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Feroci militari o fanatici allo sbaraglio? Ecco le incongruenze dell’attentato

La preparazione del commando è messa in dubbio da esperti militari che, grazie alle prime immagini, hanno individuato alcune anomalie nel modus operandi dei terroristi.
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Militari addestrati alla guerra santa o semplici, per così dire s'intende, fanatici religiosi fai da te? Questa è una delle domande che stanno caratterizzando la caccia all'uomo, in corso ancora in questo momento in Francia, e finalizzata alla cattura dei tre terroristi di dichiarata matrice islamica che ieri hanno assaltato la redazione parigina del quotidiano satirico francese Charlie Hedbo, uccidendo dodici persone e ferendo gravemente altre quattro.

Gli investigatori transalpini hanno identificato in Said e Chérif Kouachi, rispettivamente di 32 e 34 anni, e in Hamyd Mourad, di soli 18 anni, gli esecutori materiali della strage. Al momento solo Mourad, di origine libanese, è in mano alle forze dell'ordine. Il ragazzo, secondo quanto si è appreso da fonti francese, si sarebbe consegnato spontaneamente alla polizia per chiarire la propria posizione. Subito dopo l'attentato il nome del ragazzo era circolato in rete come possibile terzo complice dell'eccidio, ritenuto l'autista del gruppo armato che ha assaltato la redazione a bordo di una Citroen C3 nera. Il giovane, tuttavia, ha affermato di essere estraneo ai fatti e che a quell'ora si sarebbe trovato a scuola – ricostruzione avvalorata in queste ore da alcuni compagni di classe del ragazzo.

Sono invece ancora in corso le ricerche per i due fratelli franco-algerini che, sempre secondo quanto diffuso dai media francesi, sarebbero tornati da poco dalla Siria dove avrebbero acquisito le necessarie nozioni di guerriglia urbana e addestramento militare necessario a compiere tale barbarie. E mentre la polizia e le forze speciali setacciano la capitale francese e i dipartimenti limitrofi, gli esperti militari e d'intelligence sono all'opera per analizzare le immagini disponibili e ricostruire i profilo dei terroristi (a prescindere, ovviamente, se si tratti effettivamente dei tre accusati o meno).

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Al momento l'opinione degli esperti è divisa in due: c'è chi – come numerosi osservatori francesi – descrive il commando armato come estremamente preparato ed addestrato ad azioni di questo tipo, e chi – come ad esempio Thomas Gibbons Neff, editorialista del Washington Post ed ex Marine Usa – individua nell'agire degli attentatori errori strutturali che ne evidenzierebbero la limitatezza in termini di preparazione militare. Se la freddezza dei killer è stata generalmente riconosciuta, facendo riferimento all'assoluta calma con cui hanno aperto il fuoco sia dentro la redazione sia all'esterno uccidendo il poliziotto Ahmed Merabet (anch'esso di origine nord africana e di religione musulmana), sono stati individuati contemporaneamente “errori” tecnici che componenti di brigate paramilitari ben addestrati difficilmente compierebbero, come ad esempio: incrociare i passi durante la camminata, questo risulterebbe un errore grave perché limiterebbe la reattività diminuendo la l'area di tiro disponibile, un errore considerato da principianti; oppure utilizzare armamenti differenti (lo stesso Gibbons-Neff ha individuato, utilizzando solo il sonoro dei filmati al momento disponibili a causa della poca chiarezza delle immagini, due tipi differenti di fucile d'assalto AK-47).

Inoltre un altro aspetto su cui si sta cercando di fare chiarezza è relativo alla provenienza dei killer. Questo perché se in un primo momento è stata diffusa la ricostruzione secondo cui i tre attentatori parlassero in francese perfetto, di cui due con accento parigino, successivamente sono emerse delle testimonianze che evidenzierebbero l'utilizzo di un francese molto più incerto e di provenienza tutt'altro che chiara e distinguibile.

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L'aspetto linguistico non è assolutamente secondario, perché servirà a capire innanzitutto se il commando si è formato in Francia, se quindi abbia operato come una sorta di cellula dormiente di ritorno dai campi di addestramento siriani, yemeniti, iracheni o afghani, oppure se invece sia giunto dall'estero con l'obiettivo di compiere la strage. In entrambi i casi il sistema di sicurezza francese ne esce molto male.

Fermo restando che è impossibili prevenire ogni tipo di azione terroristica e che il lavoro d'intelligence è cresciuto nel corso degli ultimi anni in modo esponenziale, non si può non sottolineare – soprattutto se gli esecutori della strage risulteranno francesi, come si ritiene in queste ore –, la reazione lenta e poco adeguata delle forze di polizia alle minacce interne. Secondo le fonti di sicurezza i militanti islamici con passaporto francese andati a combattere in Medio Oriente (soprattutto Siria) nelle fila dello Stato Islamico dell'auto proclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi sarebbero circa 700 (ritenuto il gruppo più folto di provenienza europea), rappresentando una grande minaccia per la sicurezza transalpina e, più in generale europea, proprio per l'impossibilità, o quasi, di essere tracciati ed eventualmente fermati.

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