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Attentato Parigi, la storia di Youssef: cerca di fermare il terrorista ma lo scambiano per complice

La storia di Youssef, trentenne di origine algerina fermato dalla polizia francese subito dopo i sanguinosi fatti di venerdì scorso con l’attacco terroristico alla ex sede di “Charlie Hebdo” a Parigi. L’uomo aveva inseguito l’attentatore ma è stato scambiato per un complice e quindi ammanettato e portato in cella.
A cura di Antonio Palma
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Presentato all’opinione pubblica come il "secondo sospettato" dell'attacco terroristico avvenuto venerdì davanti alla ex sede di "Charlie Hebdo" a Parigi, in realtà era stato colui che aveva cercato di fermare l’attentatore prima di essere scambiato per un suo complice e arrestato dalla polizia. È la storia di Youssef, trentenne di origine algerina fermato dalla polizia subito dopo i sanguinosi fatti di venerdì scorso e rilasciato solo diverse ore dopo, in piena notte, dopo essere stato completamente scagionato.

“Volevo essere un eroe e mi sono ritrovato dietro le sbarre” ha commentato ironicamente Youssef al quotidiano Le Monde che lo ha intervistato facendosi raccontare quanto vissuto. Youssef si trovava in zona perché aveva dovuto accompagnare il fratello che lavora in un edificio non lontano dalla ex sede di "Charlie Hebdo". “Stavo salendo in macchina quando ho sentito una donna urlare. Ho guardato nello specchietto retrovisore per vedere cosa stava succedendo, poi sono uscito dalla macchina e ho sentito un uomo gridare: "No, no, no!" In quel momento, ho visto un ragazzo sospettoso che correva verso la metro Richard-Lenoir, sono partito immediatamente per inseguirlo" ha ricostruito il trentenne.

L’attentatore, un ragazzo pachistano di soli 18 anni, Alì H., aveva appena colpito persone in strada a coltellate davanti alla ex sede di "Charlie Hebdo perché "non sopportava le caricature del profeta Maometto" pubblicate di nuovo di recente dal giornale satirico d'oltralpe in concomitanza con l'inizio del processo dell'attentato del 2015. I due feriti più gravi son due dipendenti della società di produzione First Lines, i cui locali si trovano nel vecchio edificio di Charlie Hebdo, che stavano facendo una pausa.

Youssef ha raccontato di averlo inseguito fino alla metro, di averlo visto salire su un convoglio e quindi di averlo perso di vista. “Mi sono trovato sul binario opposto. Gli ho urlato ‘Fermati!', Mi ha detto qualcosa, ma non ho capito niente. Penso che non parlasse francese. Era sorprendentemente calmo. È come se aspettasse in silenzio la metro. È salito senza aggredire nessuno ed è partito in direzione della Bastiglia” ha spiegato Youssef  che poco dopo ha cercato di raccontare tutto a un poliziotto che però si è preso solo il suo numero di telefono.

Proprio quello scambio di battute col terrorista ripreso nelle telecamere, però, ha insospettito la polizia. Gli agenti lo cercano, lui lo scopre e torna sul luogo dell’attacco per chiarire ma viene arrestato e condotto in cella. “Ho detto più volte che ero un testimone, potevano chiedermi qualsiasi cosa invece mi hanno ammanettato e portato in cella” ha sottolineato il giovane che infine è stato rilasciato diverse ore dopo senza nessuna accusa.

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