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Grecia, morta Emilia Kamvisi, la nonna simbolo che allattava un profugo neonato a Lesbo

Emilia Kamvisi, una donna greca candidata nel 2016 al premio Nobel per la Pace per aver offerto aiuto e assistenza ai profughi arrivati a Lesbo, è morta oggi all’età di 93 anni.
A cura di Davide Falcioni
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Emilia Kamvisi, una donna greca candidata nel 2016 al premio Nobel per la Pace per aver offerto aiuto e assistenza ai profughi arrivati a Lesbo, è morta oggi all'età di 93 anni. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa statale greca Ana, aggiungendo che il funerale si svolgerà domani nel suo villaggio sull'isola.

Kamvysi e altre due anziane donne sono diventate celebri nel 2015, quando vennero ritratte mentre allattavano con il biberon un bambino rifugiato i cui genitori erano appena sbarcati sull'isola di Lesbo dopo una pericolosa traversata in mare. Le tre donne erano figlie di rifugiati di etnia greca provenienti dalla Turchia, e sono diventate un simbolo della solidarietà del popolo di Lesbo con l'enorme numero di siriani in arrivo. Le altre due nonne sono già morte: Maritsa Mavrapidou nel 2019 all'età di 92 anni ed Efstratia Mavrapidou nel mese di febbraio del 2022, all'età di 96 anni. Il trio aveva insistito di non aver fatto nulla di speciale.

Come venne scattata la foto simbolo a Lesbo

In un'intervista rilasciata anni fa Emilia aveva descritto la genesi di quella foto che aveva commosso tutto il mondo. "Come tutti i pomeriggi eravamo in spiaggia per aiutare i profughi. Ad un certo punto abbiamo visto che c'erano una mamma e un neonato con tutti i vestiti bagnati. Allora le abbiamo detto: ‘Fatti dare dei vestiti asciutti, ti teniamo noi il bimbo'".

"Quando lo abbiamo preso in braccio – aveva continuato la donna – il bambino ha iniziato a piangere perché aveva fame. Allora ho detto alla mia amica di andare a prendere un biberon con del latte. All'inizio il bimbo non riusciva a bere perché il latte era troppo bollente. Così l'ho raffreddato con l'acqua del mare e il bimbo ha cominciato a bere. Quando è arrivata, la madre, vedendo la scena, si è messa a ridere".

Emilia Kamvisi, al centro
Emilia Kamvisi, al centro

Del resto "noi siamo figlie di profughi", aveva ricordato l'amica Maritsa, sottolineando: "Nel 1922 siamo scappate dalla Turchia e siamo arrivate qui. Sappiamo cosa vuol dire. L'Europa dovrebbe fare subito un tavolo per trovare una soluzione, non possiamo lasciare questa povera gente in mezzo al fango, tenerla chiusa con il filo spinato o rimandarla sotto le bombe". Per questo "siamo pronti ad aprire di nuovo le nostre case e a condividere quel poco che abbiamo. Se non dovessimo avere niente gli regaleremo un abbraccio. Vogliamo vedere ancora i loro sorrisi, ci rendevano orgogliosi e felici".

Sono trascorso oltre sei anni da quando venne scattata quella straordinaria foto. E no, l'Europa non sembra essere diventata quel luogo accogliente e generoso che Emilia, Maritsa ed Efstratia speravano.

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