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Cosa succede in Nagorno Karabakh e quali conseguenze potrebbe avere il conflitto (anche per l’Italia)

L’intervista di Fanpage.it ad Aldo Ferrari, responsabile delle ricerche ISPI su Russia, Caucaso e Asia centrale e professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sul conflitto in Nagorno Karabakh: “In Europa siamo distratti da avvenimenti più vicini come la guerra in Ucraina, ma quello che sta succedendo ai confini meridionali della Russia è gravissimo: vi spiego perché”.
Intervista a Aldo Ferrari
responsabile delle ricerche ISPI su Russia, Caucaso e Asia centrale e professore all'Università Ca' Foscari di Venezia.
A cura di Ida Artiaco
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Nelle ultime ore si sta parlando del conflitto nella regione del Nagorno Karabakh, situata nel Caucaso meridionale e appartenente geograficamente all'Altopiano armeno. Qui da martedì l’esercito dell’Azerbaijan sta conducendo una vasta operazione militare, nel corso della quale sarebbero rimaste uccise 32 persone, tra cui almeno 7 civili.

Le autorità locali hanno appena fatto sapere di aver raggiunto un accordo per un cessate il fuoco a partire dalle 13 di oggi (le 11 in Italia), grazie alla mediazione delle forze di peacekeeping russe presenti sul territorio. L'accordo in questione prevede il disarmo di tutte le forze militari dei separatisti presenti in Nagorno Karabakh e il ritiro di tutti militari armeni. Tuttavia, la situazione è da tenere sotto controllo per evitare un'ulteriore escalation di violenza che potrebbe avere conseguenze anche per l'Europa, Italia inclusa.

Fanpage.it ha per questo chiesto ad Aldo Ferrari, responsabile delle ricerche ISPI su Russia, Caucaso e Asia centrale e professore all'Università Ca' Foscari di Venezia, di fare il punto della situazione in Nagorno Karabakh, spiegando cosa sta succedendo e quali potrebbero essere le conseguenze del conflitto.

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Dott. Ferrari, cosa sta accadendo ai confini meridionali della Russia, una parte di mondo che finora era rimasta lontana dai riflettori internazionali?

"Noi siamo evidentemente distratti in Europa e in Occidente da avvenimenti a noi più vicini, come la guerra in Ucraina, ma nel Nagorno Karabakh da anni c'è una sequela di eventi politicamente e militarmente gravissimi.

Si è cominciato negli anni Novanta con la prima guerra del Karabakh e ce ne è stata una seconda qualche anno fa. Da allora ad oggi l'Azerbaijan, approfittando anche della vittoria del 2020, ha portato numerosi attacchi al territorio armeno, conquistando postazioni senza che la Russia difendesse, come avrebbe potuto e dovuto fare, questo territorio.

L'escalation di questi giorni è probabilmente il tentativo da parte dell'Azerbaijan di sfruttare la sua posizione di grandissimo vantaggio economico e militare per imporre la propria visione dei fatti. Ma questo significa in sostanza che la popolazione armena del Nagorno Karabakh, che giuridicamente fa parte dell'Azerbaijan ma che aveva e dovrebbe avere all'interno del Paese uno statuto di autonomia, non lo avrà e verrà sostanzialmente posta nella quasi certa prospettiva di abbandonare per sempre le proprie case, la propria storia e il proprio patrimonio culturale. Io credo che non ci sia sufficiente consapevolezza dalle nostre parti della gravità della situazione".

Quanto è grave, anche alla luce del fatto che è un conflitto che si sta sviluppando ai confini della Russia a sua volta impegnata nella guerra in Ucraina?

"Per quanto importante e interessante sia il rapporto tra l'Armenia e la Russia, che da alleate storiche si stanno sempre di più allontanando senza però che l'Armenia abbia altri protettori al momento, quello che conta veramente a mio giudizio è il fatto che non c'è equilibrio tra le forze. L'Armenia e in particolare gli armeni del Nagorno Karabakh non hanno nessuna possibilità di resistere all'aggressione dell'Azerbaijan, quindi quello che va detto molto chiaramente è che c'è un intera regione, il Nagorno Karabakh per l'appunto, storicamente e culturalmente armeno, che rischia di essere completamente privato della sua popolazione e c'è un altro Paese, la Repubblica d'Armenia che, a sua volta schiacciata tra Azerbaigian e Turchia, è in una situazione oggettivamente gravissima.

Quello che io posso dire da specialista della zona non è soltanto che bisogna richiamare la necessità di seguire con più attenzione quello che accade ai confini dell'Europa, ma anche, in questo caso, di tenere in seria considerazione la gravità umana, storica e culturale di quello che può succedere agli armeni di fronte all'aggressione di un paese che gode dalle nostre parti, in particolare in Italia, di buona stampa perché ci fornisce tanto gas e petrolio. È però anche una dittatura agli ultimi posti delle classifiche della democrazia e libertà di espressione del pianeta e che nei confronti dell'Armenia sta seguendo una politica di brutale aggressione.

Queste cose andrebbero dette con chiarezza. Ieri il nostro ministro degli Esteri, Tajani, incontrando quello dell'Azerbaijan, lo ha invitato a una maggiore moderazione: è un linguaggio alquanto sconcertante, si dovrebbero chiamare le cose come stanno e parlare con un po' più di forza anche nei confronti di partner economici importanti come l'Azerbaijan".

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Si sarebbe aspettato un intervento più incisivo?

"Direi di sì, anche perché l'Italia è un grande importatore di gas e petrolio. Se l'Occidente volesse – e potrebbe farlo – sanzionare l'Azerbaijan dal punto di vista economico avrebbe una leva importante per fermare l'aggressione che sta compiendo ai danni degli armeni. Certo, ci sarebbe bisogno di un impegno forte ma nel momento in cui l'Europa e l'Occidente sono tanto impegnati a difendere l'Ucraina aggredita dalla Russia, fa un po' specie vedere che ci sia così poca attenzione nei confronti degli armeni e dell'Armenia che è assai più piccola e assai più minacciata di quanto lo sia la stessa Ucraina".

Mosca ha chiesto di cessare immediatamente gli spargimenti di sangue ed anche il segretario dell'Onu Guterres ha fatto un appello alla fine delle ostilità. Quale è il rischio di questa escalation?

"L'ipotesi più probabile è la fuga in massa e per sempre della comunità armena del Nagorno Karabakh. Stiamo parlando di almeno centomila persone che potrebbero essere costrette ad abbandonare definitivamente la terra in cui sono nate e nella quale c'è stata cultura armena da secoli e secoli. Il conflitto potrebbe anche estendersi alla Repubblica d'Armenia che ricordiamo è stretta non solo dall'Azerbaijan ma anche dalla Turchia, la quale ha già posto condizioni all'Armenia, in particolare l'apertura di un passaggio terrestre tra Azerbaijan e Turchia che permetterebbe ai due Paesi di essere maggiormente collegati. In questa situazione non solo gli armeni del Nagorno Karabakh ma la stessa repubblica di Armenia sono in seria difficoltà, sono davvero a rischio".

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