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Il Consiglio d’Europa accusa Luigi Di Maio di limitare la libertà di stampa

Il vicepremier Luigi Di Maio limita la libertà di stampa: questa l’accusa del Consiglio d’Europa nel suo rapporto sulla Libertà di espressione 2018. Di Maio avrebbe chiesto alle imprese di non comprare le pubblicità sui giornali, minacciando allo stesso tempo di ridurre i finanziamenti pubblici alla stampa.
A cura di Annalisa Girardi
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luigi di maio

Il Consiglio d'Europa, l'organizzazione che si occupa di difesa dei diritti umani nel vecchio continente, ha accusato Luigi Di Maio di voler limitare la libertà di stampa. "In Italia il vice primo ministro e leader del Movimento 5 Stelle ha chiesto alle imprese di proprietà statale di smettere di fare pubblicità sui giornali e ha annunciato piani per ‘una riduzione dei contributi pubblici indiretti' ai media nel bilancio 2019": così si legge nel rapporto ‘Libertà di espressione 2018', un documento che valuta lo stato di libertà di stampa negli Stati membri. La relazione del Consiglio d'Europa è stata diffusa oggi, alla vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa, e si è proposta di individuare le principali minacce che ha ricevuto l'espressione libera nel 2018, così come le modalità in cui i governi dovrebbero contrastare tali intimidazioni.

Nel documento si legge che, nel novembre 2018, Di Maio "pubblicò un post sui social media che conteneva insulti ai giornalisti italiani e chiedeva nuove restrizioni legali agli editori", denunciando inoltre che "pressioni finanziarie, favoritismo e altre forme di manipolazione dei media possono essere museruole insidiose e sono sempre più usate da politici di ogni colore". Già lo scorso gennaio il Consiglio aveva criticato i nostri politici, accusandoli di un atteggiamento razzista e xenofoba, "in particolare sui media e su Internet". Lo scorso anno, a livello europeo, sono state emesse più di 70 sentenze in casi di libertà di stampa, con violazioni rilevate in circa due terzi delle stesse.

Il dossier ha sollevato alcune preoccupazioni riguardo all'aumento di violenza nei confronti dei giornalisti, ricordando l'omicidio di due report impegnati in indagini su casi di corruzione e criminalità organizzata. Ha poi evidenziato come le crescenti minacce e attacchi verbali verso i giornali siano un pericolo, così come le legislazioni restrittive a cui sono sottoposte le Ong rappresentino un motivo di preoccupazione crescente. Un altro elemento che mette a repentaglio il giornalismo investigativo e di qualità, segnala il report, è rappresentato dalla diffusione della disinformazione attraverso i canali mediatici online. Allo stesso tempo, la sostenibilità finanziaria della professione risente dell'impatto negativo della rivoluzione digitale.

Nel rapporto sono poi evidenziate cinque principi che indicano le linee guida da adottare in risposta al problema. Fra questi punti vi è la protezione efficace dei giornalisti contro violenza e intimidazioni, la tutela dei media di servizio pubblico, così come il sostegno al giornalismo investigativo e di qualità. Vengono anche indicate delle misure antiterrorismo che però, si legge, non devono essere abusate per limitare indebitamente la libertà di stampa. In aggiunta, il documento afferma che gli Stati dovrebbero impegnarsi per elaborare un quadro giuridico chiaro che affronti le responsabilità degli intermediari di Internet in materia di libertà di espressione, per meglio integrare la Corte europea dei diritti umani ai sistemi normativi nazionali. La vigilanza di quest'organo è infatti fondamentale per assicurare un allineamento delle pratiche nazionali con ciò che viene stabilito nella Convenzione europea dei diritti umani.

L'accusa di Mara Carfagna

Dopo aver letto il rapporto la vicepresidente della Camera Mara Carfagna ha attaccato il vicepremier Cinque Stelle. L'esponente di Forza Italia ha infatti scritto in una nota: "Vi ricordate la storiella di Berlusconi che attentava alla democrazia e alla libertà di stampa? Dove sono oggi quelli che manifestavano con il bavaglio sulla bocca? Perché non si indignano? Ora la minaccia alla libera informazione è reale e arriva da un governo i cui esponenti rivendicano di non leggere libri, chiudono voci come Radio Radicale, provano a vietare alle società pubbliche la pubblicità sui principali mezzi d’informazione. Mentre Di Maio si lamenta perché nessuno gli dice che è bravo, il Consiglio d’Europa lo cita nel rapporto sull’indipendenza dell’informazione in Italia. Forse se fossimo tutti iscritti a Rousseau e prendessimo per buone le fake news del Blog delle Stelle, il Vicepremier sarebbe felice, il suo ego sarebbe appagato e il nostro Paese sarebbe asservito".

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