In Sudan i ribelli RSF entrano a El Fasher, cosa sta succedendo: le radici della guerra e la crisi umanitaria

Una nuova, drammatica svolta ha colpito il Sudan. Dopo oltre due anni e mezzo di guerra, il 26 ottobre le Forze di supporto rapido (RSF) hanno annunciato la conquista del quartier generale dell’esercito governativo a El Fasher, capitale del Darfur settentrionale e ultima roccaforte delle Forze armate sudanesi (SAF) nella regione. La città, assediata da 18 mesi e teatro di brutali combattimenti, è da tempo al centro di una delle peggiori crisi umanitarie del pianeta, una crisi oltretutto largamente ignorata dal resto del mondo.
Bisogna risalire al 25 ottobre, sabato scorso, per comprendere quello che è avvenuto successivamente: quel giorno, dopo intensi e perduranti bombardamenti, le truppe regolari si sono ritirate "per evitare la distruzione della città e salvare i civili", come ha dichiarato il generale Abdel Fattah al-Burhan in un discorso televisivo. Ma la ritirata dell’esercito ha aperto la strada alle milizie guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti e a capo della RSF, che hanno rapidamente occupato gli edifici del governo regionale e le principali istituzioni cittadine.
Con la caduta di El Fasher, le RSF hanno di fatto consolidato il controllo di tutto il Darfur e puntano ora a espandersi verso il Kordofan, dove il 25 ottobre hanno già conquistato la città di Bara. Il Sudan rischia così di dividersi definitivamente in due blocchi, come la Libia dopo il 2011: due governi rivali, due eserciti, due Paesi nello stesso territorio.

Le radici della guerra in Sudan
Ma facciamo un passo indietro. Il conflitto esploso nell’aprile 2023 affonda le sue radici nelle lotte di potere interne all’apparato militare sudanese dopo la caduta del dittatore Omar al-Bashir nel 2019. Inizialmente, l’esercito regolare (Sudan Armed Forces, SAF) guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan e le Forze di supporto rapido (RSF) del generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, avevano condiviso la gestione della transizione post-Bashir, promettendo di accompagnare il Paese verso un governo civile.
Ma le tensioni tra i due apparati – legate al controllo delle risorse, alle cariche di potere e all’integrazione delle RSF nell’esercito – sono presto esplose. Hemeti, a capo di una milizia potente e autonoma, ha rifiutato di sottomettersi alla catena di comando regolare, mentre al-Burhan ha cercato di ridimensionarne l’influenza.
Il fragile equilibrio si è spezzato nell’aprile 2023, quando le trattative per un nuovo governo civile si sono arenate e scontri armati sono scoppiati a Khartoum, la capitale, diffondendosi rapidamente in tutto il Paese. Da allora, la guerra è diventata un conflitto di potere totale, aggravato da rivalità etniche, interessi economici e dall’intervento di potenze regionali, trasformando il Sudan in uno dei più vasti scenari di crisi umanitaria al mondo.

Timori per l'incolumità di una popolazione di 250mila civili, la metà bambini
Al di là degli equilibri di potere, comunque, quel che più preoccupa nell'immediato – come spiega Nigrizia – è "l’incolumità dei 250mila civili, la metà dei quali bambini, rimasti intrappolati a El Fasher. L’ingresso dei miliziani nella città e la presa del quartier generale dell’esercito si sono sovrapposti all’interruzione delle comunicazioni e di Internet, cosa che alimenta timori di abusi contro i civili e i prigionieri di guerra. Da tempo infatti, gli attivisti avvertono che un’eventuale presa della città da parte delle RSF avrebbe portato anche ad attacchi etnici, come avvenuto dopo la presa del campo di sfollati di Zamzam, a sud della città".
"Esecuzioni, stupri e fame usata come arma di guerra": l’allarme dell’ONU
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha confermato i timori di un grave peggioramento della crisi umanitaria definendo "allarmanti" i rapporti provenienti da El Fasher e Bara. Secondo il comunicato diffuso il 27 ottobre, le RSF sarebbero responsabili di esecuzioni sommarie di civili e prigionieri di guerra, alcune motivate da appartenenze etniche. Le vittime accertate, sempre tra i civili, sono almeno 1.350. "Il rischio di nuove atrocità cresce di giorno in giorno – ha dichiarato l’Alto Commissario Volker Türk -. È urgente adottare misure concrete per proteggere i civili e garantire un passaggio sicuro a chi cerca rifugio".
Le Nazioni Unite segnalano inoltre violenze sessuali contro donne e ragazze, arresti arbitrari e uccisioni di persone non più coinvolte nei combattimenti. In diversi video verificati dagli osservatori ONU si vedono decine di uomini disarmati uccisi o distesi a terra, circondati da combattenti RSF che li accusano di collaborare con l’esercito regolare. Türk ha ricordato che la fame non può essere usata come arma di guerra e ha chiesto agli Stati che esercitano influenza sulle parti in conflitto di agire per fermare gli abusi e garantire l’accesso umanitario. "Le Rsf devono adottare misure immediate per porre fine agli abusi contro i civili a El Fasher e Bara, comprese le violenze su base etnica e gli attacchi di rappresaglia", ha affermato Türk, ricordando ai comandanti delle RSF i loro obblighi "ai sensi del diritto internazionale umanitario di proteggere i civili e consentire il passaggio sicuro di aiuti e rifornimenti essenziali".

La catastrofe umanitaria secondo Medici Senza Frontiere
Sul terreno, anche l’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) lancia un grido d’allarme. A Tawila, sessanta chilometri da El Fasher, le sue équipe stanno ricevendo ondate di feriti e sfollati in fuga dai combattimenti.
Tra il 26 e il 27 ottobre, circa mille persone sono arrivate a bordo di camion, molte in condizioni disperate. MSF riferisce di decine di pazienti feriti da armi da fuoco o esplosioni, di bambini malnutriti e di una situazione sanitaria ormai fuori controllo. Il 75% dei minori di cinque anni visitati mostra segni di malnutrizione acuta, e un quarto di loro in forma grave.
"El Fasher è al collasso – spiega l’organizzazione in una nota -. Da oltre 500 giorni le RSF impediscono l’ingresso di cibo e medicinali: i mercati sono vuoti, le mense comunitarie chiuse, i prezzi fuori controllo". MSF chiede che venga risparmiata la vita dei civili e che sia consentito un passaggio sicuro verso aree più sicure. Ma mentre l’assedio si intensifica, decine di migliaia di persone restano intrappolate nella città, senza acqua, cibo né vie di fuga.
Sudan, un Paese sull’orlo del baratro: si aggrava la crisi umanitaria
La guerra in Sudan, iniziata nell’aprile 2023, ha già causato oltre 10 milioni di sfollati interni, distrutto intere città e devastato il sistema sanitario. L’offensiva delle RSF a El Fasher segna non solo una svolta militare, ma anche politica: l’esercito di al-Burhan perde il suo ultimo baluardo nel Darfur, mentre Hemeti consolida il proprio controllo su un vasto territorio occidentale. Nel frattempo, però, è la popolazione civile a pagare il prezzo più alto tra fame e bombardamenti.