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Fabiana, bruciata viva dall’ex fidanzato: confermata la condanna a 18 anni per il giovane

La Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado che riconosceva Davide Morrone colpevole di aver accoltellato e bruciato ancora viva la 16enne Fabiana Luzzi a Corigliano Calabro (Cosenza). Esclusa quindi l’aggravante della premeditazione.
A cura di Biagio Chiariello
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La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di reclusione inflitta dalla sezione minori della Corte d’appello di Catanzaro nel 2014 a Davide Morrone, oggi ventenne, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Fabiana Luzzi, di 16 anni, uccisa con 24 coltellate nel 2013 a Corigliano Calabro (Cosenza). La ragazza fu data alle fiamme quando era ancora viva. In primo grado Morrone, minorenne all’epoca dei fatti, era stato condannato a 22 anni escludendo l'aggravante della premeditazione, pena poi ridotta in quanto in Appello gli è stata riconosciuta la semi-infermità mentale, in accolta della richiesta del suo legale, l’avvocato Giovanni Zagares. Nei giorni scorsi, il padre della vittima aveva chiesto in una lettera aperta di riconoscere al giovane l’ergastolo: “Altro che riduzione – aveva detto Mariano Luzzi – dovrebbe stare in carcere per il resto della vita”.

Il caso dell'omicidio di Fabiana Luzzi

Secondo quanto ricostruito durante questi tre anni di processi, Davide Morrone, per uccidere la ex fidanzata, l’attirò in una trappola dopo essere andato a prenderla all'uscita di scuola. Morrone chiese a Fabiana di raggiungerlo in un luogo isolato per discutere di questioni riguardanti la loro storia d’amore. Una volta raggiunto il luogo dell’incontro, tra i due giovani si accese subito una discussione al culmine della quale Morrone colpì più volte con un coltello la ex fidanzata, lasciandola agonizzante. A quel punto, il ragazzo si allontanò per procurarsi una tanica con del liquido infiammabile e tornò dopo circa un’ora sul posto. Versò il liquido sul corpo di Fabiana, che in quel momento, come è stato accertato, era ancora viva, e le diede fuoco. Una fine orribile, quindi, quella della 16 enne.

 "E' impossibile pensare che lui non avesse premeditato l'omicidio perché quella mattina uscì da casa con il coltello già in tasca". Aveva detto Rosa Luzzi, madre di Fabiana, commentando la sentenza di primo grado  che escludeva l'aggravante della premeditazione. "Avrebbero potuto confermare – ha aggiunto la madre di Fabiana – i 22 anni del primo grado. Come si fa poi a parlare di seminfermità mentale, che gli è stata nuovamente riconosciuta dalla Cassazione, quando io quel giorno gli ho parlato al telefono, dopo che aveva accoltellato Fabiana ma non l'aveva ancora bruciata, ed ha risposto a tutte le mie domande in modo freddo e lucido. Per me è impensabile che per la vita di mia figlia abbia deciso lui ed i giudici invece abbiano deciso per lui".

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