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Blangiardo (Istat): “Questo mondo può sopravvivere anche a 10 miliardi di abitanti”

Il Presidente dell’Istituto nazionale di statistica a Fanpage.it: “Il picco nel 2100, ma dobbiamo garantire che questa crescita non sia un problema, soprattutto per alcuni”.
Intervista a Gian Carlo Blangiardo
Presidente dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, e Professore ordinario di Demografia all'Università degli Studi di Milano “Bicocca”
A cura di Valeria Aiello
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La popolazione mondiale ha raggiunto il nuovo storico traguardo di 8 miliardi di individui, a testimonianza del miglioramento generale del quadro medico e sanitario, quindi dell’allungamento della vita. Ma cosa comporta essere così in tanti, o forse troppi, nei prossimi decenni? “Molte sfide, a partire dall’avere tutti una vita dignitosa” premette a Fanpage.it il professor Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, per il quale il futuro degli umani sulla Terra si gioca principalmente su due fronti: quello della consapevolezza delle risorse disponibili e la loro equa distribuzione.

È anche vero che non ci sono mai stati 8 miliardi di abitanti sulla Terra?
Assolutamente. Tenga presente che il primo miliardo è comparso intorno al 1850. E ci abbiamo messo milioni di anni per arrivarci. Dal 1850 ad oggi, quindi in meno di due secoli, siamo invece passati da 1 a 8 miliardi, dunque 7 miliardi in più.

Una crescita senza precedenti. Come è avvenuta?
È evidente che c’è stata un’esplosione della popolazione, che è un segnale positivo, a dimostrazione che l’essere umano è stato capace di controllare alcune forme di selezione, ad esempio riducendo la mortalità infantile. Pertanto, il fatto di essere cresciuti in termini numerici è un segnale di progresso, che ha però bisogno di trovare le modalità con cui cercare di rendere compatibile la crescita stessa con la disponibilità delle risorse, dal momento che questi 8 miliardi sono distribuiti in modo geograficamente molto diversificata.

Nelle situazioni nelle quali il sistema delle risorse è decisamente diverso, bisognerebbe quindi fare in modo che si vada verso una convergenza anche nella loro distribuzione, per far sì che tutti abbiano il minimo essenziale per vivere. Avere obiettivi del genere, per quanto possa apparire semplice buonismo, sarebbe già un buon punto di partenza.

In ottica futura si parla di un picco di crescita a 10 miliardi, quando lo raggiungeremo?
Le proiezioni più ragionevoli, anche come modello di riferimento, prevedono una sorta di stabilizzazione della crescita intorno ai 10 miliardi. L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite fissa come orizzonte temporale il 2100, per cui dalla seconda metà del XXII secolo si andrebbe verso una tendenziale stabilizzazione del totale complessivo.

Il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo
Il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo

Cosa vuol dire per il nostro futuro?
Significa che il mondo va a velocità diverse, o meglio, che la popolazione va a velocità diverse. La crescita, come le dicevo, è infatti differenziata, e dei 10 miliardi che saremo nei prossimi decenni, buona parte nascerà soprattutto nel continente africano. Ci sono quindi Paesi, come molti dell’Africa subsahariana, che hanno livelli di natalità decisamente alti e in qualche modo crescenti, anche perché hanno dietro una popolazione giovane, e ci sono altre realtà, come l’Italia, in cui abbiamo invece il problema del saldo naturale negativo e della diminuzione della popolazione stessa, dunque del continuo calo del numero dei nati.

Come elemento congiunturale, nel medio periodo si arriverà a una situazione di equilibrio, come meno nati in Africa, e probabilmente un aumento del numero delle nascite in Europa e in particolare Italia, dove si potrebbe avere un aumento dei nati adeguato alla popolazione.

C’è un punto di equilibrio, una massima popolazione sostenibile per le risorse naturali della Terra?

Nel secolo scorso ci sono stati studiosi e ricercatori che hanno lavorato all’idea dell’optimum demografico, ma l’umanità ha poi mostrato che queste teorie erano quantomeno superabili. Ricordo dei limiti delle risorse degli Anni 70, dei limiti dello sviluppo del Club di Roma, dove in un mondo di praticamente 3 miliardi di persone si diceva “non ce la faremo”.

Forse oggi, la questione dovrebbe essere un’altra, principalmente culturale, legata alla consapevolezza del limite delle risorse, per cui evitare lo spreco e favorire una equa distribuzione sono fattori legati alla capacità di riuscire a creare quell’equilibrio sostenibile, attraverso comportamenti e modelli di sviluppo che in qualche modo lo vadano a favorire.

In questi termini, credo che alla quota di 10 miliardi il sistema mondo possa tenere, senza un problema di sovrappopolazione, ma dovremo muoverci tutti nella direzione del garantire che questa crescita non sia un problema, soprattutto per alcuni.

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