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Il programma di Mamdani per New York: affitti congelati, trasporti gratis, asili pubblici e tasse ai ricchi

Dal blocco degli affitti ai trasporti gratuiti, dai supermercati pubblici al salario minimo da 30 dollari l’ora, il nuovo sindaco Zohran Mamdani punta a ridisegnare New York come una città per chi la vive, non solo per chi può permettersela. Un programma ambizioso che promette di cambiare il volto, e le priorità, della metropoli americana.
A cura di Francesca Moriero
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La notte della vittoria, dalle finestre del Queens si sentivano ancora gli echi dei cori che avevano attraversato il ponte di Brooklyn all'alba del giorno prima: "Tax the rich!", gridavano migliaia di giovani, infermieri, lavoratori dei trasporti, famiglie con bambini in spalla. La fotografia più semplice del progetto politico che, in pochi mesi, ha portato Zohran Mamdani, 34 anni, a diventare il nuovo sindaco di New York. Figlio di immigrati ugandesi di origini sud-asiatiche, cresciuto tra moschee, cooperative di quartiere e campagne per l'equità degli affitti, Mamdani ha costruito la sua ascesa non come un outsider, ma come il portavoce di un sentimento diffuso: la sensazione che vivere a New York sia diventato, per troppi, impossibile.

La sua campagna non prometteva miracoli, ma un rovesciamento di priorità: mettere la vita quotidiana, la casa, il lavoro, il cibo, i trasporti e l'infanzia, al centro di una politica che negli ultimi decenni aveva parlato soprattutto di sviluppo immobiliare e attrazione di capitali: "La nostra città è diventata una vetrina", ha detto più volte nel corso delle elezioni, "ora deve tornare a essere una casa".

Il suo programma, ambizioso e dettagliato, rappresenta forse il tentativo più radicale dagli anni Settanta a oggi di ridisegnare la città come comunità. Non una rivoluzione ideologica, ma una battaglia amministrativa per restituire concretezza a parole come diritto, accessibilità e giustizia economica.

Una città più giusta: casa, affitti, e diritto all'abitare

In un'intervista al New Yorker, Mamdani ha descritto il primo passo del suo mandato come un gesto di "giustizia immediata": congelare gli affitti per i 2,5 milioni di inquilini che vivono in appartamenti a canone regolato. È, nelle sue parole, "una tregua per chi da anni combatte da solo contro un mercato che non conosce pietà". Ma il blocco sarebbe solo il punto di partenza. Il nuovo sindaco ha infatti annunciato anche un piano per costruire 200mila nuove case popolari in dieci anni, una misura che richiama l'epoca del New Deal e le grandi visioni municipali del secolo scorso.

L'obiettivo sarebbe quello di riportare la casa nella sfera dei beni pubblici, sottraendola alla logica della rendita e della speculazione: "Ogni mese centinaia di newyorkesi lasciano la città perché non riescono più a permettersela", ha spiegato. "Non possiamo chiamarci capitale del mondo se non possiamo ospitare chi lo fa funzionare".

Trasporti e accessibilità: una città che si muove per tutti

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Il secondo asse della sua agenda riguarda poi la mobilità come diritto. Mamdani ha promesso di rendere gratuito il trasporto pubblico, partendo dagli autobus, un servizio usato in gran parte da lavoratori, studenti e anziani. Il costo stimato, circa 700 milioni di dollari l'anno, verrà coperto, come ha spiegato, con un mix di fondi pubblici e di risparmi ottenuti tagliando consulenze e contratti esterni del Comune. Ma dietro la proposta ci sarebbe una visione più ampia, e cioè quella di ridurre la disuguaglianza territoriale: "Il tempo che un newyorkese passa in metro o in autobus racconta la sua classe sociale", ha detto Mamdani, "chi vive lontano dal centro paga il doppio: in affitto e in ore di vita".

Supermercati pubblici e lotta al caro-vita

Una delle idee più discusse del programma è stata poi la creazione di una rete di supermercati pubblici, gestiti dal Comune, per contrastare l'aumento dei prezzi dei beni alimentari. Non si tratterebbe di un ritorno al modello statale, ma di un correttivo contro la concentrazione del potere economico in poche catene private: "Quando una città lascia che il pane e il latte diventino prodotti di lusso, ha già perso la sua anima", ha più volte dichiarato.

Lavoro e dignità: 30 dollari l'ora entro il 2030

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Per Mamdani, la crisi dell’accessibilità non si risolve solo con i sussidi, ma con salari più giusti. Il suo obiettivo è portare il salario minimo a 30 dollari l'ora entro il 2030, con incrementi graduali e legati al costo della vita. Una proposta che punterebbe insomma a rispondere all'inflazione, ma anche a un principio etico: "Lavorare deve bastare per vivere, non per sopravvivere".

In parallelo, il sindaco vorrebbe realizzare un programma universale di assistenza all'infanzia, garantendo a ogni famiglia l'accesso a un asilo nido pubblico o convenzionato. L'investimento previsto — tra i 5 e i 6 miliardi di dollari — sarà, secondo Mamdani, "un investimento nel futuro della città stessa".

Tassare i ricchi: la svolta dopo la vittoria

Se nella campagna elettorale Mamdani aveva lasciato intendere di voler "trovare soluzioni creative" per finanziare i suoi progetti, nell'intervista al New York Times successiva alla vittoria ha adottato un tono più diretto: i miliardari devono pagare di più. "Il nostro movimento è affamato di coerenza", ha dichiarato, "non possiamo chiedere sacrifici solo ai lavoratori mentre i più ricchi vengono premiati. È tempo che contribuiscano come tutti gli altri". Una proposta  che rischia di aprire un fronte con la governatrice Kathy Hochul, moderata democratica e contraria a ogni aumento fiscale, ma Mamdani, almeno per ora, non sembra voler arretrare: "Non costruiremo una New York per tutti se continuiamo a proteggere gli interessi di pochi".

Il giorno prima delle elezioni, migliaia di sostenitori avevano marciato con lui sul ponte di Brooklyn all'alba. Le loro voci, racconta il Times, si mescolavano con la luce rosata del mattino: "Tax the rich!" è diventato il canto di una generazione che vuole una città meno cinica e più solidale.

Una città Trump-proof

La vittoria di Mamdani arriva in un clima politico molto teso. Dalla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato infatti la sua intenzione di tagliare i fondi federali alle grandi città governate dai democratici, accusandole di "sprechi e anarchia urbana". La risposta del nuovo sindaco è stata però immediata e determinata. Mamdani ha dichiarato di voler rendere New York Trump-proof, cioè capace di resistere a ogni tentativo di pressione o ritorsione da parte del governo federale. Per farlo, ha annunciato l'assunzione di 200 nuovi avvocati municipali, che avranno il compito di difendere in tribunale i diritti civili, le politiche sociali e i programmi della città qualora venissero messi in discussione da Washington: "proteggeremo chi ha di meno dall'uomo che ha di più potere in questo Paese" ha detto Mamdani, sottolineando che la giustizia sociale non è solo una questione di bilancio, ma anche di difesa legale e istituzionale.

Nel suo piano, la città non sarà solo amministrata, ma attrezzata per resistere: un laboratorio di democrazia urbana pronto a difendere i propri cittadini da qualunque attacco politico o economico proveniente dall’alto.

La generazione del possibile

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A soli 34 anni, Mamdani è insomma già diventato il volto di una nuova stagione della sinistra americana: figlio della diaspora, economista formato nei movimenti per la giustizia abitativa, parla un linguaggio empatico ma pragmatico. Non evoca utopie, ma piani di bilancio, cifre e obiettivi misurabili. È vicino ad Alexandria Ocasio-Cortez, con cui condivide la visione di una politica che "non chiede il permesso per essere morale". E con oltre un milione di voti, il più alto risultato per un sindaco di New York dal 1969, Mamdani entra a City Hall con un capitale politico senza precedenti. Ma soprattutto, con un'idea chiara: che la città possa tornare a essere un bene comune. "Sogno una New York in cui ciò che serve per vivere non sia un lusso. Dove la casa, il trasporto e l’infanzia siano diritti, non premi. Dove il governo non dica ai cittadini di adattarsi al mercato, ma costruisca un mercato che serva le persone", ha detto Mamdani alla fine della sua intervista al New Yorker.

E forse è proprio qui, anche se resta tutto da dimostrare, la chiave del suo successo: nell'aver riportato nel linguaggio politico parole che sembravano scomparse — cura, giustizia, possibilità — e nell'aver provato a trasformarle in un programma amministrativo concreto. Resta da vedere se New York riuscirà davvero a incarnare questa visione, ma l’ambizione è chiara: che la città che per decenni è stata il simbolo del capitalismo globale possa diventare, con Mamdani, il luogo in cui la ricchezza più grande non sia possedere, ma poterci vivere.

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