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Covid 19

Vaccino Oxford-AstraZeneca, al volontario morto era stato somministrato il placebo: aveva 28 anni

È João Pedro Feitosa il volontario del vaccino Oxford-AstraZeneca morto lunedì scorso. Aveva 28 anni e si era recentemente laureato in Medicina. Stando a quanto riporta la stampa locale, il decesso sarebbe legato a complicazioni del Coronavirus, a cui era risultato positivo a settembre, ma gli era stato somministrato il placebo e non l’antidoto vero e proprio in fase di sperimentazione.
A cura di Ida Artiaco
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Si chiamava João Pedro Feitosa, aveva 28 anni ed era un medico il volontario brasiliano del vaccino Oxford-AstraZeneca di cui si è avuta notizia delle morte nelle scorse ore. Il decesso, come aveva confermato l'Agência Nacional de Vigilância Sanitária (Anvisa), era avvenuto lunedì scorso, sottolineando che le cause era ancora ignote. Ma questa mattina la stampa locale pare abbia risolto il giallo: al volontario, infatti, che era malato di Coronavirus e che pare abbia avuto delle complicazioni legate all'infezione, faceva parte del gruppo a cui è stato somministrato il farmaco "placebo" e non l'antidoto in fase di sperimentazione, come hanno riportato i media locali. I test di sperimentazione sui vaccini di Oxford University e AstraZeneca, infatti, vengono condotti in "doppio cieco": né i medici né i pazienti, quindi, sanno se ai volontari sia stato somministrato il farmaco oppure un placebo, come dovrebbe essere stato in questo caso.

Come è morto il volontario del vaccino Oxford-AstraZeneca

Il quotidiano Diario do Nordeste riferisce che Feitosa si era recentemente laureato e viveva a Rio de Janeiro, quando è stato contagiato a settembre. Aveva ricevuto la dose del farmaco alla fine di luglio. La stessa Anvisa ha poi dichiarato in una dichiarazione: "In relazione alla morte del volontario del test del vaccino di Oxford, Anvisa è stata formalmente informata di questo fatto il 19 ottobre 2020". La stessa agenzia ha poi sottolineato che la sperimentazione del vaccino continua. "È importante sottolineare – si legge nella nota – che, sulla base degli impegni di riservatezza etica previsti nel protocollo, le agenzie di regolamentazione coinvolte ricevono dati parziali riferiti all'indagine svolta da questo comitato, che ha suggerito che lo studio dovrebbe continuare, quindi il processo rimane sotto valutazione". Il colosso farmaceutico che sta lavorando alla realizzazione del vaccino anti-Covid insieme all'Università di Oxford non ha tuttavia lasciato alcun commento su quanto successo. Un portavoce si è limitato a dire che "le valutazioni effettuate non hanno condotto ad alcuna preoccupazione in merito alla continuazione dello studio in corso" e che tutti i dati della sperimentazione vengono attentamente valutati da un comitato di sicurezza indipendente e dalle autorità di regolamentazione per garantire che il farmaco sia il più affidabile possibile.

Quando arriverà il vaccino anti-Covid

Proprio giorni scorsi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva dichiarato che "se le ultime fasi di preparazione del vaccino Oxford-Pomezia saranno completate nelle prossime settimane, le prime dosi saranno disponibili all'inizio di dicembre". Il capo del governo aveva aggiunto, secondo una indiscrezione riportata nell'ultimo libro di Bruno Vespa, che "già all'inizio avremo i primi due o tre milioni di dosi altri milioni arriveranno subito dopo. La Commissione Europea ha commissionato ad Astrazeneca e ad altre società alcune centinaia di milioni di dosi. Penso che per contenere completamente la pandemia dovremo aspettare comunque la prossima primavera". Anche Piero Di Lorenzo, presidente dell'Irbm di Pomezia, il centro che ha sviluppato insieme all'università di Oxford il candidato vaccino prodotto da AstraZeneca, era stato ottimista: "Ho più volte detto e continuo a dire che se, incrociando le dita, non insorgono problemi nella fase finale della sperimentazione di fase 3, è ragionevolmente credibile che entro l'anno potranno arrivare in Italia i primi 2-3 milioni di dosi del vaccino". Ma non tutti sono dello stesso avviso. Secondo Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'università di Padova, è irrealistico parlare di vaccino prima della fine del 2020.

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