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Scandalo Uber Files, pressioni sui governi mondiali per imporsi nel settore taxi: coinvolto Macron

Da quanto emerge dagli Uber Files, oltre 124mila documenti confidenziali interni alla società americana, dal 2013 al 2017 sarebbero state fatte pressioni sui leader mondiali per scombussolare il settore dei taxi. Tra i nomi di spicco coinvolti ci sarebbero quelli di Macron e Joe Biden.
A cura di Ida Artiaco
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Pressioni sui governi mondiali per sconvolgere il settore dei taxi e imporsi come leader in quello dei trasporti. È questo quanto emerge dai cosiddetti Uber Files, oltre 124mila documenti confidenziali interni a Uber, tra cui oltre 83mila email, sms, presentazioni, che il quotidiano inglese The Guardian insieme a un consorzio di giornali internazionali ha potuto visionare in anteprima. La notizia arriva quando in Italia i tassisti minacciano nuovi scioperi contro l'articolo 10 del Ddl Concorrenza, colpevole di "delegittimare il settore a favore delle multinazionali", tra cui proprio Uber.

I documenti in questione sono relativi al periodo compreso fra il 2013 e il 2017, quando alla guida della startup con sede a San Francisco c’era Travis Kalanick, che rivelano un sistema di lobbying e pubbliche relazioni attuato dalla società per provare a ottenere l’appoggio di politici di spicco per scombussolare il settore dei taxi, in particolare in Europa.

Le cifre investite a questo scopo sono considerevoli: nel solo 2016, Uber avrebbe investito 90 milioni di dollari per attività di lobbying e relazioni pubbliche.

Tra i dettagli più importanti, c'è sicuramente il coinvolgimento del presente francese Macron: quando era ministro delle Finanze, tra il 2014 e il 2016, avrebbe "segretamente aiutato Uber a fare lobbying in Francia", scrive il Guardian, sottolineando che allora permise "a Uber accesso frequente e diretto a lui e al suo staff".

Non solo. Dai file risulta inoltre che Uber avrebbe provato a fare lobbying anche sull’attuale cancelliere tedesco Olaf Scholz, ai tempi sindaco di Amburgo e che si opponeva a Uber, e sull’attuale presidente Usa Joe Biden, che all'epoca era vice presidente di Barack Obama, durante forum economico mondiale di Davos.

Il Guardian scrive che "dopo l’incontro, pare che Biden abbia modificato il proprio discorso per lodare gli amministratori di aziende come Uber".

Gli Uber files contengono anche varie conferme di come Uber abbia usato accorgimenti tecnologici per sfuggire ai controlli delle autorità. Per esempio, l’azienda aveva fatto installare su tutti i suoi sistemi informatici un “kill switch”, una "interruttore d’emergenza", cioè un sistema che rendeva immediatamente non accessibili tutti i computer di una determinata sede, nel caso in cui fosse in corso un controllo delle autorità negli uffici.

Il colosso americano, che dal 2016 è guidato da Dara Khosrowshahi, si è difeso, affermando che "non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali. Chiediamo invece al pubblico di giudicarci in base a ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e cosa faremo negli anni a venire". Non è chiaro tuttavia se i comportamenti di Uber descritti nelle rivelazioni costituiscano reato e potranno portare all’apertura di grosse indagini.

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