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Opinioni

Gli imprenditori italiani guardano all’estero

Giorgio Squinzi succede a Emma Marcegaglia ai vertici di Confindustria, le liberalizzazioni diventano legge, ma imprese e imprenditori italiani guardano all’estero, dall’India agli Stati Uniti. Scopriamo il perchè.
A cura di Luca Spoldi
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Real Estate Usa

Arriva Squinzi ma imprenditori italiani guardano all’estero. Mentre in Italia il decreto sulle liberalizzazioni si appresta a diventare legge (meglio tardi e poco che nulla mai, è il caso di dire, ma si spera che l’apertura al mercato diventi la cultura dominante nel paese o di far ripartire l’economia ne riparleremo, se va bene, tra 25 anni), piccoli e grandi imprenditori italiani non sembrano emozionarsi più di tanto alla “telenovela” della successione di Giorgio Squinzi, patron della Mapei, a Emma Marcegaglia alla guida di Confindustria, al posto di Alberto Bombassei, proprietario di Brembo con la fama di “duro”, dopo una votazione che ha spaccato a metà la giunta di Viale Astronomia (Squinzi ha raccolto 93 voti tra cui i 6, determinanti, di Eni, mentre Bombassei si è fermato a 82 preferenze) e anzi continuano a guardare sempre più spesso all’estero per far crescere le proprie attività. Investe all’estero, ad esempio, Finmeccanica, la cui controllata AgustaWestland festeggia la posa della prima pietra dello stabilimento presso la cittadina indiana di Hyderabad della Indian Rotorcraft, joint venture formata col gruppo Tata, che dalla metà del prossimo anno avvierà la produzione degli elicotteri leggeri Koala (finora assemblati nell’impianto statunitense di Philadelphia). Dallo stabilimento usciranno in media 30 elicotteri all’anno per un valore di mercato attorno ai 60 milioni di euro, ma potrebbe essere solo il primo passo visto che AgustaWestland è in gara per fornire almeno 16 elicotteri (ma con la possibilità di veder salire l’ordine a un centinaio di esemplari, per un valore complessivo che passerebbe dai 600 milioni di euro ai 3,5 miliardi) alla marina militare indiana e attende con ansia l’apertura della gara per 300 elicotteri leggeri (proprio come il Koala) per l’esercito.

L’America resta sempre l’America. Se un grande gruppo come Finmeccanica sembra voltare le spalle agli Usa e guardare con rinnovato interesse all’India, Fulvia Arienti, imprenditrice italiana attiva nel comparto immobiliare statunitense di cui già ebbi modo di parlarvi, punta invece con sempre maggiore determinazione sull’America. Fulvia dal 26 al 31 marzo prossimi a St. Petersburg, Florida, ha deciso di organizzare la prima edizione della “master class” per nuovi imprenditori nel settore immobiliare americano. Partecipano in tutto una trentina di persone, che hanno già iniziato le pratiche di coaching in Italia e con Fulvia agiranno direttamente per aggiudicarsi le prime case finite sul mercato in seguito a “foreclosure” (procedura di pignoramento e messa all’asta dell’immobile a seguito del mancato pagamento delle rate del mutuo, ndr), da rivendere successivamente o riaffittare. Ma per chi fosse interessato a imitare, se non Finmeccanica, un’imprenditrice come la Arienti, quali requisiti sono necessari? L’ho chiesto alla stessa donna d’affari che mi ha spiegato come la cifra minima consigliata per avviare un’attività immobiliare in America sia di almeno 40 mila euro. In questa cifra può rientrare un primo acquisto di una casa a 20 mila dollari, 10 mila dollari di ristrutturazione e le spese di viaggio, vitto e alloggio per 15 giorni. Se invece si vuole accelerare i tempi c’è la possibilità di partecipare alla master class già ricordata: in 5 giorni di corso intensivo (8 ore di lezione al giorno), i partecipanti impareranno i dettagli del processo di acquisto, ristrutturazione e rivendita/affitto direttamente da professionisti americani che lavorano sul territorio e di cui avrà bisogno l’imprenditore. docenti sono infatti agenti immobiliari, costruttori, ispettori certificati, esperti di mutui, commercialisti e tutte quelle figure fondamentali per far decollare il proprio business. Dopo quella di marzo è già prevista una successiva master class in luglio (dal 9 al 13 del mese). In entrambi i casi la Arienti sarà presente nel corso di ognuna della cinque giornate per fornire la sua esperienza diretta e guidare i partecipanti verso l’avvio della propria attività negli States.

Una marcia in più. Può suonare strano in un paese ricco di corporazioni e albi professionali, ma per poter partecipare alla master class non sono richieste competenze o titoli specifici, se non l’interesse per l’argomento e la voglia di avviare una propria attività. “La propensione agli affari e la conoscenza della lingua inglese possono facilitare il processo ma non sono determinanti – ha insistito Fulvia – molti dei partecipanti alle precedenti master class erano alla loro prima esperienza e seguendo i miei consigli in pochi mesi hanno già acquistato e rivenduto uno o più immobili. Altri hanno acquistato e poi affittato alcune case che danno loro un ritorno che va dal 25% al 30% all’anno. La conoscenza dell’Inglese aiuta certamente, ma non è indispensabile, visto che pure io fino ad un anno fa conoscevo solo non poche parole in Inglese”. Ma cosa vorrebbe fare “da grande” Fulvia? “Per ora comperare più case possibili nella fascia di prezzo che va fino a 35 mila dollari totali, ristrutturazione compresa, e poi metterle in affitto con una rendita del 15%-30% per avere un flusso di cassa costante”. La società di cui Fulvia è manager acquista altri immobili ogni mese, reinvestendo gli utili provenienti dagli affitti e beneficiando della rivalutazione degli immobili stessi (che lentamente sta già verificandosi dopo la lunga crisi immobiliare degli ultimi anni). “La rivalutazione attesa nei prossimi due anni è di oltre il 100% per gli immobili di questo tipo. Questo vuol dire che oltre all’utile proveniente dagli affitti, le società beneficiano di un incremento patrimoniale stimabile attorno al 40%-50% per i prossimi due anni. Chi oggi acquista una casa a 30 mila dollari totali, ristrutturazione compresa, può affittarla a 750 dollari al mese. In due anni percepirà 18 mila dollari di affitto e a fine periodo la sua proprietà potrebbe valere fino a 60 mila dollari”. In questo caso all’atto dell’eventuale vendita i 30mila dollari iniziali avranno reso i 18 mila provenienti dall’affitto più 30 mila provenienti dalla rivalutazione dell’immobile, per un totale di 48 mila dollari di incasso lordo potenziale. Anche applicando una spesa del 20% (circa 9-10 mila dollari) la rendita del capitale iniziale potrebbe arrivare al 65% annuo (calcoli naturalmente ipotetici e che nella realtà possono variare anche sensibilmente in base al prezzo di acquisto dell’immobile e alle spese di gestione). La rendita pare comunque molto promettente anche per i “non addetti al lavoro”, motivo che ha portato recentemente il noto gestore americano Warren Buffet a dichiarare in un intervista che se avesse la possibilità adesso comprerebbe “200 mila case singole della provincia americana” dato che “al momento questo tipo di investimento è l’asset più interessante e produttivo nel lungo periodo”. Per questo, avendo toccato con mano una simile opportunità, Fulvia Arienti porta avanti con determinazione la sua strategia e pazienza se non si chiama Finmeccanica o se non investe i suoi proventi in Btp Italia (che pure è talmente piaciuto ai piccoli risparmiatori italiani da essere emesso per 7,29 miliardi contro gli 1,5-2 miliardi inizialmente previsti).

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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