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Epatite acuta nei bambini, cosa sappiamo: le ultime notizie

20 probabili casi di epatite di origine sconosciuta nei bambini in Italia, esperti: “Nessun allarme”

Ad oggi, in Italia, sono stati registrati circa 20 casi di probabili epatiti acute di origine sconosciuta nei bimbi. L’indiziato principale è l’adenovirus F41.
A cura di Andrea Centini
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Negli ultimi mesi circa 300 bambini di venti Paesi sono stati colpiti da una forma misteriosa di epatite acuta, un'infiammazione del fegato che in alcuni casi ha reso necessario un trapianto e che purtroppo ha anche provocato qualche decesso. Il Regno Unito è il Paese maggiormente interessato dall'ondata di casi, con 163 epatiti segnalate in piccoli sotto i dieci anni nell'ultimo bollettino della UK Heath Security Agency (UKHSA). In Italia, al momento, stando ai dati indicati da ADNKronos Salute risultano esserci una ventina di casi probabili su cinquanta segnalazioni in bambini precedentemente sani. I numeri, secondo gli esperti, rientrano nel computo annuale delle epatiti di origine sconosciuta e non c'è motivo di allarmarsi, anche perché non c'è stato l'incremento che si temeva nelle settimane scorse. Un aumento statisticamente significativo c'è stato solo nel Regno Unito, dove da un paio di trapianti di fegato all'anno necessari per salvare la vita ai bambini si è passati a otto. Nonostante le rassicurazioni degli esperti, c'è ancora molto da capire sul responsabile.

Le possibili cause delle epatiti

Come specificato dall'UKHSA, l'indiziato numero uno continua a essere un adenovirus, quello più frequentemente testato nei campioni dei bimbi ricoverati. Si tratta di un genere di patogeni che colpisce comunemente i bambini e che di norma provoca sintomi assimilabili a quelli di un raffreddore, sebbene talvolta possa causare polmoniti e, nei soggetti con deficit immunitari, anche le epatiti. Ma le infiammazioni al fegato non sono certo una complicazione comune in bambini che erano sani. Dunque cosa potrebbe aver reso così patogenico un virus che normalmente è “innocuo”? Secondo gli esperti ci sono diversi scenari possibili; il primo è che l'infezione da adenovirus possa essere stata esacerbata dalla precedente esposizione o dalla co-esposizione al SARS-CoV-2, il virus responsabile della pandemia di COVID-19. In parole semplici, l'azione combinata dei due virus avrebbe favorito l'insorgere delle epatiti. In secondo luogo si ritiene che il lockdown e il prolungato utilizzo di mascherine e altre misure anti contagio non avrebbero allenato a sufficienza il sistema immunitario dei bambini, divenuti così più suscettibili a infezioni severe a seguito delle riaperture. Terzo, non si esclude che un adenovirus possa aver sviluppato mutazioni in grado di renderlo più aggressivo e virulento. Sono state avanzate anche ipotesi più inverosimili, come la trasmissione di un adenovirus del cane (il 70 percento dei piccoli infettati ha avuto contatto con gli animali domestici, come riportato dal Telegraph) o totalmente campate per l'aria, come l'associazione con i vaccini anti Covid. Gli esperti sottolineano infatti che la stragrande maggioranza dei piccoli con epatite acuta ha meno di 5 anni e dunque non ha ricevuto alcun vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2. Segnalata anche la possibilità che possa trattarsi di un virus totalmente nuovo, ma come indicato l'adenovirus resta l'indiziato principale.

L'adenovirus F41

Di adenovirus ne esistono molti, ma gli scienziati ritengono che il più probabile coinvolto in questa storia possa essere l'adenovirus umano F41. In un'intervista a La Stampa il professor Giorgio Palù, presidente dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e professore emerito di Virologia presso l'Università di Padova, ha sottolineato che questo patogeno è stato già associato a forme gastroenteriche. I sintomi più comuni di queste epatiti sono ittero (pelle, sclera e mucose tendenti al giallo) e vomito, come specificato dall'UKHSA. Sono stati segnalati anche dolori addominali e diarrea, prima della fase acuta che ha richiesto il ricovero. Anche secondo il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, l'indiziato più probabile resta l'adenovirus F41 o una coinfezione di questo con un altro patogeno, come affermato in un'intervista ad ADNKronos Salute. Lo scienziato sottolinea che non siamo in emergenza e che i casi di epatite sconosciuta ci sono sempre stati, ma naturalmente sono necessari dei chiarimenti. Gli esperti continueranno a studiare i casi fino a quando non riusciranno a definire l'esatta eziologia delle epatiti, dando “un nome e un cognome” al responsabile. Al momento è doveroso ribadire che non c'è alcun segnale di allarme in Italia e in linea generale anche in Europa e negli USA, col solo Regno Unito colpito da un'ondata anomala. È attesa a breve una nuova circolare delle autorità sanitarie italiane per un aggiornamento sulla situazione.

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