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Perché l’attacco in Qatar dimostra che Israele non vuole la pace e che nessuno vuole davvero fermarli

La reazioni di pacata condanna ai raid israeliani in Qatar, dove erano in corso i negoziati per la pace in Palestina, dimostrano ancora una volta che nessuno è davvero impegnato a fermare Netanyahu, il cui unico scopo è una guerra permanente che abbia come scopo l’occupazione a lungo termine dei territori palestinesi.
A cura di Giuseppe Acconcia
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Martedì Israele ha attaccato i leader di Hamas che si trovavano a Doha in Qatar per negoziare il cessate il fuoco con Tel Aviv. Secondo i media israeliani, 15 jet sono stati usati per un attacco mirato, mentre testimoni in Qatar hanno riferito di aver udito almeno sette esplosioni distinte nel quartiere di Katara, solitamente molto frequentato dai turisti. Il movimento che governa la Striscia di Gaza, decimato da due anni di conflitto, ha fatto sapere che sei dei suoi membri, incluso il figlio del suo leader in esilio Khalil al-Hayya, insieme a un esponente delle forze di sicurezza del Qatar, sono stati uccisi nei raid ma che la leadership del gruppo è rimasta illesa.

Le reazioni di Trump

Fino a questo momento il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è apparso completamente appiattito su posizioni a favore di Israele nel conflitto a Gaza, come ha dimostrato il via libera al piano di pulizia etnica per la costruzione nella Striscia della così detta "Riviera del Medio Oriente", salutato con favore dal presidente Usa.

Tuttavia, in occasione degli attacchi di ieri, Trump ha detto che è stato "sbagliato" colpire il Qatar. Il presidente Usa ha però sostenuto di essere stato informato dei raid e di aver chiesto all’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff, di darne comunicazione alle autorità qatarine che però avrebbero ricevuto la notizia "troppo tardi", a raid già iniziati.

Le dichiarazioni di condanna dei raid questa volta non si sono fatte attendere. "Bombardare unilateralmente il Qatar, uno stato sovrano e alleato degli Stati Uniti che sta lavorando duramente con non pochi rischi per arrivare alla pace, non favorisce gli obiettivi di Israele e Stati Uniti", ha sostenuto la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. "Tuttavia, eliminare Hamas, che ha approfittato della miseria di chi vive a Gaza è un obiettivo", ha aggiunto.

Non è la prima volta che il Qatar viene preso di mira

Lo scorso giugno l'Emirato era stato colpito da un raid iraniano contro la base Usa di al-Udeid in Qatar, segnando la conclusione della guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran.

Per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, i raid del 9 settembre sarebbero "completamente giustificati" perché prendono di mira i leader di Hamas che sarebbero implicati nell'organizzazione degli attacchi del 7 ottobre 2023 che costarono la vita a 1200 israeliani con la presa in ostaggio di 250 persone, di cui 48 ancora nelle mani del gruppo a Gaza. La guerra che va avanti da due anni ha provocato 65mila morti e la distruzione della Striscia nel genocidio, denunciato dai principali organismi internazionali e dalla mobilitazione della società civile in tutto il mondo.

Lo scorso anno, la leadership storica di Hamas e i suoi principali alleati sono stati decimati dai raid israeliani, a partire dall’uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran, fino ai raid che hanno colpito il leader del movimento sciita libanese Hezbollah, Hassan Nasrallah, e Yahya Sinwar a Gaza.

Una trappola per Hamas

A questo punto, manca completamente il clima di fiducia per arrivare a un'intesa per il cessate il fuoco, dopo gli attacchi di martedì a Doha. E i timori che il piano per far fallire i negoziati coinvolgano anche gli Stati Uniti non sono pochi. Per la leadership Hamas, la proposta Usa di cessate il fuoco è stata usata come un diversivo per “portare i membri di Hamas all’incontro e attaccarli”.

Già da giorni il comandante dell'esercito israeliano, Eyal Zamir, aveva sostenuto che i leader di Hamas all'estero sarebbero stati presi di mira. "Gran parte della leadership di Hamas è all’estero, li raggiungeremo", aveva sostenuto lo scorso 31 agosto. "Possano morire tutti i nemici di Israele", aveva rincarato la dose il ministro della Cultura, Miki Zohar.

Dal canto loro, le autorità israeliane hanno sostenuto che l’attacco a Doha sia stato approvato in risposta all'attentato che lo scorso lunedì ha colpito un autobus a Gerusalemme causando la morte di sei israeliani.

Archiviando il negoziato

Negli ultimi due anni, il Qatar è stato centro degli sforzi diplomatici per arrivare a un cessate il fuoco che porti finalmente alla fine della guerra a Gaza. La diplomazia dell'Emirato è stata impegnata più di ogni altro paese, incluso l'Egitto, a trovare una soluzione di lungo termine al conflitto dimostrando le buone capacità diplomatiche delle autorità del Qatar, spesso accusate di aver sostenuto la Fratellanza musulmana in Nord Africa e Medio Oriente.

Hamas ha accettato una bozza preliminare di accordo che avrebbe portato a una nuova tregua, dopo quella avviatasi il 19 gennaio e conclusasi il primo marzo, che non è mai stata accettata da Israele. Le autorità israeliane sono invece impegnate nel piano di svuotamento e di occupazione di Gaza, già sotto il controllo israeliano per oltre il 40 per cento, nonostante le accuse della comunità internazionale di aver già causato oltre l’83 per cento di vittime civili in un conflitto che sembra non avere fine.

La distruzione di Hamas

L’attacco del 9 settembre dimostra ancora una volta che Israele non è interessato a trovare una soluzione negoziale al conflitto. L’unico obiettivo di Netanyahu è la completa distruzione di Hamas e l’occupazione permanente della Striscia, da trasformare in un’opportunità immobiliare per i coloni israeliani cancellando qualsiasi possibilità di arrivare alla formazione di uno stato palestinese.

Non solo, più va avanti il processo di riconoscimento dello stato palestinese da parte di Francia, Gran Bretagna, Canada e Australia, in risposta ai continui raid israeliani e alla crisi umanitaria nella Striscia, più avanza il piano di costruzione delle colonie e di annessione di Cisgiordania e Gerusalemme Est da parte israeliana. Come se non bastasse, lo scorso 22 agosto, anche le Nazioni Unite hanno confermato che a "Gaza è in corso una carestia interamente causata dall’uomo".

Il calcolo di Netanyahu è che, con la presidenza Trump, gli Stati Uniti continueranno a lasciar fare Israele nel suo progetto di annessione dei territori palestinesi e renderanno vane le prese di posizione di alcuni paesi europei a favore della Palestina, come Spagna e Irlanda, e campagne internazionali, come quella promossa dalla Freedom Sumud Flotilla. Due delle imbarcazioni, di cui una della delegazione spagnola, dell’iniziativa umanitaria che sta portando aiuti a Gaza con 350 attivisti da tutto il mondo, inclusa Greta Thunberg, sono state colpite da droni in Tunisia.

Un nuovo fronte di guerra

E così gli attacchi israeliani in Qatar segnano l'apertura di un nuovo fronte di guerra da parte israeliana, insieme ai sette in cui Tel Aviv è già impegnata: Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Iraq, Yemen e Iran. In questo modo, la guerra che va avanti da due anni continua ad estendersi e a coinvolgere i paesi vicini in via diretta o indiretta, come è avvenuto per esempio con la Giordania che in occasione dei raid iraniani contro Israele ha intercettato alcuni droni di Teheran.

E così il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Al Thani, ha accusato Israele di sabotare qualsiasi chance di pace accusando Netanyahu di praticare "terrorismo di stato". "Il Qatar si riserva il diritto di rispondere a questo attacco e prenderà tutte le misure necessarie per farlo", ha aggiunto sostenendo che nulla fermerà gli sforzi negoziali del paese.

Anche la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, la cui opinione pubblica è duramente contraria alla guerra a Gaza, ma che continua a fare affari miliardari con Israele, ha accusato le autorità di Tel Aviv di "terrorismo di stato". Le stesse parole sono arrivate da parte del segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, che ha promosso un piano di ricostruzione di Gaza alternativo alle deportazioni volute da Israele. Netanyahu "non si preoccupa delle conseguenze delle sue azioni vergognose", ha sostenuto Gheit.

Reazioni simili sono arrivate dal premier britannico, Keir Starmer, che condannando l’attacco si è detto preoccupato dei rischi di una nuova escalation regionale. Tuttavia, e nonostante le polemiche, Starmer incontrerà mercoledì a Londra il presidente israeliano, Isaac Herzog.

La pietra tombale dei colloqui

Gli attacchi di Tel Aviv a Doha rischiano di rappresentare la pietra tombale per i colloqui di pace in corso in Qatar. I principali interlocutori e le diplomazie del mondo arabo sono in questa fase estremamente scettici sulla possibilità di ripresa dei negoziati.

Questa sfiducia è stata chiaramente causata non solo dall'intento genocidiario di Israele nella guerra a Gaza ma soprattutto dall'obiettivo, sempre più evidente, di proseguire con una guerra permanente che abbia come scopo l'occupazione a lungo termine dei territori palestinesi e la fine definitiva di qualsiasi forma di resistenza, inclusa la distruzione di Hamas, il disarmo di Hezbollah e l’indebolimento sostanziale delle capacità militari di Teheran.

Tuttavia, i palestinesi di Gaza non lasceranno la loro terra e sono intenzionati a rimanere perché sanno che se andranno via non potranno più fare ritorno nelle loro case, come avvenne nel 1948, l’anno della fondazione dello stato di Israele.

La reazioni di pacata condanna ai raid israeliani in Qatar dimostrano ancora una volta che nessuno è davvero impegnato a fermare il premier israeliano, nonostante le manifestazioni di dissenso interno. Netanyahu continua ad essere intenzionato a creare al confine tra Gaza ed Egitto un vero e proprio campo di concentramento per i palestinesi che non vorranno lasciare volontariamente la Striscia, nell'assenza di una reazione forte e irremovibile di Unione europea e comunità internazionale che limiti finalmente le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte israeliana.

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