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Cosa prevede la riforma del fisco che spacca la maggioranza di governo

La delega fiscale da assegnare al governo spacca le forze di maggioranza, in particolare sul catasto, la tassazione sui redditi da capitale e la cosiddetta “clausola di salvaguardia”.
A cura di Giacomo Andreoli
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La prossima riforma del fisco continua a dividere la maggioranza di governo. A 10 giorni da quando la delega fiscale da assegnare al governo dovrebbe arrivare in aula alla Camera, continuano i battibecchi tra il centrodestra e il centrosinistra. L'atmosfera è di fuoco e lo si è visto due giorni fa in commissione Finanze a Montecitorio, quando si è arrivati addirittura alle mani, tra urla, spinte e microfoni gettati in aria.

A dividere la maggioranza ci sono tre punti fondamentali: la tassazione sui redditi da capitale e i titoli di Stato (con annessa questione della cedolare secca sugli affitti), la revisione delle regole catastali e la cosiddetta "clausola di salvaguardia anti-tasse" proposta dalla destra. Ma andiamo con ordine.

L'obiettivo della riforma, secondo il governo Draghi, è rendere il fisco italiano più semplice, trasparente ed efficiente, oltre che meno oneroso per alcune categorie. Per questo si parte dal superamento graduale dell'Irap, quell'imposta regionale sulle attività produttive tanto osteggiata dalle imprese. Quest'ultima è determinata applicando un aliquota del 3,9% (che le singole Regioni possono aumentare di un ulteriore 0,92%, fino al 4,8%) al valore della produzione netta. La tassa verrà eliminata a partire dalle società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti, con una serie di decreti legislativi.

In ogni caso, però, l'eliminazione dell'Irap non dovrà procurare alcun aggravio per i redditi da lavoro o da pensione. E ancora: si dovranno prevedere entrate alternative per finanziare la sanità nelle Regioni che hanno squilibri di bilancio e in quelle sottoposte a piani di rientro. Le strutture sanitarie, insomma, non devono rimetterci.

Riforma del fisco, le nuove detrazioni e lo scivolo sulla flat tax

Nel testo, poi, mette tutti d'accordo l'anticipazione delle detrazioni Irpef sulle spese sanitarie. Ad oggi gli importi (ad esempio per l'acquisto di medicine) vengono riconosciuti con la dichiarazione dei redditi dell’anno successivo. La modifica, invece, prevede di farli incassare quasi immediatamente sul conto corrente, tramite l'app Io, ma solo se si è usato il bancomat o le carte di credito. Una sorta di nuovo cashback, quindi, senza oneri aggiuntivi per le casse dello Stato. In generale, poi, tutte le detrazioni Irpef vengono riordinate, con le risorse recuperate da destinare per lo più ai contribuenti con redditi medio-bassi.

Per volere della Lega è stato inserito nella bozza di riforma  uno "scivolo" con flat tax di poco superiore al 15% per le partite Iva con reddito tra 65mila e 100mila euro. La tassazione vantaggiosa durerà due anni, per poi rientrare nel regime ordinario. Autonomi e imprenditori, comunque, avranno una più equa ridistribuzione del carico fiscale nel corso del tempo, anche tramite una progressiva mensilizzazione di acconti e saldi e tramite, forse, una riduzione delle ritenute d'acconto.

Nella riforma ci sarà quindi una generale semplificazione del sistema tributario. L'obiettivo è "razionalizzare le sanzioni amministrative, garantendone la gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali o meramente formali". Tradotto: le sanzioni potrebbero essere più leggere nei casi meno gravi.

I punti della riforma che dividono la maggioranza

Venendo ai punti dolenti, l'articolo 2 della bozza introduce due aliquote temporanee sui redditi da capitale, del 15% e del 26%, per poi arrivare ad un'unica (probabilmente al 23%). Al momento, invece, interessi e dividendi sono tassati al 26%. Sul punto è in particolare la Lega a protestare, dicendo che si rischia un aumento della tassazione su Bot, Btp e buoni postali, oggi al 12,5%. A questa preoccupazione del Carroccio si lega la questione della cedolare secca sugli affitti, che oggi ha due aliquote (10% per i contratti a canone concordato e 21% per gli altri contratti di locazione). Si arriverebbe infatti a una nuova aliquota unica per tutto ciò che è fuori dall'Irpef progressiva e la Lega ha paura che possa aumentare in particolare la tassazione per i canoni concordati.

A dividere centrodestra e centrosinistra c'è poi la "clausola di salvaguardia". Forza Italia e Lega chiedono di votare un emendamento che vincola il governo al rispetto dei pareri espressi dal Parlamento sui decreti attuativi della riforma, per impedire rincari fiscali. Ma l'esecutivo ha già dato parere contrario, con PD e M5s che sembrano allinearsi al premier Draghi e il ministro Franco.

Infine il capitolo catasto. La riforma punta alla revisione del sistema di rilevazione. Per ogni immobile, assieme alla rendita catastale, si prevede di determinare anche il valore patrimoniale e una rendita calcolata sui parametri di mercato. Viene però specificato che le informazioni rilevate non devono essere usate per "finalità fiscali". Quindi niente rimodulazione di tasse come l'Imu o quelle a reddito che risultano dall'Isee, almeno fino al 2026 (data entro cui va completata la nuova mappatura degli immobili). Tutto ciò servirebbe a far emergere case ed edifici irregolari, ma per Lega e Forza Italia può portare a un possibile aumento dell'Imu o rialzo dell'Isee già dal 2023, quando ci sarà un nuovo esecutivo.

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