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Covid 19

In Danimarca morti per Covid in aumento dopo lo stop alle restrizioni, gli esperti contro il Governo

In Danimarca, dove sono state eliminate tutte le restrizioni Covid, contagi e soprattutto decessi sono in aumento. Gli esperti si dicono preoccupati per questa situazione, definendo irresponsabili i leader del Paese: “Siamo chiaramente in una posizione migliore rispetto al 2020, ma ancora lontani dal traguardo”.
A cura di Ida Artiaco
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"I leader politici danesi hanno completamente perso la testa allentando tutte le mitigazioni del Covid-19. Non solo i contagi, ma le morti sono in aumento". A scrivere è Eric Feigl-Ding, epidemiologo e ormai Twitter star che dall'inizio della pandemia sta spiegando sui social network gli sviluppi del Covid-19. In uno dei suoi dei suoi ultimi Tweet si è scagliato contro il governo della Danimarca, dove da circa due settimane sono state eliminate tutte le misure anti Covid ma i dati, soprattutto quelli relativi ai decessi, sono in crescita. E in effetti, al 14 febbraio, secondo quanto riporta il sito Our World in Data, Copenaghen ha registrato a livello nazionale 4.92 morti ogni milione di abitante, di contro alla media mondiale di 1.36.

L'esperto parla di completa "delusione endemica" in corso in Danimarca, aggiungendo di non essere l'unico "a pensare che i leader danesi siano completamente irresponsabili. Possiamo dire ciò che si vuole sulla terapia intensiva, ma i ricoveri e le morti non mentono" e che "anche i media danesi sono stati complici di questo, ignorando che i decessi in generale stanno aumentando. Lo so che c'è differenza tra morti con e per Covid (ed entrambe sono inserite nel conteggio). Ma la Danimarca ha davvero preso una posizione rischiosa sul fatto che questa non sia una malattia grave, sta ignorando i decessi totali in eccesso oltre che l'aumento delle ospedalizzazioni".

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In soli 2 giorni, il numero di decessi Covid è effettivamente raddoppiato in Danimarca passando da 21 a 41. "È una finestra ristretta ma i numeri dei decessi non dovrebbero muoversi così velocemente", ha sottolineato ancora Eric Feigl-Ding, che ha aggiunto: "Per fortuna il Paese è ampiamente immunizzato con il 61,6% della popolazione che ha già ricevuto la terza dose di vaccino. Ma per i paesi che non raggiungono queste percentuali sono davvero preoccupato".

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Anche Kristian G. Andersen, professore del dipartimento di Immunologia e Microbiologia dell'Università della California, ha spiegato che "c'è una grande differenza tra ‘non è così male come potrebbe finire' ed ‘è finita'. Siamo chiaramente in una posizione migliore rispetto al 2020, ma ancora lontani dal traguardo. Ci sono ancora molte cose che ancora non sappiamo. La mia preoccupazione principale – e credo che questo sia ciò che stiamo vedendo in Danimarca ma anche in molti altri paesi – è che stiamo cercando di adattare dati molto specifici a una narrativa che tutti noi vogliamo disperatamente essere vera. È quella che si può chiamare delusione endemica, espressione usata per descrivere la convinzione delirante che la pandemia sia finita e che possiamo tornare alla vita del 2019 ignorando il fatto che dobbiamo continuare combattere il virus".

Ma in Danimarca non la pensano così. Lo Statens Serum Institut, l'Istituto nazionale per la prevenzione delle malattie, ha infatti affermato nel sito in lingua inglese che i loro dati sono stati male interpretati. Flemming Platz, addetto stampa di SSI, ha spiegato: "Dalla riapertura della Danimarca, abbiamo riscontrato un enorme interesse internazionale per il nostro Paese, in particolare su Twitter e sui social media, dove molte persone guardano alla nostra situazione e ai nostri dati e li interpretano male. E ciò succede anche tra i professionisti". E l'esempio che viene fatto è proprio quello dell'epidemiologo americano Eric Feigl-Ding.

"Omicron – ha aggiunto Flemming Platz – ha cambiato completamente le regole del gioco. Quando ci saranno fino a 50mila contagiati ogni giorno, ci saranno anche alcuni che vengono ricoverati o che muoiono che hanno un test positivo, senza che questo ne sia necessariamente il motivo. È importante che la stampa, soprattutto internazionale, racconti i fatti nel mondo giusto".

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