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Recovery, Confindustria lancia l’allarme: “A 11 giorni da consegna piano non sappiamo nulla”

In audizione sul Mef, il Centro studi di Confindustria lamenta i ritardi del governo sul Recovery plan, sottolineando che a soli 11 giorni dalla consegna del piano italiano “ancora non sappiamo come verranno spese queste risorse”. Confindustria mette in guardia anche sulla situazione di imprese che erano solide prima della pandemia, ma la cui sopravvivenza ora è “messa a rischio”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Mancano solo 11 giorni alla consegna del Recovery plan e “ancora non sappiamo come verranno spese queste risorse”. L’allarme viene lanciato dai rappresentanti del Centro studi di Confindustria, in audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Per Confindustria il Next Generation Eu è “una grande occasione per realizzare una strategia coerente in cui gli investimenti a sostegno dell'economia sono accompagnati da riforme strutturali adeguate. In primis quella della pubblica amministrazione. Le intenzioni del Governo vanno in questa direzione ma ancora non sappiamo come verranno spese e gestite le risorse europee. Sull'implementazione del Pnrr, l'Italia gioca la sua credibilità e, visto l'alto debito che ha, il suo futuro”.

Confindustria: anche imprese solide a rischio

Secondo il Centro studi il Pnrr è “un'occasione storica per uscire dalla bassa crescita” e ridurre “il debito molto elevato” del Paese. Per quanto riguarda nello specifico il Documento di economia e finanza, lo scenario disegnato dal Defper il 2021 e 2022 è sostanzialmente in linea con quello previsto dal Centro studi Confindustria ed è basato sull'ipotesi che entro settembre la campagna di vaccinazione abbia raggiunto l'80% dei cittadini italiani”. Nel contesto attuale, tra le problematiche di breve periodo si registra “il crollo dei cash flow delle imprese nell'ultimo anno”. Una problematica che “mette a rischio la sopravvivenza anche di quelle imprese che prima dell'epidemia avevano bilanci e prospettive solide. I sostegni sinora hanno svantaggiato le imprese più strutturate”.

Le preoccupazioni dei sindacati su Def e Recovery

Prima era toccato ai sindacati, con la Cgil che con il suo vicesegretario Gianni Fracassi ha sottolineato come il governo punti sulla crescita solamente attraverso il Recovery plan. Inoltre, Fracassi ha ritenuto critico l’approccio all’occupazione, ribadendo che debba essere messa in campo una “risposta ai lavoratori più colpiti, giovani e donne”. Per la Cisl, con il segretario confederale Ignazio Ganga, il punto essenziale è la proroga del blocco dei licenziamenti “almeno fino al 31 ottobre”, prorogando anche “le indennità Covid per i lavoratori stagionali”. La Uil, attraverso il suo segretario confederale Domenico Proietti, ha annotato “l’assenza totale del sistema previdenziale” nel Def, quando invece sarebbe necessario introdurre “una flessibilità più diffusa dopo la scadenza di quota 100”.

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