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Balena franca nel Mediterraneo, da dove viene e cosa rischia: la spiegazione della biologa marina

La biologa marina esperta di cetacei Maddalena Jahoda racconta a Fanpage.it l’importanza dell’avvistamento di una balena franca nel Mediterraneo, un evento rarissimo. Da dove arriva questo magnifico animale e quali sono i rischi che deve affrontare.
Intervista a Maddalena Jahoda
Biologa marina, scrittrice, divulgatrice scientifica e responsabile della comunicazione del Tethys Research Institute
A cura di Andrea Centini
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A sinistra la dottoressa Maddalena Jahoda, a destra la balena franca avvistata nel Mediterraneo. Credit: Maddalena Jahoda / Equinac
A sinistra la dottoressa Maddalena Jahoda, a destra la balena franca avvistata nel Mediterraneo. Credit: Maddalena Jahoda / Equinac

Innanzi alla costa di Almerìa, in Spagna, il 16 aprile 2024 è stata avvistata una balena franca, molto probabilmente una balena franca nordoccidentale (Eubalaena glacialis), specie gravemente minacciata di estinzione. Il grande cetaceo misticete – cioè con i fanoni – è stato filmato da una distanza notevole e non è possibile essere certi della specie esatta, tuttavia è chiaramente un esemplare di “right whale”, una balena franca, appunto, così chiamata dai balenieri perché facile da catturare (e infatti le hanno sterminate). I biologi marini spagnoli che hanno visionato le immagini non hanno esitato a definire l'avvistamento come “eccezionale” e “storico”, dato che le balene franche non solo non sono presenti nel Mediterraneo, ma la popolazione dell'Atlantico orientale è stata completamente annientata durante l'epoca della baleneria.

Al netto di un unico esemplare avvistato alle Azzorre nel 2009 e di altri tre negli ultimi 30 anni in Islanda, non ci sono segnalazioni di balene franche nordatlantiche da questa parte dell'oceano; ne sopravvivono solo poche centinaia di esemplari innanzi alla costa del Nord America. Per capire meglio l'importanza di questo avvistamento, Fanpage.it ha intervistato la dottoressa Maddalena Jahoda, biologa marina, scrittrice e divulgatrice scientifica esperta di cetacei del Tethys Research Institute, organizzazione senza scopo di lucro volta allo studio e alla conservazione dell'ambiente marino e della sua meravigliosa biodiversità.

Dottoressa Jahoda, l'avvistamento di questa balena franca nel Mediterraneo è considerata storica dai suoi colleghi spagnoli. Cosa può dirci al riguardo?

Innanzitutto chiariamo che non è veramente la prima nel Mediterraneo, anche se alcuni lo hanno detto. È sicuramente il primo avvistamento in tempi recenti. Ci sono delle catture nel 1800. A Taranto hanno preso una femmina giovane nel 1877 e poi altri due esemplari catturati ad Algeri nel 1888. Poi si parlava anche di un avvistamento nel 1991 in Sardegna, ma non è mai stato verificato. Un elemento interessante è che uscito un lavoro scientifico nel quale sono state descritte ossa di balena grigia e due di balena franca risalenti ai tempi degli antichi Romani, circa 2.000 anni fa. L'ipotesi è che ai tempi queste balene fossero presenti nel Mediterraneo e che venissero anche cacciate. Dunque vedere una balena franca non è proprio una cosa così “strana”, pur restando un avvistamento davvero eccezionale. Su questo non ci piove.

Hanno detto che è in salute, l'hanno vista mentre si alimentava. Secondo lei se la può cavare? Non tutti i cetacei occasionali che entrano nel Mar Mediterraneo fanno una bella fine. Ricordiamo le orche a Genova, la balenottera minore vista ad Anzio e spiaggiata a Fregene, o la balena grigia di Sorrento.

Speriamo veramente che stia effettivamente bene, c'è un po' questa fama di “cimitero” per il Mediterraneo. Se mangia è sicuramente un buon segno. Per questa specie è facile capire se si sta nutrendo, a differenza di altre. La balenottera comune ad esempio mangia in profondità, quindi non la vedi, mentre le balene franche nuotano sulla superficie con la bocca aperta. Hanno questi fanoni lunghissimi e neri. Le vedi che filtrano sulla superficie con la bocca spalancata ed è uno spettacolo. Tra i posti migliori per osservare le balene franche – quelle australi – c'è la Patagonia. Si possono vedere dalla spiaggia, è uno spettacolo incredibile.

Chiaramente questo esemplare è entrato dallo Stretto di Gibilterra; secondo lei tornerà nell'Oceano Atlantico oppure resterà lì? Quale potrebbe essere il suo destino?

Servirebbe la sfera di cristallo. Io spero che esca. Viene da pensare che provenga dalla popolazione dell'Atlantico del New England, che è la più vicina. Anche se storicamente le balene franche erano presenti in tutto l'Atlantico, anche nel golfo di Guascogna dove sono state massacrate. Sono state tra le prime ad essere sterminate, prima artigianalmente e poi con la caccia industriale che ha dato il colpo di grazia. Storicamente era una zona di balene franche. A parte gli scarsissimi avvistamenti lì è scomparsa. C'è questa piccola popolazione di 300 individui, non di più, che va a mangiare tra il New England e il Canada. Che però se la passa molto male.

Ci spieghi

È una delle popolazioni più a rischio, insieme alla vaquita (un piccolo cetaceo odontocete NDR). Sono molto soggette alle collisioni perché sono lente e stanno in superficie, quindi ci vuole niente che gli vadano addosso. Rischiano anche la cattura accidentale a causa delle nasse che servono per la pesca delle aragoste. Queste nasse sono fissate sul fondale o a una certa altezza e sono collegate a una boa in superficie da una cima. E in queste cime le balene franche si impigliano regolarmente. Questo procura loro una morte veramente brutta. Una tortura. Perché le cime entrano nella loro carne, costringendole a tirarsi dietro questi affari pesantissimi per mesi e mesi. Fanno una morte lenta e brutta. Già la popolazione è molto ridotta. Quando scrissi il libro “Balene Salvateci” avevo studiato bene questa situazione. Hanno calcolato che l'aspettativa di vita di una femmina invece che di 70 anni è di 28 anni, o anche molto meno e male. E ovviamente producono molti meno piccoli.

L'anomala mortalità nelle balene franche nordatlantiche dal 2017. Credit: NOAA
L'anomala mortalità nelle balene franche nordatlantiche dal 2017. Credit: NOAA

E cosa si sta facendo per tutelarle?

In America hanno fatto qualcosa soprattutto contro le collisioni. Avevano anche spostato le rotte di certi traghetti, che è un bel precedente, ma è successo che per qualche motivo le balene negli anni successivi si sono spostate più a nord, in Canada, dove non erano preparati alla protezione di questi animali. Quindi c'è stata di nuovo un'ecatombe, tra collisioni e nasse ne sono morte tantissime. Per le nasse si stanno studiando dei sistemi. L'ideale sarebbe avere delle cime meno resistenti: funzionerebbero lo stesso e ridurrebbero di molto l'impatto. Si parla anche di boe radiocomandate o con qualche sistema per cui vengono in superficie senza una cima. Queste sono le prospettive. Speriamo che funzionino e che vengano applicate, ma soprattutto speriamo che si faccia in tempo, perché 300 individui, magari anche un po' meno ormai, sono veramente pochi per una popolazione. Non si sono proprio riprese dalla caccia, fanno molta fatica. Mentre le megattere si sono riprese abbastanza bene, anche le balenottere. Ma questa è stata proprio la prima a essere cacciata, chiamata “right whale”, ovvero quella “giusta” proprio perché facile da cacciare. Sono adorabili, vengono vicino, ancora oggi si fidano poverette. Sono grosse, hanno un sacco di grasso e quindi erano l'ideale. Sono classificate in pericolo critico di estinzione nella Lista Rossa della IUCN.

Una corda legata attorno alla pinna caudale di una balena franca. Credit: Woods Hole Oceanographic Institution/Michael Moore/NOAA
Una corda legata attorno alla pinna caudale di una balena franca. Credit: Woods Hole Oceanographic Institution/Michael Moore/NOAA

Come dicevamo la specie esatta dell'esemplare non è stata identificata, ma dalla pinna pettorale a pagaia si capisce che è una balena franca. Qualche idea sulla provenienza?

Si vede chiaramente che è una balena franca. A me vien da pensare che sia una di quelle della popolazione del New England, è improbabile che sia una australe.

Alle Azzorre, davanti all'isola di Pico, è stato avvistato un esemplare nel 2009, mentre altri tre sono stati visti in Islanda negli ultimi 30 anni. Ci potrebbe essere qualche superstite della popolazione orientale massacrata dalla baleneria? O è improbabile

È veramente difficile da dire. Andrebbe controllata un po' meglio. Non mi sbilancerei perché tutto può essere. Spero che la riavvistino.

La balena franca avvistata alle Azzorre nel 2009. Credit: CW Azores
La balena franca avvistata alle Azzorre nel 2009. Credit: CW Azores

Trattandosi di un avvistamento così significativo, come mai non sono andati subito a controllare? Del resto è una balena lenta, che sta tanto in superficie e vicino alla costa. Magari avrebbero potuto raccogliere qualche campione fecale per l'indagine genetica

Per la genetica l'ideale sarebbe fare una biopsia. Si fa di routine. Gli tiri addosso una freccetta, oppure se riesci ad avvicinarti abbastanza passi una spugna sulla pelle e prendi delle cellule. A quel punto puoi fare l'indagine genetica e puoi avere la certezza da dove viene. Sarebbe l'ideale. Se dovesse comparire con una certa regolarità questo si potrebbe fare. Dalle feci anche si può fare qualcosa, soprattutto capire cosa sta mangiando. Comunque o sei già lì e stai facendo qualcosa di simile, altrimenti è un problema organizzativo. Devi trovare la persona giusta che abbia il materiale, poi ritrovare la balena. Se la vedi regolarmente lo puoi fare, ma su un avvistamento occasionale è difficile. Ma ha ragione, sarebbe l'ideale.

Se dovesse rimanere lì nel Mediterraneo a quali rischi andrebbe incontro? Sappiamo che per la nostra balenottera comune le collisioni con le navi sono tra le principali cause di morte

Già. Il rischio di collisione è molto forte nel Mediterraneo, è uno dei posti più trafficati al mondo. C'è un noto corridoio della migrazione delle balenottere comuni tra le Baleari e la Spagna continentale che è stato riconosciuto dall'IMO, l'organizzazione marittima internazionale. Lì stanno lavorando per cercare di far qualcosa, ridurre la velocità e limitare il problema. È uno dei posti dove le balene sono a rischio. Paradossalmente un altro posto molto a rischio è il Santuario Pelagos, dove c'è un traffico sia di cargo che di navi passeggeri, navi veloci. Queste ultime sono un rischio per le balenottere che stanno nelle zone più profonde, pelagiche. I cargo sono un rischio per i capodogli che stanno più sottocosta, lungo la scarpata. Tutte e due le specie un grosso problema con le collisioni. Quindi la nostra povera balena franca è a rischio, poi sta tanto in superficie ed è ancora peggio.

Secondo lei perché è entrata nello Stretto di Gibilterra?

Questo non lo sappiamo. A volte qualche individuo giovane, magari come quello individuato alle Azzorre e poi mai più rivisto, si allontana, va in cerca di nuovi territori. Chi lo sa. Sarebbe bello se fosse un segno di espansione. Ma se fa veramente parte della popolazione del New England non direi proprio che sia in espansione. Può essere che cerchino nuove zone, andando dietro al plancton che mangiano. Certo ha fatto un bel po' di strada

La speranza è che possa essere riavvistata e si possano fare le analisi di cui sopra

Noi dell'Istituto Tethys partiremo a metà maggio con le nostre crociere di avvistamento e terremo gli occhi aperti

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