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Dramma in Grecia, incendio nel campo profughi di Lesbo: muoiono una donna e un bambino

“Nessuno può definire queste morti un incidente. È il risultato diretto di una politica brutale che intrappola 13.000 persone in un campo che dovrebbe ospitarne 3.000” denunciano da Medici senza frontiere i cui volontari hanno assistito le persone ferite dopo gli scontri scoppiati tra la polizia e i migranti subito dopo l’incendio.
A cura di Antonio Palma
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Ennesimo dramma nelle scorse ore nel campo profughi di Moria a Lesbo, in Grecia, uno dei campi tristemente famosi a causa del sovraffollamento e della precarie condizioni a cui sono sottoposti gli ospiti. Un bambino e una donna sono morti a causa di uno spaventoso incendio divampato tra la baraccopoli. Il dramma nella giornata di domenica. Secondo le autorità si polizia elleniche, i manifestanti avrebbero appiccato le fiamme in vari punti del campo durante una delle tante proteste scoppiate nel centro contro le condizioni di vita a cui si è costretti ma l'incendio sarebbe andato fuori controllo investendo alcune arre dove alloggiano famiglie. Altre fonti invece parlando di un incendio accidentale alla base del dramma che poi ha scatenato la protesta.

Nel dettaglio, secondo il portavoce della polizia locale, Theodors Chronopoulos, il fuoco sarebbe stato appiccato in due punti, uno fuori dal campo, l'altro all'interno. Poco dopo sarebbe andato in scena anche uno scontro tra manifestanti e forze dell'ordine in assetto antisommossa. Il bilancio alla fine si è rivelato gravissimo: oltre ai due morti, si registrano anche una quindicina di feriti. Anche se le fame alla fine sono state spente e la rivolta sedata, la situazione nel campo profughi è ancora tesissima, come ha confermato anche il sindaco di Lesbo, Stratis Kytelis. Del resto nel campo che formalmente dovrebbe ospitare non più di 3mila persone, attualmente vivono ben e12mila migranti con tutte le conseguenze del caso.

Una situazione che si è venuta a creare dopo l'ennesima ondata migratori estiva che ha fatto collassare il centro tanto che si è creato spontaneamente un accampamento abusivo  fuori dalla recinzione di quello ufficiale. Una tensione che  sfocia spesso  proteste da parte dei migranti esasperati che chiedono di essere trasferiti sulla terraferma. "Nessuno può definire queste morti un incidente. È il risultato diretto di una politica brutale che intrappola 13.000 persone in un campo che dovrebbe ospitarne 3.000″ denunciano da Medici senza frontiere i cui volontari hanno assistito le persone ferite dopo gli scontri scoppiati tra la polizia e i migranti subito dopo l’incendio. "Ogni leader europeo ha la responsabilità di prevenire ulteriori morti e sofferenze. E' giunto il momento di fermare l’accordo UE-Turchia e la sua disumana politica di contenimento e di evacuare urgentemente le persone da questo inferno che è diventata Moria" concludono da Medici Senza Frontiere

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