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“Cuccioli del Califfato”, i bambini kamikaze dello Stato islamico

I bambini soldato arruolati con la forza e l’inganno vengono impiegati sempre più spesso in attentati suicidi. Nel 2015 ne sono morti 89.
A cura di Mirko Bellis
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Stato islamico
I Cuccioli del Califfato al termine dell'addestramento

Alcuni di loro sono stati rapiti nei territori siriani ed iracheni conquistati dall’Isis, altri sono i figli degli stessi jihadisti. Nei video propagandisti vengono ripresi in uniformi militari, armati di coltello o Kalashnikov. Si mostrano sorridenti e pronti a morire per il Califfato.

Il numero di questi bambini soldato varia a seconda delle fonti consultate. Le stime parlano di almeno 400 però potrebbero arrivare fino al migliaio. Subiscono un vero e proprio lavaggio del cervello nel quale gli viene insegnato persino ad uccidere i loro genitori, considerati degli infedeli.

Se non obbediscono agli ordini sono severamente puniti come hanno dimostrato le agghiaccianti testimonianze raccolte dai funzionari curdi nei campi profughi nel nord dell’Iraq. A Nouri, di 11 anni è stata rotta una gamba per essersi rifiutato di partecipare all’addestramento. Suo fratello Saman, di soli 5 anni, soffre ancora terribili incubi notturni e attacchi epilettici dopo le percosse subite. Khalid Nermo Zedo, un volontario del campo profughi di Esyan nel nord dell’Iraq ha affermato: "Alcuni bambini tremano solo a sentire la parola Isis”.

Metodo di reclutamento

Le testimonianze raccolte dall’Osservatorio siriano per i diritti umani – la Ong con sede a Londra che documenta giorno per giorno ciò che accade in Siria – parlano di veri e propri uffici di arruolamento nelle città siriane sotto il controllo del Califfato. I reclutatori agiscono nelle moschee o nelle piazze dove molto spesso questi bambini sono costretti ad assistere alle barbare esecuzioni dei prigionieri. Ai piccoli vengono promessi soldi, armi ed in alcuni casi anche automobili. I genitori, temendo le ripercussioni di un loro rifiuto o a cambio di denaro, molto spesso consentono ai loro figli di seguire i miliziani nell’indottrinamento di questa cultura di morte.

Gli estremisti dello Stato islamico hanno predisposto dei campi di addestramento specifici per i bambini. Solo la scorsa settimana 450 nuovi miliziani avevano completato la loro preparazione militare. Di questi circa 100 sono bambini. Di fronte alla necessità di nuovi combattenti, la durata dell’addestramento è stata ridotta alla metà. I cuccioli del Califfato devono essere pronti alla guerra dopo solo un mese di addestramento.

Questi bambini vengono istruiti alla sharia (la legge islamica), all’uso delle armi, alla fabbricazione di esplosivi e a compiere attentati suicidi. Sul fronte iracheno, i combattenti curdi si sono trovati molte volte davanti a questi bambini soldato. Indossano giubbotti esplosivi per cui non è sempre facile aiutarli come ha raccontato Abdullah Aziz Hadur, un comandante peshmerga. “A volte soccorrerli può significare la morte dei miei soldati”, ha affermato Hadur.  Il comandante ha ammesso che lui e i suoi uomini in alcune occasioni non hanno avuto altra scelta che aprire il fuoco contro di loro. “L’alternativa è o noi, o loro”, ha concluso.

I bambini kamikaze

I ricercatori dell’Università della Georgia negli Stati Uniti hanno seguito la propaganda dello Stato islamico per oltre un anno e hanno scoperto che 89 ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 18 anni sono stati uccisi nel 2015. Quasi il doppio rispetto all’anno prima. “I bambini morti sono certamente molti di più” ha detto Charlie Winter, uno dei co-autori del rapporto. “Questo numero è solo ciò che l’organizzazione terrorista ha reso pubblico nel corso dell'ultimo anno”, ha ammesso Winter.

I dati, pubblicati dal Centro di contro-terrorismo dell’accademia militare di West Point indicano che dal gennaio del 2015, il 39% dei ragazzi sono morti in attentati suicidi e il 33% sul campo di battaglia. Il numero degli attacchi kamikaze compiuti da adolescenti è triplicato.

Sebbene l’Isis non pubblichi nelle sue “epigrafi” i nomi reali e l’età dei piccoli combattenti, i ricercatori americani sono stati in grado di stimare le età e le nazionalità degli uccisi. Secondo il rapporto, il 60% aveva un'età compresa tra 12 e 16 anni, mentre il 6% era ancora più giovane (tra gli 8 e i 12). Lo studio ha infine rilevato che la maggior parte dei bambini soldato erano siriani morti in Iraq. Ciò conferma che, una volta addestrati in Siria, gli adolescenti vengono impiegati soprattutto sul fronte iracheno. Il resto dei bambini sacrificati dai jihadisti provengono dallo Yemen, Arabia Saudita, Tunisia e Libia, mentre in misura minore dal Regno Unito, Francia, Australia e Nigeria.

Perché l’Isis usa i bambini?

Rachel Bryson ricercatrice presso la Fondazione Quilliam, un think tank inglese specializzato nel contro-terrorismo, individua varie ragioni. Prima di tutto c’è l’effetto psicologico: lo Stato islamico, come qualsiasi gruppo terrorista, vuole incutere la paura a livello globale usando tutti i sistemi a sua disposizione. Poi c’è la necessita di catturare l’attenzione dei mezzi di comunicazione. Lo spazio che i media internazionali dedicano a questo tipo di video permette agli estremisti di diffondere più facilmente il loro messaggio. L’altro motivo è il reclutamento di altri bambini. Se i ragazzi vedono altri come loro integrati nello Stato islamico saranno più propensi ad unirsi agli estremisti. Rispetto agli adulti, inoltre, i bambini sono plagiati più facilmente e dimostrano una fedeltà incondizionata.

I figli dei jihadisti

Sempre più spesso appaiono nei video anche i figli dei foreign fighters – i combattenti stranieri, molti dei quali europei – che sono andati ad unirsi nella fila dello Stato islamico.

E’ il caso di Isa Dare, il piccolo inglese di 4 anni, già soprannominato Jihadi Junior dalla stampa occidentale. Nell’ultimo video del gruppo terrorista Isa, sorridendo, inneggia alla morte degli infedeli mentre aziona il radiocomando collegato ad un’autobomba con dentro delle presunte spie.

O come l’ex studentessa inglese 26enne, Tareena Shakil, volata assieme al figlio in Turchia e poi trasferitasi a Raqqa, l’autoproclamata capitale del Califfato in Siria. Alcune immagini la ritraggono con addosso un burka e un fucile Ak47, in altre è assieme al suo bambino con addosso un passamontagna con le insegne dell’Isis.

Tareena Shakil
Tareena Shakil e il figlio

In un messaggio al padre, intercettato dalla polizia britannica, Tareena diceva che stava istruendo il figlio alluso delle armi. Tareena è stata arrestata all'arrivo all'aeroporto di Londra nel febbraio dell’anno scorso con l’accusa di essere la prima jihadista ritornata in Inghilterra dopo essere stata arruolata dall’Isis.

E in Australia c’è una donna, Karen Nettleton, che si sta battendo perché il suo Paese salvi la vita ai suoi cinque nipoti. Anche la figlia di Karen, Tara, assieme al marito Khaled Sharrouf nel 2014 era partita per combattere con lo Stato Islamico. La loro storia divenne tristemente famosa quando Khaled postò un’immagine su Twitter nella quale il figlio di 7 anni appariva tenendo in mano la testa mozzata di un soldato siriano.

Khaled Sharrouf
Khaled Sharrouf con i suoi figli di fronte a una bandiera Stato islamico [Twitter]

Il jihadista australiano è stato ucciso da un drone nel nord dell’Iraq l’anno scorso e l’agenzia di stampa australiana Fairfax ha diffuso la notizia che anche Tara è deceduta a conseguenza di un operazione di appendicite. I loro figli si trovano quindi senza genitori. L’avvocato assunto dalla nonna, Charles Waterstreet, ha detto: “Sono in grave pericolo, i loro genitori sono morti e adesso sono bloccati in un inferno.  Dovremmo fare tutto il possibile per farli uscire da là”. Gli esperti militari australiani purtroppo sono molto cauti sulla possibilità di realizzare un loro salvataggio in una zona controllata dall’Isis.

Mentre si sfuma sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco, la sorte di questi bambini soldato, privati della loro infanzia, appare disperata.

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