD più vantaggiosa della cannabis, che apre a nuove potenziali strade per la produzione della sostanza, già riconosciuta per la sua efficacia contro alcune forme di epilessia e sempre più oggetto di ricerca per il suo potenziale terapeutico nel trattamento del dolore infiammatorio.
La Trema micrantha blume, spiegano i ricercatori, è un piccolo arbusto spesso ritenuto non utile nella produzione agricola, il cui legno viene utilizzato per la produzione di casse da tè e fiammiferi. Come pianta produttrice di CBD, andrebbe invece a rivestire un ruolo di assoluto rilievo in quanto, rispetto alla cannabis, le analisi chimiche hanno rivelato che contiene il CBD ma non il tetraidrocannabidiolo (THC), presente invece nella cannabis, di cui è il principale agente psicotropo.
Questa caratteristica permetterebbe alla specie vegetale di superare gli ostacoli legali e normativi della cannabis, la cui coltivazione è messa al bando in molti Paesi, incluso il Brasile. “È un’alternativa legale alla cannabis – ha affermato il coordinatore della ricerca, il biologo molecolare Rodrigo Moura Neto dell’Università federale di Rio de Janeiro – . Questa è una pianta che cresce in tutto il Brasile. Sarebbe una fonte di cannabidiolo più semplice ed economica”.
In precedenza, gli scienziati avevano trovato il CBD anche in una pianta correlata alla Trema micrantha blume, in Thailandia, ma ora intendono ampliare i loro studi per identificare i metodi migliori per estrarre il CBD dalla specie e analizzarne l’efficacia in pazienti con condizioni attualmente trattate con la cannabis medica. Insieme ai suoi colleghi, Neto ha recentemente ricevuto una sovvenzione di 500.000 real brasiliani (l’equivalente di circa 95.000 euro) dal governo brasiliano per finanziare la ricerca che, secondo il team, richiederà almeno cinque anni per essere completata.