L’Angelo della Morte: la storia di Donald Harvey, l’infermiere che ha trasformato l’ospedale in un horror

All’apparenza, Donald Harvey era solo un giovane come tanti, un ragazzo americano con poche risorse e un grande bisogno di riscatto. Quando nel 1970 fu assunto come ausiliario in un ospedale locale, sembrava l’inizio di una nuova vita: lavoro stabile, prospettive, forse persino un futuro migliore. Ma dietro quel volto mite e quella dedizione apparente, si nascondeva un lato oscuro e terrificante.
Per quasi due decenni, tra una flebo e un pasto distribuito ai pazienti, ha orchestrato la sua personale mattanza silenziosa. Ha avvelenato, soffocato, iniettato dosi letali di farmaci: sempre nell’ombra, sempre con metodo. Alla fine, si è scoperto che aveva ucciso almeno 87 persone, trasformando ospedali e cliniche in teatri di morte.
L'infanzia spezzata di Donald Harvey
Donald Harvey nasce e cresce a Booneville, un minuscolo centro dell’Appalachia nel Kentucky più rurale. La sua famiglia vive in condizioni precarie: i genitori sono agricoltori di tabacco, rappresentanti perfetti di quell’America profonda spesso definita redneck, intrappolata in tradizioni arcaiche, povertà endemica e una visione del mondo profondamente conservatrice. In un ambiente del genere, rigidamente religioso e dominato da valori patriarcali, non c’è spazio per la diversità.
Donald capisce molto presto di essere omosessuale, ma questa consapevolezza lo getta in una crisi interiore devastante. "Essere effeminato e gay nel Kentucky orientale non era certo l’ideale", avrebbe detto anni dopo dal carcere. Crescere in una comunità battista dove certi aspetti dell’identità erano semplicemente inaccettabili lo spinge a chiudersi in sé stesso, coltivando in silenzio ferite profonde e mai guarite.
Come se non bastasse, rivela di essere stato vittima di abusi sessuali da parte di uno zio e di un vicino di casa, violenze che sarebbero durate oltre un decennio. Abbandonata la scuola al nono anno, a soli diciotto anni comincia a lavorare come ausiliario al Marymount Hospital di London, Kentucky. Ed è lì che la sua rabbia repressa, la solitudine e i traumi irrisolti prendono forma nella maniera più oscura: il primo omicidio è datato 1970, quando uccise un paziente di 88 anni, soffocandolo con un cuscino.
La lunga scia di sangue dell’Angelo della Morte
È l’inizio di una catena di delitti lunga 17 anni, durante i quali Donald mette in atto metodi sempre più macabri per uccidere: cibo avvelenato, dosi letali di morfina, disattivazione di respiratori, cuscini premuti sul volto nel cuore della notte, fino a iniettare ai pazienti liquidi contaminati da virus come HIV ed epatite B.
Non tutte le sue vittime sono ricoverate. Uccide anche il suo compagno, Carl Hoeweler, che sospetta lo tradisse, e una conoscente, Diana Alexander, avvelenandole il caffè. Si giustificherà dicendo che lei aveva causato problemi tra lui e Carl e che voleva “dare una lezione”.

Parla dei suoi omicidi come di “atti di misericordia”, sostenendo che molti pazienti erano stati abbandonati dalle famiglie e giacevano dimenticati nei letti d’ospedale, privi di dignità e senza speranza. A suo dire, li stava solo liberando dalla sofferenza. Ma in altre occasioni ammette che agiva anche per rabbia, descrivendosi come una persona apparentemente gentile ma capace di “una ferocia profonda” quando provocato.
Trent’anni dietro le sbarre e una morte violenta: la fine del serial killer
Per diciassette anni, Donald Harvey riesce a sfuggire a ogni sospetto, anche grazie ai suoi frequenti cambi di struttura ospedaliera quando cominciavano a emergere dubbi. Ma nel 1987 tutto crolla. Il decesso improvviso di un paziente, John Powell, all’ospedale in Ohio dove lavorava, insospettisce i medici. L’autopsia rivela elevate quantità di cianuro nel sangue. A quel punto cominciano le indagini approfondite sull’ospedale e sul personale.
L’attenzione si concentra rapidamente su Harvey, la cui carriera era costellata da trasferimenti sospetti. Durante l’interrogatorio, confessa senza remore. Il suo avvocato ottiene un patteggiamento: niente pena di morte in cambio della confessione di tutti gli omicidi e dell’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale. Donald confessa 37 omicidi, ma dichiara che il numero reale era di 87.
Viene incarcerato nel penitenziario di Toledo, in Ohio, nell’ottobre del 1987. Quando gli viene chiesto se provasse rimorso, risponde:
Alcune uccisioni per misericordia le rifarei, altre no. Ma sono in pace con me stesso. Se raccontare la mia storia potrà aiutare qualcuno a chiedere aiuto, forse avrò fatto qualcosa di buono".
Nel marzo 2017, dopo trent’anni trascorsi dietro le sbarre, Donald Harvey viene aggredito e ucciso da un altro detenuto. Aveva 64 anni. Così si conclude la storia dell’uomo che si definiva un “liberatore” ma che il mondo ha conosciuto come uno dei più spietati serial killer della storia americana: l’Angelo della Morte.