Guerra Israele-Iran, cos’è successo dall’inizio: le tappe del conflitto e i possibili scenari futuri

Quello tra Israele e Iran, per decenni è stato un conflitto che si manifestava sotto forma di guerre per procura, operazioni sotto copertura o di attacchi sporadici, ma non era mai arrivato a uno scontro diretto come in questi giorni. Uno scontro che sta anche subendo un’escalation: nella notte sia Tel Aviv che Teheran hanno lanciato una nuova scarica di missili e il bilancio continua ad aggravarsi. In Israele sarebbero morte una ventina di persone, mentre le vittime in Iran sarebbero oltre 200.
Tutto è cominciato venerdì scorso, quando Israele ha lanciato una serie di attacchi "preventivi" sull’Iran, contro le infrastrutture nucleari e militari. Il punto, hanno spiegato da Tel Aviv, è che l’Iran sarebbe stato pronto alla costruzione di almeno nove bombe nucleari, una cosa inaccettabile per Israele e in piena violazione dei trattati internazionali sulle armi atomiche, cioè del trattato di non proliferazione nucleare che l’Iran ha sottoscritto. Teheran, da parte sua, ha respinto le accuse al mittente, annunciando una risposta durissima e chiedendo alla comunità internazionale di tenere bene a mente chi ha dato il via a questa spirale di violenze.
L'escalation del conflitto tra Israele e Iran, aumentano le vittime
L’ultima notte ci sono stati raid iraniani su Tel Aviv e sulla città di Haifa. Israele, da parte sua, ha preso di mira anche il ministero della Difesa a Teheran, così come dei depositi di petrolio. E ha detto di aver preso il controllo dello spazio aereo di Teheran. Il bilancio delle ultime ore è di almeno 8 morti in Israele, mentre è più difficile avere un quadro delle vittime in Iran rispetto agli ultimi attacchi. Quello che sappiamo, però, è che da venerdì, oltre 220 persone sono rimaste uccise. Tra queste ci sono scienziati del programma nucleare, ci sono figure militari di spicco – come il comandante delle Guardie della Rivoluzione – ma ci sono anche moltissimi civili.
Come dicevamo prima, dietro l’attacco israeliano che ha dato il via all’escalation di violenze, c’era il tentativo di contrastare il programma nucleare iraniano. Però ci sarebbe anche dell’altro. Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, ha anche detto che tra gli obiettivi c’è comunque anche un “regime change”, cioè un cambio di governo a Teheran. Non è un caso, infatti, che stia spingendo all’insurrezione il popolo iraniano. Come non è un caso che boglia mettere anche l’ayatollah Ali Khamenei, cioè la guida suprema dell’Iran, tra gli obiettivi da eliminare.
La proposta di Trump: Putin come mediatore
Una cosa su cui però gli Stati Uniti, almeno secondo quanto raccontano stamattina i giornali americani, non avrebbero dato il via libera. Anche venerdì scorso Donald Trump aveva detto di non c’entrare nulla con l’attacco israeliano, anche se chiaramente era stato informato da Tel Aviv. Se comunque dovesse essere necessario, Trump dice che gli Stati Uniti sono pronti ad entrare in scena per difendere Israele. E nel frattempo propone Vladimir Putin come mediatore tra le due parti. Trump ha detto di aver parlato a lungo al telefono con il presidente russo e che sarebbe pronto a riconoscergli il ruolo di mediatore.
Su questo però non sono per niente d'accordo gli altri leader occidentali, che oggi si riuniscono in Canada, al G7. Ad esempio, il presidente francese Emmanuel Macron ha detto di non credere che la Russia, che è impegnata in un conflitto ad alta intensità in Ucraina e che da anni non rispetta la Carta delle Nazioni Unite, possa in alcun modo essere un mediatore credibile. Insomma, andrà trovata una quadra su questo, in modo da non sconfessare apertamente Trump, ma nemmeno da dare a Putin il compito di trovare una via d’uscita al conflitto tra Israele e Iran.
La posizione di Giorgia Meloni nella guerra tra Iran e Israele
In tutto questo Giorgia Meloni ha parlato qualche giorno fa al telefono direttamente con Netanyahu, e se da un lato ha assicurato di essere d’accordo sul fatto che l’Iran non possa in alcuno scenario dotarsi di armi nucleari, dall’altro lato ha sottolineato che ora sia fondamentale evitare ulteriori escalation. Secondo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, però c’è ancora pochissimo spazio per la diplomazia. “Dobbiamo aspettarci giorni e giorni di combattimenti”, ha detto, sottolineando che a questo conflitto i due Paesi si preparano da anni. Israele, ha aggiunto Crosetto, si prepara da tempo a intervenire in Iran con la provocazioni dell’atomica. E intanto la Farnesina si è attivata per far rientrare tutti gli italiani da Israele o dall’Iran.
Ma quindi, quanto possono andare avanti Israele e Iran? A che punto il rischio di una guerra su più ampia scala diventa realtà, magari con il coinvolgimento di altri attori della regione?
Cosa può succedere ora
Al momento sappiamo che il programma missilistico iraniano è il più ingente della regione, il che fa pensare che Teheran potrebbe continuare ad attaccare Israele anche per settimane, provocando anche danni abbastanza consistenti. Non parliamo però solo di quantità: i missili iraniani hanno anche dimostrato di essere tecnologicamente sviluppati, riuscendo a superare i sistemi di difesa aerea israeliani. Israele, da parte sua, può contare sul sostegno militare statunitense per intercettare i missili e respingere gli attacchi.
Chiaramente un attacco congiunto di Israele e Stati Uniti avrebbe una capacità diversa di recare danno all’Iran, ma chiaramente così si andrebbe dritti verso una nuova escalation. Che è qualcosa che non vuole nessuno. Intanto le conseguenze allargate comunque si fanno sentire, basta guardare ai rialzi nel prezzo del petrolio, causati appunto da questi attacchi reciproci.
L’Iran ha detto di essere pronto a fermare gli attacchi, se Israele farà lo stesso. E contestualmente a tornare al tavolo dei negoziati con gli Stati Uniti in merito al suo programma nucleare. Un nuovo round di colloqui era previsto per ieri, ma gli iraniani hanno fatto saltare tutto: impossibile discutere mentre Israele ci attacca, hanno detto. Ora, se i missili dovessero fermarsi, chiaramente si potrebbe tornare a discutere, con diverse incognite però. La prima riguarda Trump, che è fondamentalmente inaffidabile e imprevedibile. Il presidente statunitense sapeva di un attacco imminente da parte di Israele, eppure ha finto di attendere i colloqui come nulla fosse. E poi la sua retorica sul conflitto cambia di continuo, passa dal chiedere la fine degli attacchi a minacciare l’Iran: chi lo sa cosa potrebbe fare domani.
La strategia di Israele
La seconda incognita riguarda più nello specifico Israele e le motivazioni dietro l’attacco di venerdì. Ad esempio, oggi Al Jazeera ha pubblicato un articolo di Ori Goldberg, uno studioso esperto di Medio Oriente, secondo cui in realtà ci sarebbe molto di più del programma nucleare iraniano dietro l’attacco di venerdì. Ci sarebbero anche tutte le difficoltà che sta avendo il governo di Netanyahu a Gaza, tra l’opinione pubblica israeliana che vacilla e quella internazionale che non lo sostiene più apertamente come subito dopo il 7 ottobre. Alzare il livello dello scontro con l’Iran, sempre secondo Goldberg, consentirebbe al governo israeliano di avere di nuovo l’occidente per intero dalla sua parte, visto come sia l’Europa che gli Stati Uniti temono il programma nucleare di Teheran, distogliendo al tempo stesso l’attenzione da quello che continua ad accadere nella Striscia.