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Femminicidio: nel 2013 uccise 128 donne tra i 15 e gli 89 anni

Il drammatico bilancio presentato a Roma da “Telefono Rosa”: per la prima volta in 7 anni sono state uccise 15 ragazze sotto i 15 anni e aumentano anche i casi di violenza sulle donne dopo una gravidanza e tra fidanzati.
A cura di Susanna Picone
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Leggendo i dati presentati a Roma da “Telefono Rosa” ci si trova dinanzi a un vero e proprio bollettino di guerra. Un massacro compiuto ai danni di fidanzate, moglie, compagne, figlie, sorelle e così via. Donne accoltellate, uccise a colpi di arma da fuoco, picchiate, soffocate dai loro “cari”, dagli uomini della loro vita. Secondo Telefono Rosa  – associazione da 26 anni in prima linea nella lotta contro la violenza di genere –  nel 2013 ci sono stati 128 femminicidi in Italia. Donne di età compresa tra i 15 e gli 89 anni. La ricerca ha analizzato i dati relativi alle 1504 vittime che hanno contattato il Telefono Rosa e due subcampioni di 1290 donne italiane e 214 straniere. I risultati hanno evidenziato uno spostamento dell'età media delle vittime, con un aumento della fascia di età tra 45 e 54 anni, passata dal 25% del 2012 al 28% del 2013, anche se per la prima volta in 7 anni si registrano 15 vittime di età inferiore ai 15 anni. Le straniere si imbattono nella violenza prima delle donne italiane: due su tre hanno un’età compresa tra i 25 e i 44 anni. Aumenta l’età delle vittime e anche quella dei carnefici: il segmento di violenti di età superiore ai 55 anni (il 17% ha tra i 55 e i 64 anni e il 10% oltre i 65 anni) passa dal 22% del 2012 al 27% di quest'anno. La quota più ampia di aggressori, pari al 58% del campione, resta concentrata nell'età di mezzo, tra i 35-44 anni (29%) e i 45-54 anni (29%). Il restante 15% di violenti si annida tra i giovani con un'età inferiore a 34 anni.

Sfatato il pregiudizio che lega l’insorgere della violenza all’arretratezza culturale: il 21% delle donne è laureata e un ulteriore 53% ha un diploma. Non è solo all'interno di contesti degradati, dunque, che bisogna individuare i carnefici e non basta l'emancipazione culturale a proteggere le potenziali vittime. Per quanto riguarda i carnefici, il 64% ha un grado d’istruzione medio-alto con il 44% diplomato e il 20% laureato. Le posizioni professionali più rappresentate dai violenti sono gli impiegati, anche di alto livello (17%), gli operai (16%) e i liberi professionisti (13%). Dalla ricerca è emerso anche che sono sempre di più le donne che denunciano maltrattamenti in concomitanza con una gravidanza o con la nascita dei figli, aumenta inoltre anche la quota di donne vittime di violenza già durante il fidanzamento. Si parla di una violenza che assume tante forme, anche economiche. Il 13% delle donne dice di subire violenza economica, tra cui la mancanza di sostegno o la mancata corresponsione degli alimenti. La violenza economica, tesa a ledere la capacità di autonomia della donna, quando si esprime attraverso la mancanza di sostegno o la mancata corresponsione degli alimenti, danneggia soprattutto i figli, vittime della stessa violenza agita contro la madre.

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