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“Un orrore assoluto”: cosa sappiamo sulla morte in diretta streaming di Jean Pormanove, tra violenze e umiliazioni

Lo streamer francese Raphaël Graven, noto come Jean Pormanove, è morto a 46 anni durante una diretta sulla piattaforma Kick. Da mesi subiva violenze e umiliazioni in live, spesso incentivate da donazioni degli spettatori. La procura di Nizza ha aperto un’inchiesta: sequestrati video e dispositivi, attesa l’autopsia. Il caso ha raggiunto anche i vertici del governo francese: la ministra delegata al Digitale, Clara Chappaz, ha parlato apertamente di “orrore assoluto”.
A cura di Biagio Chiariello
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Nella notte tra domenica e lunedì, la comunità online è stata scossa dalla notizia della morte dello streamer Raphaël Graven, conosciuto dal pubblico come Jean Pormanove o semplicemente JP. La sua scomparsa – avvenuta durante un live sui social trasmesso da Contes, nelle Alpi Marittime – ha acceso i riflettori non solo sul mondo delle piattaforme di streaming, ma anche sulla deriva di certi contenuti che da mesi lo vedevano protagonista di violenze e umiliazioni davanti a migliaia di spettatori.

Il caso ha raggiunto anche i vertici del governo francese: la ministra delegata al Digitale, Clara Chappaz, ha parlato apertamente di "orrore assoluto", chiedendo chiarimenti e coinvolgendo le autorità competenti. Ma cosa è successo davvero? E chi erano le persone che ruotavano attorno a JP?

Chi era Jean Pormanove e con chi condivideva le dirette streaming

Il 46enne Raphaël Graven, alias Jean Pormanove, era seguito da centinaia di migliaia di utenti per i suoi video particolari: contenuti in cui accettava di essere bersaglio di violenze e scenette degradanti. Attorno a lui si muovevano altri due streamer molto presenti nei suoi live: Owen Cenazandotti, 26 anni, noto online come Narutovie e Safine Hamadi, noto solo come Safine, 23 anni.

Nei filmati – molti ancora reperibili in rete – si vedevano scene estreme: JP colpito con pallini da paintball senza protezioni, picchiato in mezzo a sessioni di gaming, spinto a recitare sempre il ruolo della vittima, tanto in pubblico quanto in privato. Un copione che, sebbene apparentemente consensuale, lasciava emergere una dinamica squilibrata e inquietante. L'ultimo live è durato ben 298 ore, più di dodici giorni. Raphaël non n'è uscito vivo.

Le dirette venivano trasmesse soprattutto su Kick, piattaforma australiana concorrente di Twitch, conosciuta per regole di moderazione molto più permissive.

L’inchiesta di Mediapart e i primi sospetti

Già a fine 2024 la vicenda di JP era finita sotto i riflettori. Il sito Mediapart aveva pubblicato un’inchiesta denunciando le violenze e le umiliazioni che lo streamer subiva davanti alla telecamera, spesso con la complicità di Narutovie e Safine.

Dopo quell’articolo, la procura di Nizza aveva aperto un’indagine preliminare a carico dei due per “istigazione all’odio o alla violenza verso persone con disabilità” e “violenze aggravate su persone vulnerabili”. Entrambi furono fermati e poi rilasciati: si difesero sostenendo che si trattava di “scene montate per fare spettacolo e guadagnare denaro”.

Anche JP, sentito dagli inquirenti, minimizzò: dichiarò di non essere mai stato ferito e rifiutò qualsiasi visita medica o psicologica, ribadendo di agire in piena libertà.

L’ultima diretta e l’annuncio della morte

Lunedì mattina, in un live trasmesso su Kick, JP appare immobile a letto, coperto da una coperta. Accanto a lui ci sono due uomini. In un momento del video, uno – che sembra essere Narutovie – gli lancia addosso una bottiglietta d’acqua. Pochi istanti dopo, la scena si interrompe.

Sempre lunedì, Narutovie pubblica un post su Instagram confermando la morte di JP: "Mio fratello, il mio compagno, il mio partner", scrive, chiedendo al pubblico di non condividere il video degli ultimi istanti. La procura di Nizza confermerà ufficialmente la notizia il giorno successivo: Raphaël Graven è morto durante una diretta streaming.

L’indagine e l’autopsia

Martedì, la magistratura ha aperto un fascicolo per accertare le cause della morte. Le indagini sono affidate alla polizia giudiziaria di Nizza, già incaricata dell’inchiesta aperta d’ufficio nel dicembre 2024.

Sono stati sequestrati telefoni, computer e video per ricostruire gli eventi che hanno preceduto il decesso. Diversi testimoni presenti in casa sono stati ascoltati, ma – precisa la procura – finora nessuno ha fornito elementi decisivi. L’autopsia è stata programmata per giovedì e dovrà stabilire se la morte sia stata accidentale, provocata da maltrattamenti o da altre cause.

L’avvocato di Safine, Kada Sadouni, intanto, ha dichiarato a franceinfo che "tutte le scene considerate maltrattamenti erano in realtà frutto di uno script, con la piena consapevolezza di tutti i partecipanti". Ha anche ricordato che "la presunzione di innocenza deve valere", denunciando la pressione dell’opinione pubblica che "ha già condannato" il suo assistito.

La reazione del governo e il ruolo della piattaforma Kick

La vicenda ha subito assunto un peso politico. Clara Chappaz ha annunciato di aver segnalato il caso all’Arcom (l’Autorità francese di regolazione dei media), sottolineando che JP era stato "umiliato e maltrattato per mesi in diretta su Kick". La ministra ha attivato anche il portale Pharos, che raccoglie segnalazioni su contenuti online, e ha chiesto spiegazioni dirette ai responsabili della piattaforma.

Arcom ha avviato verifiche insieme all’Ufficio anti-cybercriminalità (OFAC) e si è messa in contatto con le autorità europee, incluso il regolatore tedesco BNetzA, che già a gennaio aveva richiamato Kick per non aver nominato un rappresentante legale nell’Unione Europea come richiesto dal Digital Services Act (DSA). Se la piattaforma non si adeguerà, i coordinatori digitali di tutta l’UE potranno intervenire per imporre il rispetto delle regole.

Da parte sua, Kick ha diffuso una nota ufficiale: "Siamo profondamente addolorati per la perdita di Jean Pormanove. Stiamo esaminando urgentemente le circostanze e collaborando con le autorità. Le regole della nostra community servono a proteggere i creatori e ci impegniamo a farle rispettare".

Un universo fatto di donazioni e spettacolarizzazione

Kick, nata nel 2022, ha saputo attirare molti streamer grazie a condizioni economiche molto favorevoli: la piattaforma lascia ai creatori fino al 95% delle entrate da abbonamenti e permette di guadagnare somme consistenti con le donazioni live.

E proprio durante la diretta che ha mostrato gli ultimi momenti di JP, sullo schermo compariva un timer con oltre 298 ore consecutive di streaming e un contatore che segnava 36.411 euro raccolti. Un dato che racconta meglio di qualsiasi parola la spettacolarizzazione estrema e il giro di denaro che circolava attorno a questi contenuti.

Un caso che interroga tutti

La morte di Jean Pormanove non è solo una tragedia personale: è un campanello d’allarme su quanto certi contenuti, apparentemente "ironici" o "consensuali", possano degenerare in dinamiche pericolose e autodistruttive.

L’inchiesta giudiziaria e l’autopsia diranno se JP è stato vittima di violenza, di abuso o di un incidente. Ma già oggi, la vicenda solleva domande urgenti sulla responsabilità degli streamer, delle piattaforme e degli spettatori che, con visualizzazioni e donazioni, alimentano un meccanismo sempre più spietato.

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