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Fondi Lega, confermate le condanne per Bossi e Belsito e il sequestro dei 49 milioni di euro

La Corte d’Appello ha confermato oggi le condanne per truffa sui rimborsi elettorali a Umberto Bossi e Francesco Belsito, condannati rispettivamente a 1 anno e 10 mesi al primo e 3 anni e 9 mesi al secondo. Le pene per entrambi risultano più basse rispetto al primo grado poiché su parte degli addebiti è intervenuta la prescrizione.
A cura di Charlotte Matteini
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I famigerati 49 milioni ottenuti dalla Lega allora guidata dal fondatore Umberto Bossi e dal tesoriere Francesco Belsito sono stati illegittimamente sottratti grazie a una serie di operazioni contabili volte a truccare i bilanci e a non lasciare alcuna traccia delle spese private effettuate dalla famiglia del Senatur. Per questo motivo, la Corte d'Appello ha confermato oggi le condanne a Bossi e Belsito, rispettivamente condannati a 1 anno e 10 mesi al primo e 3 anni e 9 mesi al secondo. Le pene per entrambi risultano più basse rispetto al primo grado poiché su parte degli addebiti è intervenuta la prescrizione.

I giudici hanno confermato la confisca dell’intera somma a carico della Lega, dunque la rateizzazione richiesta dal Carroccio proseguirà. La procedura era stata concordata a settembre fra i pm e l’attuale cassiere, il deputato Giulio Centemero, dopo che la Cassazione aveva dato via libera ai sequestri preventivi volti al recupero integrale delle somme illecitamente sottratte dalle vecchia gestione.

Tra le novità più significative della sentenza della Corte d'Appello c'è la riduzione e la restituzione dei beni sequestrati per Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci, i revisori dei conti finiti a loro volta a processo e condannati in primo grado: per il primo la pena richiesta passa da 1 anno e 9 mesi a 4 mesi, per gli altri due imputati da 2 anni e 8 mesi a 8 mesi.

Stefano Aldovisi fu il contabile che nel dicembre 2017 presentò un alla Procura avanzando il sospetto che i famigerati 49 milioni fossero sì stati spesi, ma solo parzialmente e che una parte di essi avrebbe potuto trovarsi su conti paralleli anche esteri per proteggerla da eventuali sequestri. Da quella denuncia è nata un'ulteriore indagine per riciclaggio a carico d’ignoti, inchiesta che ha spinto pubblici ministeri e Guardia di finanza a condurre perquisizioni in una banca di Bolzano e in Lussemburgo.

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