Nuovo shutdown negli Stati Uniti: a scatenare il blocco un senatore repubblicano

Nuovo shutdown negli Usa per l’amministrazione Trump, il secondo in meno di tre settimane dopo quello di gennaio. Dalla mezzanotte di Washington, le sei dei mattino in Italia, è scattata virtualmente la chiusura degli uffici federali, a partire da quelli meno essenziali. È quanto prevede l'Antideficiency Act, la legge varata nel 1884 per impedire al governo di non sforare il bilancio. Questa volta a causare il cosiddetto shutdown è stato un senatore repubblicano, Rand Paul, che ha parlato in aula per oltre sei ore contro il rischio di un aumento del deficit impedendo il voto di un accordo bipartisan sul bilancio entro la deadline. Le regole del Senato consentono ai singoli membri di intervenire quanto vogliono facendo ostruzionismo. Il senatore Paul viene considerato un “cane sciolto”, ma ha dato voce ai “falchi” nel Grand Old Party, da sempre il partito della responsabilità fiscale, del rigore dei conti pubblici. “Li posso tenere qui sino alle tre del mattino, mi devono ascoltare”, aveva minacciato il repubblicano deciso a proseguire la sua battaglia sino appunto a far scattare lo shutdown, pur nella consapevolezza che probabilmente l'accordo sarà poi approvato.
Secondo shutdown con Donald Trump alla Casa Bianca dopo quello tra il 19 e il 21 gennaio – In ogni caso questo secondo shutdown per Trump dovrebbe durare poco: i leader del Senato prevedono di mettere al voto nella prima mattina di venerdì ora di Washington l'accordo bipartisan. Il testo dovrà passare prima alla Camera (dove restano alcune incognite) ed essere firmato dal presidente. Il precedente shutdown dell'amministrazione Trump, quello dal 19 al 21 gennaio scorsi scattato nel primo anniversario della presidenza del tycoon, era rientrato perché i democratici avevano accettato l'impegno del Grand Old Party (Gop) a risolvere il problema dei “dreamers”.