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Droni russi low cost contro caccia da 100 milioni: in Polonia la Nato ha scoperto il suo punto debole

La difesa europea vacilla davanti ai droni russi low-cost. “Sulla Polonia, un fallimento”, dice a Fanpage.it l’osservatore politico-militare Jarabik. “F-35 e missili da due milioni di dollari non funzionano contro i droni”, ci spiega Il ‘tecnico’ USA della difesa antiaerea Riki Ellison. “L’Europa? Soffre di miopia”, nota l’ex diplomatico russo Bondarev. Lo storico e politologo Radchenko: “Mosca sfrutta l’ambiguità della Nato ma rischia l’effetto boomerang”.
A cura di Riccardo Amati
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Droni esca da 10mila dollari abbattuti da missili che costano 200 volte tanto, lanciati da cacciabombardieri da 100 milioni l’uno. E se è vero che ne sono stati abbattuti solo quattro su 19, la percentuale di efficacia è di poco superiore al 20 per cento. Davvero bassina. La difesa Nato ha un buco, sul fronte orientale. A Mosca possono festeggiare. Anche nel caso in cui l’incursione russa nei cieli polacchi non fosse stata voluta, come sostengono anche alcuni osservatori imparziali. Le implicazioni per il futuro immediato possono essere drammatiche: chi nel Cremlino avesse l’intenzione di alzare ulteriormente la posta nella sfida all’Occidente, si sentirebbe ancor più convinto di poterlo fare senza andare incontro a reazioni rilevanti. Quanto avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 dicembre fa riflettere sulle rimbombanti dichiarazioni di Bruxelles sulla difesa e sul valore del riarmo in corso.

Lezioni non apprese

“Un tasso di intercettazione del 20 per cento è da considerarsi un fallimento”, dice da Kyiv l’osservatore di R.Politik Balazs Jarabik. Nonostante il numero di missili e droni lanciati dalle forze armate russe sull’Ucraina sia aumentato in modo drastico, la percentuale di efficacia delle difese antiaeree normalmente proclamata è tra l’80 e il 90 per cento. Senza F-35 né aerei spia come il nostro sofisticatissimo e costoso E-550 impiegato contro i droni sulla Polonia. “Nessuna base Nato potrebbe resistere a ciò che ogni notte la Russia scaraventa sull’Ucraina”, spiega a Fanpage.it dalla Virginia, negli Usa, il presidente della Missile Defence Advocacy Alliance (Mdaa) Riki Ellison. "Non si capisce perché non sia mai stato creato un sistema di difesa integrato con quello ucraino. I sistemi che si sono inventati negli ultimi tre anni e mezzo sono i migliori: pratici, a costi vicini a zero, e con un uso spregiudicato dell’intelligence. Hanno rivoluzionato la dottrina militare”.

L’Ucraina oggi è più avanti di chiunque nell’uso di reti neurali, intelligenza artificiale e applicazione di dati non classificati. “L’Occidente deve mettersi allo stesso livello”, sostiene Ellison. “Perché gli F-35, i missili da due milioni di dollari, l’articolo 5 della Nato e la deterrenza nucleare non funzionano contro i droni. E i russi ce l’hanno appena dimostrato”. Secondo l’esperto di difesa antiaerea occorre sfruttare ciò che in Ucraina già esiste. Ma al momento, i Paesi Nato vicini alla Russia “sono nudi”. Eppure i dati e l’intelligence ucraini sono a disposizione. Sarebbe semplice utilizzarli e mettersi all’altezza. Senza spendere quasi niente.

I soldi non sono tutto

In una guerra di logoramento a colpi di droni, come quella che il Cremlino ha imposto ai confini dell’Europa, non serve sperperare soldi per cacciabombardieri più o meno invisibili e missili aria-aria. Se succedesse il peggio, se lo scontro diretto si allargasse oltre l’Ucraina, l’Europa avrebbe comunque parecchi problemi, e non perché non spenda abbastanza in armi. Lo stesso Zelensky ha sottolineato che i sistemi di difesa aerea Patriot degli Stati Uniti e i Samp/T franco-italiani — centinaia di milioni di dollari a unità — non sono una scelta sensata per contrastare i droni kamikaze della Russia.

L’Ue sta incoraggiando i Paesi membri a destinare proprio a questi sistemi di difesa aerea parte dei 150 miliardi dei prestiti Security Action for Europe (Safe).“Siamo rimasti al secolo scorso”, commenta Riki Ellison. In ogni guerra c’è sempre stato uno schieramento rimasto indietro, mentre l’altro entrava nel futuro. Come quando i tedeschi inventarono la Blitzkrieg. L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato tutto: “Ora è macchina contro macchina, droni contro droni”, continua il capo della Mdaa. Siamo sempre più lontani dal combattimento diretto tra esseri umani. “L’Europa è miope”, conviene l’ex diplomatico russo Boris Bondarev. “Dopo oltre tre anni di guerra, neanche la Polonia ha un sistema di difesa aerea efficiente contro i droni. Usare costosi F-35 contro droni da poche migliaia di dollari non è serio e porta rapidamente al fallimento”. Alle roboanti dichiarazioni Ue sulla difesa non corrisponde nemmeno la volontà di seguire la lezione di Kyiv: dall’uso massiccio dei droni alla costruzione di sistemi difensivi multilivello. “Invece di adattarsi, l’Europa continua a investire in armi costose e inadatte alla guerra moderna”, afferma Bondarev su Substack. E si chiede che sarebbe successo se i droni russi sulla Polonia fossero stati non 19 ma 190, e fossero piovuti su installazioni militari Nato.

Le ipotesi sul raid

Quelli abbattuti erano Uav Gerbera, più economici e meno complessi degli Shahed iraniani. Raggio d’azione, 450 chilometri, che possono essere raddoppiati su alcune varianti. Vengono spesso utilizzati dai russi per distrarre le difese ucraine. Come esche. Possono trasportare piccole cariche di esplosivo, fino a cinque chilogrammi. Per quel che è emerso finora, dalle foto pubblicate e dalle informazioni diffuse dalle autorità di Kyiv, non erano armati. Fatto sta che uno si è schiantato nei pressi di un'unità della Forza territoriale polacca a Nowe Miastronad Pilica, a sud di Varsavia — secondo l’Institute for the Study of War. Non hanno trovato conferma notizie secondo cui nel mirino ci fosse un nodo logistico per i rifornimenti Nato a Kyiv. “Non si può escludere alcuna ipotesi, ma la più plausibile è che l’obiettivo dei droni fosse in Ucraina, e che siano stati deviati da dispositivi di jamming propri dagli ucraini”, sostiene Balasz Barabik. “Perché mai i russi avrebbero dovuto testare le difese polacche quando non sono in guerra con la Polonia”, dice a Fanpage.it. “Certo, i polacchi ne hanno subito approfittato per ribadire le richieste di riarmo in Europa”, chiosa l’osservatore.

La “teoria del jamming ucraino” ha senso, secondo gli esperti di cose militari, compresi quelli dell’Institute for the Study of War. Ma è poco probabile che Mosca non c’entri, argomenta la maggior parte degli analisti politici. “L’idea che una ventina di droni possano semplicemente perdere la rotta a causa di un disturbo via Gps sfida la credulità”, secondo l’accademico della Johns Hopkins Sergey Radchenko. “E se ci fossero ancora dubbi — aggiunge – dovrebbero essere dissipati dalla derisione contenuta nella dichiarazione del Ministero della Difesa russo, che ha offerto ‘consultazioni’ con la Polonia per risolvere la questione”. Una presa in giro dell’articolo 4 del trattato Nato, che richiede agli stati membri di consultarsi in caso di minaccia e che è stato attivato dopo l’invasione del cielo polacco, ritiene Radchenko.

Il conto della miopia

Sul modo in cui al Cremlino è stato preso l’affaire dei droni abbattuti, l’ex feluca di Vladimir Putin Boris Bondarev è sarcastico: “Saranno proprio contenti. Tanto rumore per nulla. Si è dimostrato una volta di più che la Russia di fatto ha carta bianca in Ucraina. E forse anche oltre”, dice a Fanpage.it. Staranno brindando e ridendo della Nato? “Oh, no”, risponde Bondarev: neanche un russo è capace di brindare per tre anni e mezzo di seguito. E poi ormai sono abituati a constatare in ogni occasione l’impotenza dell’Occidente”. Radchenko ha individuato sul suo Substack gli obiettivi di Mosca in quest’operazione: “Il principale è intimidire e mettere in difficoltà la Polonia mostrando le vulnerabilità della sua difesa aerea, mentre si cerca di influenzare l’opinione pubblica polacca ricordando i costi di un conflitto e creando tensioni interne. Parallelamente, si vuole testare la Nato sfruttando l’ambiguità su cosa costituisca un attacco a uno Stato membro, provocando consultazioni che non portano a conseguenze concrete e minando così la credibilità dell’Alleanza”.

C’è un “ma”, precisa Radchenko a Fanpage.it: “Le tattiche della Russia potrebbero ritorcersi contro di essa, perché l'affare dei droni stimolerà il dibattito sul rafforzamento delle difese”. E forse finalmente si considererà che il rapporto tra spesa per le armi e sicurezza non è più così ovvio, nella guerra moderna, la guerra dei droni. Per difendersi servono efficienza e intelligenza. Anche intelligence. Sennò oltre al conto del riarmo l’Europa rischia di pagare quello, ancor più costoso, della sua miopia.

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