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Izabela, morta perché non poteva abortire: la Polonia sotto accusa per la sua legge contro le donne

Proteste in Polonia dopo la morte di una donna di 30 anni, Izabela, avvenuta secondo quanto denunciato dalla famiglia dalle restrizioni contenute nella nuova legge sull’aborto che vieta l’interruzione di gravidanza in caso di difetti congeniti. Alla 22esima settimana di gravidanza, i medici le hanno riscontrato la mancanza di liquido amniotico ma non sono intervenuti e hanno atteso il decesso del feto: “Mia figlia era in ospedale e stava male ma loro non hanno fatto nulla – spiega la madre di Izabela – è stata uccisa da un’infezione sopraggiunta perché nessun medico è intervenuto”.
A cura di Chiara Ammendola
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Si è recata in ospedale per un malore Izabela, la donna polacca di 30 anni, morta a Pszczyna a causa di un'infezione scaturita da alcune complicazioni sorte in gravidanza ed emerse intorno alla 22esima settimana. Una morte causata, secondo i legali che rappresentano la sua famiglia, dalla scelta dei medici di non operarla lasciando che il feto morisse "naturalmente": il motivo risiederebbe nella neo legge sull'aborto approvata in Polonia che ha reso incostituzionali le interruzioni di gravidanza per difetti congeniti.

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La morte di Izabela è avvenuta lo scorso settembre ma la sua famiglia ne ha dato notizia solo qualche giorno fa, scatenando indignazione e proteste in tutta la Polonia. La madre di Izabela ha infatti raccontato che la figlia è giunta in ospedale intorno alla 22esima settimana e qui i medici avrebbero riscontrato una evidente mancanza di liquido amniotico causata da una anticipata rottura delle acque, cosa che può provocare danni permanenti al feto. A quel punto la 30enne è stata ricoverata. "Il bambino pesa 485 grammi – avrebbe detto in una telefonata alla madre – per il momento però tutto ciò che mi hanno di fare è sdraiarmi. Non c'è niente che possano fare. Aspetteranno che il feto muoia, loro non possono spingere questo processo: il suo cuore deve smettere di battere da solo".

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Le condizioni di Izabela però si sono aggravate, come riferito dall'avvocato di famiglia e in un altro messaggio inviato dalla stessa alla madre: "Mi hanno fatto una flebo perché tremavo per la febbre alta: per fortuna ho insistito. Avevo 39,9. Qui non c'è nessuno, l'ho detto ai medici che non mi sento bene ma nessuno fa niente". Purtroppo però quando attraverso un'ecografia i medici hanno constatato poco dopo il decesso del feto era ormai troppo tardi. Izabela infatti è stata sottoposta a taglio cesareo ma durante l'intervento è morta. I medici sentiti dagli inquirenti che stanno indagando sulla vicenda dopo l'apertura di un'inchiesta da parte della Procura, hanno detto di aver seguito le regole e aver fatto il possibile: "Tutte le decisioni mediche sono state prese tenendo conto delle disposizioni legali e degli standard di condotta in vigore in Polonia".

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Ma dal giorno in cui i famigliari hanno denunciato l'accaduto anche alla stampa, in tutto il Paese si è alzato un vento di protesta da parte di attiviste per i diritti femminili che chiedono a gran voce la modifica della legge che avrebbe portato alla morte di Izabela. A Varsavia, a Cracovia e in numerose altre città polacche lunedì si è tenuta una veglia in ricordo della giovane donna morta per un diritto violato. Intanto il partito al governo ha difeso strenuamente la legge sull'aborto spiegando che i medici hanno agito tutelando la salute della paziente e del feto. Prima della nuova restrizione, le donne in Polonia potevano abortire solo in tre casi: se la gravidanza era frutto di una violenza sessuale, se la vita della donna era a rischi o in caso di gravi deformità fetali. Ma il Tribunale Costituzionale, sotto l'influenza del partito conservatore ora al governo, ha stabilito l'anno scorso che gli aborti per difetti congeniti non sono costituzionali.

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