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Perché la Corea del Nord rischia di innescare davvero la guerra nel Pacifico

Da una parte, la Nord Corea non ha mai smesso di effettuare test missilistici e quelli sul Giappone possono essere letti come una risposta alle esercitazioni Usa. Dall’altra, Kim mostra vicinanza a Putin e testa nuove potenti armi in una situazione di tensione crescente e “nuova normalità” nel Pacifico e intorno a Taiwan.
A cura di Gian Luca Atzori
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Martedì 4 ottobre, alle 7:30 del mattino il nord del Giappone si è svegliato con l’allarme di un attacco missilistico nordcoreano e con l’avviso per i cittadini di cercare rifugio. Il missile balistico, in grado di trasportare una testata nucleare, ha percorso la distanza record di 4.600km. E’ il primo a sorvolare lo stato nipponico negli ultimi 5 anni, l'ultimo fu il 15 settembre 2017.

Negli ultimi anni e mesi, Pyongyang non ha mai smesso di effettuare test missilistici. Dal primo del 1984 a oggi, ha effettuato oltre 150 test, di cui solo 31 avviati dai precedenti leader Kim Il-sung e Kim Jong-il. Nel 2020 ne sono stati svolti 8 e nel 2021 altri 4. La pandemia ha ridotto gli sforzi, ma il 2022 e la situazione in Ucraina li hanno riaccesi più forti che mai. Secondo le autorità sudcoreane, da gennaio la DPRK ha lanciato 20 missili balistici e 2 da crociera, alcuni dei quali la settimana scorsa durante la visita a Seoul della Vice-Presidente americana Kamala Harris. Perché allora il lancio di martedì dovrebbe rappresentare un pericolo o una novità?

Ciò che principalmente preoccupa gli analisti è riassunto efficacemente in un titolo del New York Times: “Un vecchio copione in un nuovo mondo”. La crescita delle tensioni nell’area all’interno di una nuova situazione geopolitica con un nuovo status quo da contendersi e nuove tecnologie militari a disposizione. Un insieme di fattori che rende la situazione nel Pacifico ancora più tesa di quanto già non fosse.

La lettura di Pyongyang

Per Pyongyang questo test è inteso come una risposta agli americani che stanno conducendo diverse esercitazioni militari nel Mar del Giappone in sinergia con Seul e Tokyo. I test missilistici della settimana scorsa sono infatti stati effettuati in seguito all’esercitazione sottomarina congiunta svolta da Usa, Giappone e Corea del Sud, anch’essa la prima negli ultimi 5 anni. Già nel 2017, la risposta di Trump ai test nordcoreani fu quella di inviare bombardieri supersonici e caccia vicini a Pyongyang. La reazione di Kim fu quella di lanciare un missile balistico intercontinentale, minacciando di raggiungere il continente americano.

Attualmente ci sono circa 28 mila truppe Usa in Corea del Sud e, con lo scoppio del conflitto ucraino e le tensioni crescenti intorno a Taiwan c’è stato un ulteriore avvicinamento alla Nato da parte di Seoul e di Tokyo. Il Giappone ancora sconvolto dall’omicidio di Abe ha cambiato la sua costituzione pacifista, considera di ospitare l’atomica e teme per i suoi vicini nucleari, Nord Corea, Cina e Russia. La nuova presidenza di Seoul cambia invece il suo approccio di dialogo con Pyongyang rispetto a quando nel 2018 ci fu l’incontro tra l’ex-presidente Moon e Kim, con la storica stretta di mano sul 38° parallelo.

La risposta di Seoul

Infatti, la risposta di Corea del Sud e Usa è stata congiunta. Martedì ci sono state delle esercitazioni nella penisola che hanno coinvolto 8 jet da combattimento. Mercoledì, la sudcoreana Joint Chiefs of Staff (JCS) ha affermato che Seoul e Washington hanno lanciato quattro missili terra-terra con l’obiettivo, riporta l’agenzia Yonhap, di “dimostrare la capacità degli alleati di deterrere ulteriori provocazioni”. Tuttavia, uno di questi missili è precipitato all’interno della base aerea. Nonostante non abbia causato alcun ferito, l’impatto e il fuoco hanno preoccupato gli abitanti della cittadina costiera di Gangneung che, secondo quanto riportato da Associated Press, hanno pensato ad un possibile attacco nordcoreano. Oltre alla preoccupazione dei cittadini, c’è stato l’imbarazzo delle autorità nell’aver fallito una prova di forza e deterrenza.

Una prova di forza che per Pyongyang è invece tra le più grandi della sua storia, con missili più difficili da intercettare e in grado di raggiungere realmente l'isola di Guam, militarizzata dagli Usa, come già minacciato nel 2017 con il Hwasong-12. Secondo diversi analisti il principale obiettivo di Kim è di modernizzare l’esercito e l’arsenale, portando Washington ad accettare lo status “irreversibile” di potenza nucleare. Tuttavia, come affermato sulla Cnn dal portavoce per la difesa americana John Kirby, gli Usa pretendono “la denuclearizzazione della penisola” ma il paese “non ha mostrato un inclinazione a muoversi in tale direzione. Al contrario, continuano i test che sono una violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.”

La “nuova normalità” nel Pacifico

In ultimo, fattore più importante, la situazione geopolitica in Asia-Pacifico sta peggiorando rapidamente. La Nord Corea è l'unico paese che ha da trarre vantaggio da una situazione di caos e tensioni crescenti nell'area e intorno a Taiwan. I precedenti che sta creando Putin potrebbero far sentire Kim (il quale ha riconosciuto le annessioni in Ucraina) sempre più legittimato ad usare la forza e la minaccia nucleare per imporsi o pretendere maggiori attenzioni e rivendicazioni. Un fatto che in un simile contesto lo avvicina anche a Xi, nonostante il difficile rapporto tra i tre Presidenti. Se gli Stati Uniti puntano a influenzare Giappone e Corea del Sud per gestire la situazione nell’area ed evitare uno scontro diretto Usa-Cina, lo stesso potrebbe fare Pechino approfittando delle manovre anti-americane di Pyongyang, anche se è incerto quanto siano allineate. La Cina non ha apertamente condannato il gesto, ma le tempistiche del leader nordcoreano potrebbero coincidere volutamente con la distrazione di Pechino che nei prossimi giorni affronterà un Congresso storico per la terza rielezione di Xi Jinping. La Xinhua, principale agenzia di stampa mandarina, non conferma che i missili siano stati lanciati, ma riporta che gli ufficiali sudcoreani lo stiano affermando.

Sono invece 6 i paesi, compresi Usa, Francia e Regno Unito, che hanno fatto richiesta per una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza Onu, ma secondo alcuni report ci sono delle resistenze da parte di Russia e Cina per affrontare la questione apertamente all’interno dell’organismo che comprende 15 nazioni. Da una parte serve ricordarsi di non esagerare rispetto alle ripetute minacce nordcoreane che da anni allertano governi e media in tutto il mondo, non sappiamo effettivamente quanto siano fondate e le informazioni a disposizione non sono sufficienti. Dall’altra, anche per questo motivo, non si può ignorare l’imprevedibilità di un attore nucleare come Pyongyang in una situazione di crescente tensione e di “nuova normalità” nel Pacifico.

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