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Quanto hanno stanziato i Paesi per le misure anti-Covid: l’Italia e i leader mondiali a confronto

Una tabella dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani ha messo a confronto la portata delle misure economiche promosse dalle economie più avanzate in risposta alla crisi economica innescata dalla pandemia di coronavirus. Vediamo quindi quanto ha stanziato l’Italia, in rapporto al suo Pil, e cosa hanno invece fatto gli altri Paesi.
A cura di Annalisa Girardi
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I governi di tutto il mondo si sono mobilitati per mettere in campo ingenti risorse contro la crisi economica innescata dall'emergenza coronavirus. L'Osservatorio sui conti pubblici italiani ha messo a confronto le misure economiche promosse dalle economie più avanzate, distinguendo tra le misure di politica fiscale e i prestiti coperti da garanzie statali al settore privato. I dati, che sono stati raccolti dal Fondo monetario internazionale (Fmi) e riguardano 32 Paesi, aiutano a comprendere la portata dello sforzo economico del governo italiano, confrontandolo con quello di altre potenze. Nelle ultime settimane, l'opposizione ha spesso criticato l'esecutivo per non aver stanziato abbastanza denaro a sostegno dell'economia italiana, mentre gli altri Paesi intervenivano corposamente. In realtà, se guardiamo ai dati diffusi dall'Osservatorio, si vedrà come l'Italia stia mettendo sul tavolo un capitale simile a quello disposto dalle altre economie avanzate per quanto riguarda le misure economiche che si sono rese necessarie durante il lockdown. Non solo, per quanto riguarda i prestiti al settore privato solo la Germania sta offrendo più garanzie statali: tutti gli altri 30 Paesi considerati si trovano nettamente al di sotto nella classifica che considera i finanziamenti alle imprese garantiti dallo Stato.

Quanto hanno speso i Paesi contro il coronavirus

Procediamo con ordine. Nella tabella dell'Osservatorio si possono osservare tre colonne distinte. La prima riguarda le misure con effetto sul deficit: queste comprendono tutti quei provvedimenti di politica fiscale che comportano aumenti di spesa o riduzioni delle entrate (tranne le proroghe per quanto riguarda imposte e contributi. Quindi, ad esempio, tutti quegli stanziamenti aggiuntivi in merito ad ammortizzatori sociali, sostegno economico alle imprese e sussidi per le famiglie. Nella seconda colonna si specifica a quanto ammontano, sul valore totale di queste misure, gli stanziamenti a favore del settore sanitario. Infine, nell'ultima colonna si segnalano le garanzie pubbliche che gli Stati hanno offerto sui prestiti al settore privato. I valori riportati indicano la percentuale del Pil (nell'anno 2019) impiegata per le varie voci.

Nel complesso, precisa l'Osservatorio, i 32 Paesi che il Fmi considera economie avanzate hanno "approvato misure con un impatto sui deficit pubblici del 2020 superiore ai 3.000 miliardi di euro". Non viene considerato nella tabella l'impatto sul deficit degli stabilizzatori automatici, come possono essere i sussidi di disoccupazione già previsti prima dello scoppio della pandemia, ma si considerano solo le misure di risposta alla crisi economica che ne è conseguita.

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L'Italia a confronto con l'Europa e il mondo

Per quanto riguarda le misure economiche che pesano sul deficit, l'Italia si trova perfettamente in linea con gli altri big europei. Nel nostro Paese, infatti, il governo ha stanziato una somma pari al 4,2% del Pil per finanziare i provvedimenti anti-Covid: la stessa cifra messa in campo anche da Germania e Regno Unito. La media tra le economie avanzate è del 4,7%, quindi una percentuale leggermente superiore a quella italiana. Ma la media tra i Paesi dell'Unione europea è invece del 3,7%, di mezzo punto inferiore a quella di Italia, Germania e Regno Unito. Infatti la Spagna ha stanziato "solo" il 2,8% del suo Pil per le misure economiche contro la crisi da lockdown. La Francia l'1,7%. Ci sono anche Paesi che hanno messo in campo più risorse. Si tratta di Stati al di fuori dell'Ue come gli Stati Uniti (10,4%), l'Australia (9,9%) o Singapore (8,9%).

Certamente si deve considerare l'impatto diverso di un maggiore deficit sui vari Paesi. La stessa percentuale del 4,2% ha un significato chiaramente diverso per un debito come quello tedesco, il riflesso di conti pubblici in ordine e di un bilancio equilibrato, e quello italiano, da molti anni ormai alle stelle. Ma a livello di sforzi messi in campo per far fronte all'emergenza va riconosciuto un impegno simile da parte di entrambi i Paesi, a prescindere dal quadro finanziario di partenza.

Gli stanziamenti alla sanità

Per quanto riguarda la percentuale di spesa pubblica aggiuntiva dedicata alla sanità, l'Italia ha stanziato qualcosa in più rispetto ad altri Stati membri dell'Ue. Infatti, il nostro Paese ha dedicato lo 0,4% del Pil a finanziamenti per il settore sanitario, mentre sia Francia, Spagna e Germania hanno messo in campo lo 0,3%. Tutti i Paesi menzionati nella lista delle più grandi economie fatta dal Fmi hanno disposto meno dell'1% del proprio Pil per le spese sanitarie. La media tra i Paesi Ue è infatti allo 0,4% e tra tutti quelli menzionati allo 0,5%. Unica eccezione gli Stati Uniti, che hanno destinato l'1,2% alla sanità. Anche in questo caso c'è una considerazione da fare: gli Usa non solo hanno una sanità privata e un sistema welfare molto diverso da quello europeo, ma rimangono anche il primo Paese per contagi. Infatti, se oltreoceano contano oltre un 1.700.000 contagi, gli Stati europei più colpiti sono circa a quota 230.000.

I prestiti con garanzia statale

Infine, per quanto riguarda i prestiti coperti da garanzia statale, come accennato l'Italia è uno dei Paesi ad aver emesso la maggior quantità di garanzie dello Stato per i prestiti al settore privato. L'Osservatorio specifica di aver tenuto conto sia dei 400 miliardi previsti dal decreto Liquidità, sia dei 70 indicati nel Cura Italia. Nel nostro Paese sono stati messi a disposizione prestiti garantiti dallo Stato per il 26,4% del Pil: prima di noi solo la Germania con il 28%. In Francia prestiti e garanzie riguardano il 12,9% del Pil, in Regno Unito il 14,9% e in Spagna il 9%. Negli Stati Uniti questi scendono al 2,1%.

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